Da quale retroterra culturale nascono certi comportamenti quale quello dell’insegnante di Torino?
Il caso dell’insegnante elementare di sostegno Lavinia Flavia Cassaro è emblematico. La militante dei centri sociali protagonista a Torino, dell’aggressione alla polizia, per impedire una manifestazione di un gruppo della destra radicale, ha ribattuto alle accuse che le son piovute addosso da ogni parte, di essere «giustamente delusa dal sistema statale, per il vilipendio quotidiano nei confronti della Costituzione, per le connivenze, ma soprattutto le pratiche fasciste, in questo Paese. «Sono una persona e sono antifascista. Non mi vergogno della sana rabbia che tutta questa incomprensibile indifferenza scatena nel mio cuore e nella mia mente».
Estremista? Sicuramente lo è ma al modo in cui lo è il momento pauperistico-evangelico del cristianesimo, che le promesse contenute nel Discorso della Montagna intende realizzare già su questa terra, hic et nunc. Lavinia Flavia Cassaro è la fondamentalista di una political culture ampiamente diffusa nel nostro paese e, soprattutto, nelle nostre scuole, dove gli onnipotenti pedagogisti cattolici degli anni cinquanta sono stati sostituiti da altri maîtres-à-penser di ben diverso orientamento etico-politico (e i cattolici rimasti sono quelli alla don Milani).
Quali sono le caratteristiche di questa cultura politica—altrimenti definita ‘canone ideologico italiano’ Proviamo a riassumerle in un decalogo:
1. Uno stile polemico che vede la ‘virtù politica’ nella lotta senza tregua—e senza esclusione di colpi– ai nemici del Bene (la Patria, la Classe, l’Ortodossia religiosa);
2. Una visione del mondo che non accetterà mai il principio che i valori e gli interessi degli individui e dei gruppi sociali, quando non contrastino con le leggi, stanno tutti sullo stesso piano, nel senso che sono tutti egualmente legittimi e degni di rispetto e considerazione;
3. Una teoria del sacerdozio universale laico e secolarizzato che, conferendo ad ogni singola persona il diritto di leggere e interpretare la Bibbia laica—ovvero la Carta Costituzionale–, si traduce nel processo sempre aperto alle autorità costituite (Governo, Parlamento, apparati di sicurezza) chiamate a rispondere del loro operato in difesa dei sacri principi;
4. Un rigetto naturale della filosofia liberale delle Forme in base alla quale il rispetto delle regole del gioco conta molto di più del risultato del gioco e una causa buona che vinca barando non è più tale. Per il canone ideologico italiano, le procedure si rispettano finché fanno vincere i nostri ma diventano strumenti inservibili e nocivi se portano al potere gli altri.
5. Una sorta di teoria della ‘rilevanza costituzionale della piazza’ che vede nella ‘partecipazione’ (cortei, sfilate, sit in, occupazioni di edifici pubblici, proteste davanti alle sedi dei partiti o delle ambasciate) la quintessenza della democrazia, la manifestazione autentica e diretta della voluntas populi di cui la classe politica è tenuta a prendere atto (e se non lo fa, vuol dire che il paese legale è lontano dal paese legale).
6. La concezione degli organi dello Stato come bracci secolari al servizio non della Legge ma della sostanza etica che regge la comunità nazionale. Per fare un esempio, la polizia non ha il compito di far rispettare le norme volte a rendere efficace l’art..49 della Costituzione («Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale») ma deve sciogliere con la forza le riunioni di Casa Pound e chiudere la loro sedi.
7. Il ritorno alla divisione medievale dei poteri: da una parte, il potere temporale–lo Stato, l’Amministrazione, i tribunali, le scuole etc.; dall’altra, il potere spirituale–i custodi della Rivoluzione, fascista, comunista, antifascista– al quale il primo dovrebbe sempre sottoporsi. Di qui il Partito carismatico ma soprattutto le associazioni carismatiche che non sono gruppi di pressione accanto ad altri gruppi ma vere e proprie versioni secolari dei Consigli Supremi islamici i cui verdetti sono più importanti delle disposizioni legislative o delle stesse sentenze dei tribunali. Sono loro, ad es., che debbono stabilire se Casa Pound abbia o no libertà di riunirsi e di far cultura.
8. Una concezione storiografica edificante che non crede, sostanzialmente, all’obiettività della ricerca e alla regola aurea del ‘sentire le due campane’: solo la grande autostrada che porta alle conquiste ideali di oggi va tenuta in considerazione—le strade secondarie sono inutili e dannose. Fuor di metafora, i fatti si distinguono in fatti principali—quelli che descrivono le fasi dell’ascesa trionfale del Bene—e in fatti secondari—quelli che enfatizzando i costi in termini di violenza e di barbarie, scatenate dal conflitto ideologico, gettano fango e ombra su stagioni eroiche.
9. Il dovere di rimuovere i simboli del regime abbattuto, sul modello della distruzione di Palmyra da parte dei talebani. Statue, monumenti, intitolazioni di strade vanno tutti abbattuti, come facevano gli antichi ‘fondamentalisti’ cristiani con gli imponenti resti della classicità pagana. Per fare un altro esempio significativo, una lapide, nell’atrio di un Ateneo, che ricordi Giovanni Gentile, grande filosofo ma soprattutto grandissimo promotore di benemerite iniziative culturali, viene considerata come un vulnus, un’offesa alle vittime del fascismo, una profanazione della Costituzione. Al dovere di rimuovere i simboli del regime abbattuto si lega la ‘promozione’ delle città, che diedero un maggiore contributo di sangue alla buona causa, a ‘città sante’ in cui non possono avere sede o, semplicemente, tener comizi o congressi gli eredi dei regimi travolti dalla santa collera popolare.
10. Un legame complesso col populismo. Quello del canone ideologico italiano potrebbe definirsi, con un ossimoro, un populismo elitario: il popolo è, sì, l’autorità più alta ma il potere effettivo sta nelle avanguardie carismatiche—gli antemarcia, i resistenti, i movimenti collettivi e le loro guide etc.–che ne interpretano la volontà più autentica, che la conta dei voti non rispecchia. Per dirla con Rousseau, nel populismo senza aggettivi, la volontà del popolo è la volonté de tous, nel populismo elitario è la volonté generale.. Gli interpreti della volontà generale stanno all’Autorità suprema, il Popolo, come in Giappone fino al 1867, gli shogun stavano al Tenno– la fonte di legittimità , che serviva solo a legittimarne il potere. Di qui la diffidenza per le masse—la ‘plebe’—quando non siano dirette dai guardiani della comunità politica.
Se si tiene presente questo decalogo, c’è da chiedersi: ma qual è poi, la colpa della «professoressa dell’odio», come Lavinia Flavia Cassaro è stata definita da Matteo Renzi? La pasionaria siculo-piemontese, in realtà, è l’espressione più coerente dell’canone ideologico italiano e di quella giustizia-fai-da-te di cui si è detto al punto 3—parlando della teoria del sacerdozio universale. E’ vero che non si inveisce o non si attacca la polizia posta a salvaguardia dell’ordine pubblico ma una polizia che protegge una compagnia di zombie, lasciandoli liberi di celebrare le loro messe nere e i loro riti satanici non giustifica l’indignazione e la «sana rabbia» che l’«incomprensibile indifferenza scatena» nel «cuore» e nella «mente» di chi ha preso maledettamente sul serio gli slogan della nostra interminabile guerra civile? La si cacci pure dalla scuola—come peraltro sarebbe giustissimo– tanto il suo posto verrà preso da un’altra, da cento, da mille Cassaro.
(Il decalogo del canone ideologico italiano, parte prima)
di Dino Cofrancesco