Ma il liberismo è ancora il migliore

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Leggo su Libertates in “Visco, le tasse e i liberali”: “i liberisti sono coloro che sostengono che l’economia ed il mercato devono essere senza leggi e senza freni, una specie di arena o di giungla in cui vince il migliore, ma, in verità, spesso il più forte, il più furbo o il più mascalzone”. Se condivido la premessa, non posso essere d’accordo con la conclusione: infatti, in uno Stato che garantisca la libera concorrenza, il rispetto delle contrattazioni sviluppate tra privati, l’ingresso nel mercato di ogni soggetto e l’assenza di monopoli, il più furbo, il più forte ed il mascalzone vengono espulsi automaticamente.
E’ chiamata “liberismo” la dottrina economica che teorizza il disimpegno dello Stato dall’economia, l’assenza di qualsiasi protezionismo ed un mercato non temperato da interventi esterni. L’idea liberista crede nella capacità del mercato di autoregolarsi, armonizzando i diversi interessi degli individui, senza l’intervento di una superiore entità regolatrice ed, anzi, ritenendo negativo l’intervento dello Stato in ogni attività economica. Non può e non deve però confondersi la necessaria non ingerenza dello Stato nell’attività economica con l’assenza dello Stato come istituzione regolatrice e garante della libertà di scambiare liberamente beni e servizi, senza impedimenti e condizionamenti, in un libero mercato; attività, anzi, che rappresenta il presupposto indispensabile per la realizzazione dell’obiettivo degli stessi sostenitori del liberismo.
I singoli individui, nel perseguire il proprio interesse personale, realizzano anche il benessere della società. L’interesse personale ed egoistico che muove cioè ogni soggetto economico, agisce come una “mano invisibile” verso un fine superiore che gli stessi soggetti economici realizzano senza esserne consapevoli. La combinazione di interesse privato, concorrenza tra produttori/venditori e proprietà privata dei mezzi di produzione, realizza il sistema economico più efficiente. Grazie alla mano invisibile, secondo Adam Smith, non è necessario che gli individui perseguano lo scopo di essere “buoni” per realizzare il bene della collettività, perché il mercato stesso, purché libero ed equo, trasformerà l’egoismo individuale nel benessere sociale. E chi garantirà l’equità e la libertà del mercato se non lo Stato stesso?
Ogni operatore economico deve poter entrare liberamente nel mercato in condizioni di concorrenza con gli operatori ivi già presenti, ogni consumatore deve essere libero di scegliere la merce che più lo appaga. Oltre a garantire la libertà di scambio ed il rispetto delle libere contrattazioni stipulate dai soli soggetti economici, funzione indispensabile in uno Stato di diritto, la funzione dello Stato, in economia, deve limitarsi alla produzione di beni e servizi pubblici non divisibili e non esclusivi, come difesa, giustizia, sicurezza, senza interferire e senza porre limiti all’iniziativa privata. Il mercato libero è intrinsecamente virtuoso, producendo efficienza, razionalità ed economie di produzione, aumentando le informazioni e le conoscenze.

di Giovanni Grigillo

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