Home LibertatesTribuna La Voce Dei Liberali Correva l’anno ’69: il sequesto “democratico” del professor Trimarchi

Correva l’anno ’69: il sequesto “democratico” del professor Trimarchi

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Un ricordo di quando a Milano iniziò il “Sessantotto”

Sono contento che alcuni “vecchi”episodi della mia giovinezza possano suscitare interesse fra i lettori di Libertates, anche perché ho avuto la fortuna ( o la sfortuna secondo i vari punti di vista ) di viverli non solo da spettatore, ma ,come nel caso del processo Trimarchi , forse anche a causa dell’età di allora , da ….. “incosciente”protagonista .
Tutto ebbe inizio nella tarda mattinata dell’11 marzo 1969 , nell’aula 208 dell’Università Statale – Facoltà di Giurisprudenza , nella quale il professor Pietro Trimarchi si era reso reo di non aver restituito lo “statino” ( ovvero il certificato rilasciato dalla segreteria attestante il pagamento delle tasse universitarie) allo studente Marco Orefice, presentatosi all’esame di Istituzioni di diritto privato solo per fare scena muta, creare il caso … e far sequestrare il professore.
Allora non era stata ancora istituita la sessione continua degli esami e quello “statino” poteva quindi essere utilizzato dallo studente solo per l’appello di marzo .
Il caso “doveva” essere creato in quanto Pietro Trimarchi, un giovane e valido docente dell’Università Statale, era soprattutto figlio di Mario Trimarchi , Presidente della Corte d’Appello di Milano e quindi il più alto magistrato meneghino.
Io , purtroppo , ero presente in quanto mi dovevo preparare per quell’esame molto impegnativo e volevo capire come si svolgeva e su quali argomenti insistessero gli esaminatori .
Con un’altra ventina di studenti , che in quegli anni “formidabili” potremmo definire “apolitici” in quanto , come il sottoscritto ,  non indossavano l’eskimo e che volevano  solo sostenere l’esame per non perdere il presalario o la borsa di studio, mi ribellai , forse troppo ingenuamente , a quell’angheria …. con il bel risultato di rimanere pure noi “sequestrati”.
Non posso negare che ci fu anche un insignificante scontro fisico e qualche vetro andò in frantumi , ma la zuffa non ebbe modo di degenerare.
Nel frattempo i sequestratori “democratici” fra un insulto , uno sputo ed altro , provocavano il docente gridandogli :”chiama papà , chiama papà “.
Fummo “liberati”solo nel primo pomeriggio grazie all’intervento  di alcuni funzionari della “squadra politica” della Questura di Milano, cui faceva capo all’epoca Antonino Allegra, venuto di persona (con l’immancabile trench chiaro e la sigaretta posizionata di “sghimbescio” fra le labbra) a recuperare il malcapitato.
Fummo così “liberati” anche noi e portati in questura  per essere “interrogati” dai due vice del dottor Allegra, ovvero Luigi Calabresi (soprannominato alla Statale “ il commissario rosso” per supposte simpatie per il PSDI ) e Antonio Pagnozzi, che insistevano per sapere da noi se il professor Trimarchi potesse uscire “spontaneamente” dall’aula 208 .
Da “sprovveduto” qual ero, pensando di non far altro che il mio dovere, risposi che il sequestrato avrebbe dovuto saper volare o sfondare la barriera umana costituita , per lo più , dai leggendari Katanga , agli ordini dei già mitici leader del Movimento Studentesco  Turi Toscano e Luca Cafiero .
Per quello che venne poi riconosciuto come il primo sequestro “democratico” subito da un docente universitario , vennero rinviati a giudizio Mario Capanna e ben altri 14 “democratici”, fra i quali spiccavano allora , oltre a Mario Capanna , altri capopopolo del Movimento Studentesco quali :
– Giovanni Cappelli , poi divenuto avvocato ( con Lazagna e Spazzali ) di Soccorso Rosso Militante rimasto per anni latitante prima  a Santo Domingo e poi a Miami ….., ove divenne, prima di rientrare in Italia , un famoso ristoratore
– Salvatore “Turi” Toscano , in seguito indiscusso leader di Democrazia Proletaria , deceduto a fine anni 90 in Jugoslavia a seguito di un incidente stradale ( i maligni riferiscono per la deflagrazione di un ordigno che trasportava nel bagagliaio della sua vettura)
– Giuseppe Saracino detto “Popi”, divenuto poi professore in un Istituto Tecnico per il Turismo e nel 1980 balzato agli onori della cronaca in quanto accusato di aver violentato la sua allieva Simonetta Ronconi (venne comunque assolto , dopo ben 5 gradi di giudizio , poiché il rapporto sessuale venne riconosciuto dai giudici della Cassazione ….. solo appassionato e travolgente ).
Purtroppo , sempre da “sprovveduto” , mi dichiarai disposto a testimoniare al processo , che venne celebrato nella primavera del 1971 , con il bel risultato di vedere la mia fotografia e quelle degli altri testimoni , scattate dai fotografi nel corso del processo , affisse nell’atrio dell’Università Statale di Via Festa del Perdono sotto la bieca scritta WANTED .
E  come ben sai questo equivaleva , all’epoca , dichiarare aperta la caccia ai neofascisti ed a quelli che  non lo erano , ma …… erano colpevoli di non indossare l’eskimo!
Come puoi ben immaginare , venni costretto molto “democraticamente” da mio padre a … cambiare aria , partendo subito per il servizio militare , rinunciando al famoso “rinvio” che veniva richiesto ogni anno per motivi di studio .
Per sostenere gli ultimi esami , ai quali mi iscrivevano amici “insospettabili” , schivando così “tappe” non gradite al Pronto Soccorso del vicino Policlinico , dovevo entrare alla chetichella , come un ladro , dal passo carraio/giardinetto dell’obitorio di Via Francesco Sforza e di lì passando ( non c’era ancora l’attuale recinzione , ma un cantiere per i cronici lavori in corso ) attraverso il parcheggio sotterraneo in costruzione e destinato ai dipendenti dell’ università, potevo recarmi per sostenere gli esami nelle aule segnalatemi , di volta in volta , dai miei compagni di corso .
Per questa ragione , in più occasioni , sono stato tentato di scrivere sul mio Curriculum Vitae : laureato a pieni voti in giurisprudenza all’Università Statale di Milano ….transitando attraverso l’obitorio di Via Francesco Sforza !
Spendo ora due parole  su quel “famigerato” processo , o meglio su alcune “celebrità” che vollero dar vita ad un collegio di difesa di tutto rispetto , ma soprattutto “democratico”; un anticipo , almeno credo,  di quello che verrà poi ricordato negli “anni di piombo”come “Soccorso Rosso Militante”che ebbe fra i promotori Dario Fo e Franca Rame .
In prima fila c’era il carismatico onorevole Umberto Terracini ; lo affiancavano l’avvocato Luca Boneschi ( il radicale  divenuto famoso per aver maturato il vitalizio per un solo giorno passato in Parlamento ! ) i fratelli  Sergio e Giuliano Spazzali ( quest’ultimo negli anni 90 difese  brillantemente nel processo di “mani Pulite”l’imputato Sergio Cusani ) ed infine , per par condicio , la blasonata femminista avvocata Bianca Guidetti Serra di Torino , che concluse la sua arringa finale  urlando , teatralmente  , con voce stentorea : “Non stroncate questi teneri virguti!”.
Un altro personaggio che mi è rimasto impresso in questa vicenda  era l’allora dirigente responsabile dell’Ufficio Politico della Questura di Milano , Antonino Allegra .
Nei giorni caldi della Statale lo si vedeva spesso gironzolare nell’ateneo o in Largo Richini o in Via Laghetto , riconoscibile subito per i folti capelli neri impomatati , il trench chiaro e l’immancabile sigaretta fra le labbra; nel film “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” diretto in quegli stessi anni da Elio Petri , Gian Maria Volontè , che interpretava il ruolo del depravato dirigente dell’Ufficio Politico , era stato “truccato” , parlava con accento siculo ( il dottor Allegra era messinese ) , si muoveva e vestiva proprio come il citato commissario capo  .
E non credo fosse un caso !

de Il Cavaliere del Tau