Alla (ormai infinita) vicenda Ilva si è aggiunto in questi giorni un nuovo capitolo: sarebbe un capitolo esilarante se non ci fosse di mezzo la credibilità dell’Italia.
Di Maio in una conferenza stampa ha dichiarato ufficialmente che la gara di assegnazione dell’Ilva è “illegale ma non annullabile”: una formula degna di chiudere ogni esame di diritto, ovviamente con la cacciata del candidato. Infatti un contratto (stipulato con il vincitore della gara) in quanto illegale non può essere che nullo. Quindi tutto da rifare: nuova gara, nuove trattative, nuovo contratto con il vincitore. Il tutto implica tutta una serie di rischi: far trascorrere mesi e mesi quando l’Ilva ormai è alle corde, pagare una penale al vincitore, e poi (massima beffa) che fare se alla nuova gara non si presenta nessuno o si presenta lo stesso di prima con un’offerta più bassa?
Invece siamo arrivati alla soluzione suk arabo: dopo un anno di trattative, una gara internazionale, un contratto regolarmente sottoscritto, due pareri di autorità (l’authority anticorruzione e l’Avvocatura di Stato) che, con soluzione tipica della burocrazia italiana hanno detto che si, insomma, non tutto è regolare, però si potrebbe anche fare (perché lì Ponzio Pilato è sempre di moda, meglio non esporsi troppo) si conclude che: se si trova qualcuno che offre di più tanto meglio concludiamo con lui, altrimenti facciamo finta di niente…
E poi ci meravigliamo che gli investitori esteri restino alla finestra e preferiscano investire in altri Paesi un po’ più seri?
di Angelo Gazzaniga