Per lottare contro la corruzione, endemica nel nostro Paese, occorre ben altro…
Tutti conosciamo il famoso capitolo dei Promessi Sposi in cui Manzoni fa una satira velenosa del governo spagnolo in Italia, enumerando i provvedimenti emessi dal vicerè: pene severissime, condanne certe e … risultati nulli. Ebbene il decreto anti corruzione promesso da Di Maio sembra farne parte a buon diritto.
Infatti si promette la definitiva sconfitta della corruzione, ormai endemica in Italia, attraverso un provvedimento nuovo: il Daspo a vita per i corrotti. Chi tenta una corruzione viene interdetto a vita dalla possibilità di avere rapporti con la Pubblica Amministrazione.
A prima vista un deterrente formidabile, ma solo agli occhi di chi non ha mai gestito un’impresa. Infatti quando mai un responsabile di un’impresa contatta direttamente, o peggio corrompe di persona, un funzionario? Questi atti avvengono normalmente attraverso portaborse o intermediari (le cosiddette “teste di legno”); in questo caso, scoperto e raggiunto da un Daspo l’intermediario Tizio, è sufficiente cambiare intermediario e tutto torna come prima.
Diverso sarebbe il caso in cui si presumesse la responsabilità oggettiva dell’impresa (un po’ come per le squadre di calcio: se un tesserato tenta una frode, si considera responsabile la squadra anche se non ha partecipato direttamente): il Daspo colpirebbe automaticamente l’impresa beneficiaria. Ma questa soluzione è impraticabile perché darebbe la stura a ogni tipo di ricatti: fingo un tentativo di corruzione e distruggo un concorrente…
In effetti per contrastare la corruzione esisterebbero sistemi molto più efficaci, quali quelli sostenuti da sempre da Libertates: una magistratura più rapida nella definizione delle cause e soprattutto una semplificazione della burocrazia. Procedure complesse, farraginose e poco trasparenti, competenze divise tra più enti e più passaggi sono il vero brodo di coltura della corruzione. Procedure semplici, trasparenti, con un unico responsabile della valutazione e delle decisioni permetterebbero a tutti i cittadini di controllare direttamente il funzionamento (e le relative storture) della macchina burocratica
di Angelo Gazzaniga