La burocrazia italiana non perde mai occasione per dimostrare la propria complessità e inefficienza
Il calcolo della Tari fatto dai Comuni negli ultimi anni è stato un autentico spaccato del malfunzionamento della burocrazia (specie quella degli enti locali) italiana.
Infatti la legge è abbastanza chiara (qualche volta succede…): la tassa sui rifiuti si compone di due parti: una variabile che dipende dalla superficie dello stabile, e una variabile legata al numero delle persone che lo abitano. Questa parte fissa va calcolata, ed è una cosa chiara e logica, una volta sola per ogni unità abitativa. Invece molti Comuni (sembra oltre 800) l’hanno calcolata tante volte quante sono le “pertinenze”(ad esempio, box, cantine).
L’errore è stato riconosciuto dallo stesso governo: a questo punto ci si attenderebbe di vedersi rimborsato quanto versato di troppo. Invece una circolare del Tesoro specifica che deve essere il contribuente a richiedere il rimborso, indicando quanto dovuto e quanto erroneamente (per colpa dei comuni) versato.
A questo punto il contribuente, invece che vedersi restituito l’importo pagato in eccedenza con tante scuse, deve:
- informarsi presso il Comune di quale criterio di calcolo è stato utilizzato
- ottenere questa informazione facendo un’istanza al Comune stesso, perché nessun comune hai mai indicati sul proprio sito questi dati
- per alcuni Comuni fare questa istanza in carta da bollo di € 16 aggiungendo il danno alle beffe
- fare l’istanza definitiva in cui si indica l’importo esatto e quanto pagato erroneamente per ottenere il rimborso
Una burocrazia assurda, si potrebbe anche definire sadica, che ribalta l’onere della prova, costringe a una defatigante e costosa procedura per ottenere quanto pagato per un errore altrui.
Un’ulteriore dimostrazione di quanto da sempre sostiene Libertates: si possono fare tutte le leggi che si vuole, ma prima (o contemporaneamente) occorre provvedere a semplificare e rendere trasparente ed efficiente una burocrazia elefantiaca e asfissiante da cui è inutile attendersi un’autoregolazione.
di Angelo Gazzaniga