Il problema delle società partecipate (ex municipalizzate). Nessuno ne parla più, ma resta uno dei principali punti di spreco
La corruzione è uno dei problemi endemici dell’Italia: cambiano governi, coalizioni, strutture stesse dello Stato, ma alla fine resta un’abitudine ormai accettata e subita passivamente dai cittadini.
Dopo la riduzione del numero dei centri di spesa (di cui abbiamo parlato in un altro articolo) ci sarebbe un’altra possibilità di combattere drasticamente la corruzione: ridurre (o meglio abolire) le società partecipate. Si intendono con esse tutte quelle società che appartengono a uno o più enti pubblici e che sono, comunque, gestite dalle forze politiche e dai partiti.
Esse sono nate con un nobile intento: quello di permettere agli enti locali di svolgere un’attività imprenditoriale al servizio dei cittadini senza avere le pastoie e i vincoli dell’appartenenza alla sfera pubblica. Un esempio l’abbiamo a Milano: l’ATM è l’azienda dei trasporti nata proprio per sostituire una gestione privata (Edison) all’inizio del secolo scorso.
Ma poi con l’andare del tempo si sono trasformate in aziende inutili e parassitarie:
- dato che sono aziende privatistiche (generalmente SpA) non sono soggette ai controlli contabili della Corte dei Conti e alle rigide procedure statali
- permettono di aggirare la necessità di gare per l’aggiudicazione dei lavori partecipando loro stesse a gare concordate con l’ente proprietario e poi procedendo a trattativa privata con i veri fornitori
- sono un comodo approdo per politici sconfitti, relativi portaborse ed esponenti del sottogoverno locale.
In effetti il precedente governo aveva tentato una parziale riforma, poi finita “all’italiana”: cioè annullata da eccezioni, distinguo, casi particolari.
Invece si dovrebbe procedere a un taglio drastico:
- le aziende partecipate che appartengono ad un unico ente dovrebbero essere riassorbite dall’ente stesso: non esiste nessun motivo per cui un comune debba avere una doppia gestione di uno stesso servizio
- quelle che svolgono servizi non essenziali ai cittadini dovrebbero essere privatizzate: se sono competitive possono andare con le proprie gambe, altrimenti devono seguire la sorte di tutte le imprese in perdita… chiudere. Compito degli enti locali dovrebbe essere infatti quello di gestire i servizi attraverso la stesura di precisi capitolati, la concessione degli stessi attraverso gare pubbliche, il controllo dell’adempimento degli obblighi da parte del concessionario, non quello di fare l’imprenditore di se stesso.
Si ridurrebbe così tutta un’area grigia, di commistione tra interessi privati (spesso anche illeciti) e interessi pubblici che, attraverso il meccanismo con il quale controllato e controllante sono gli stessi, fa sì che aumentino costi, inefficienza e scarsa trasparenza; un sistema utile solo a tutto quel mondo di sottogoverno che si alimenta proprio di queste commistioni: tutto a danno degli interessi dei cittadini.
di Angelo Gazzaniga