La vicenda Alitalia torna all’inizio: altre spese in vista per gli italiani
Ci sono delle cose che si ripetono: dalle invasioni di cavallette di biblica memoria alle crisi dell’Alitalia.
Sembra proprio che in Italia non si possa far a meno dell’Alitalia, di una fantomatica “compagnia di bandiera” che non si capisce quale bandiera possa essere: sorpassata nei voli nazionali dalle low-cost, scarsamente presente nei voli internazionali, quasi scomparsa nei voli internazionali.
Restano così i debiti e le inefficienze di gestione che ne fanno una compagnia già fallita da anni che si trascina da crisi in crisi: dopo aver inghiottito decine miliardi di perdite con la gestione pubblica, ha fatto via via gettare ai cittadini 8 miliardi di euro nell’improbabile salvataggio dei “capitani coraggiosi”, ha fatto fuggire prima Air France e poi Etihad per finire poi commissariata e salvata grazie a un prestito “ponte” di 900 milioni, che solo in Italia continuano a non considerare “aiuto di Stato”.
Non si vuole vedere la realtà: tutti gli interessati, dopo aver visto i conti, sono scappati a gambe levate. Sono rimasti (forse) Easyjet interessata più che altro ai diritti di atterraggio e Lufthansa, interessata al ricco mercato italiano. Tutte e due però condizionano il loro interessamento a una drastica riduzione dei costi (leggi soprattutto impiegati) che nessun governo (e soprattutto questo) vogliono fare.
Ecco allora la vera soluzione “all’italiana”, il solito colpo di genio: affidiamola alle Ferrovie, così avremo una compagnia di nuovo nazionalizzata, tutta italiana, che poi, forse, venderemo (in parte) a qualche possibile e per ora improbabile acquirente.
In questo modo si garantirebbero tutti i posti di lavoro e i finanziamenti non verrebbero più dallo Stato ma dalle Ferrovie che, essendo una SpA di diritto privato, non rientra nella sfera del pubblico.
Ecco come si crea un vero carrozzone da Prima Repubblica: i fondi già insufficienti per tutte le esigenze delle Ferrovie (ammodernare la rete, fare una manutenzione decente, rendere accettabile il servizio per i pendolari, riformare il trasporto merci) verrebbero indirizzati a tappare i buchi Alitalia e quindi, addio ai sogni di avere un Paese con servizi e trasporti moderni ed efficienti.
Aprire un buco dove i fondi sono indispensabili per migliorare i servizi, per tappare buchi ormai cronici e improduttivi è un autentico suicidio per il Paese.
Strano il silenzio di chi ha elevato tante proteste (giustificate) contro un aereo di Stato e non apre bocca verso un’autentica flotta di aerei di Stato: misteri della politica.
Quanto a Libertates da anni suggerisce l’unica soluzione possibile: prendere coscienza dell’impossibilità di salvare una compagnia ormai fallita, chiuderla e ricominciare con qualcosa di completamente nuovo con aerei più adatti e meno personale improduttivo a carico: gli esempi di Sabena e Swissair dovrebbero essere davanti agli occhi di tutti
di Angelo Gazzaniga