Partitocrazia uguale incompetenza

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Un problema che ci trasciniamo da decenni

La sostanza di una democrazia è l’elezione da parte dei cittadini di alcuni di essi che li rappresentino negli organi decisionali previsti dalla Costituzione.
Nel tempo sono nati i partiti politici per coordinare idee, impostare programmi, proporne la realizzazione e convogliare consensi. Ma in alcuni paesi, come in Italia, i partiti, da enti di pura mediazione e coordinazione politica, si sono trasformati in strutture di potere che limitano la partecipazione dei cittadini desiderosi di entrare in politica e condizionano quelli eletti.
Le leggi elettorali del nostro paese, dopo la prima vigente nella Prima Repubblica, sono state un papocchio dietro l’altro, un compromesso tra varie esigenze e prepotenze dei partiti ch eerano, comunque, tutti d’accordo nel non volere una legge maggioritaria uninominale che, seppure indirettamente, in vari referendum, i cittadini italiani avrebbero voluto.
La legge elettorale della Prima Repubblica prevedeva che gli elettori dessero voti di preferenza ai candidati scelti dai partiti, ma che erano scelti, salvo qualche personaggio che si era guadagnato in un modo o nell’altro una sua popolarità, dopo una routine che includeva iscrizione al partito, qualche incarico nello stesso, esperienza in amministrazioni locali o in enti vari, per cui non vi erano cretini, ignoranti o pagliacci con incarichi politici.
A parte il fatto che i vari leader, fondatori della repubblica democratica, avevano alte motivazioni ideali per le quali avevano rischiato o sofferto il carcere e rischiato la morte.
Poi, le leggi elettorali successive hanno sempre piu’ allontanato i candidati dai cittadini, è stato anche abolito il voto di preferenza, poi rimesso in parte, e si è arrivati all’assurdo di candidati raccomandati messi in lista in collegi sicuri, lontani dal lorol uogo di residenza che, ovviamente, se ne infischiano dei problemi locali dei cittadini che li hanno votati.
In altre democrazie il legame tra cittadini, candidati ed eletti è fondamentale. Il candidato deve guadagnarsi la fiducia di chi potrà eleggerlo e questi lo eleggerà se riterrà che il candidato conosce i problemi del suocollegio, le sue convinzioni, le sue idee sui vari problemi suoi e della comunità in cui vive. E non lo eleggerà se non lo ritiene deguato per un incarico che lo rappresenti.
E’anche per questo distacco che ora ricoprono cariche politiche personaggi che brillano per analfabetismo ed ignoranza, con comportamenti non dignitosi per una carica politica.
Certo, un candidato che ha promesso tutto e il contrario di tutto puo’ attirare tanti voti, anche se non ha le qualità per essere un politico minimamente capace e dignitoso, ma, se poi i suoi comportamenti si palesano, è ragionevole pensare che, se fosse in continuo contatto con gli elettori, questi ultimi, nella stragrande maggioranza dei casi, glielo farebbero capire e non lo rieleggerebbero se non cambia.
In altredemocrazie gli eletti non votano su certi argomenti come indicato dal loro partito quando sanno che i loro elettori non sarebbero d’accordo. Gli elettori vengono prima del partito.
La parola quasi sacra per i politici nelle democrazie anglosasson è – my constituency -, cioè i miei elettori.
Ma buona parte dei nostri politici se ne infischia degli elettori perchè deve al partito e non a loro la sua elezione o rielezione. Ed è anche per questo che abbiamo membri del parlamento che riescono, tramite amicizie o raccomandazioni nel partito, a farsi eleggere e sono poi assenteisti cronici. Pensano solo al lauto stipendio, oltre al fatto che un parlamentare italiano, una volta eletto, è sistemato economicamente per tutta la vita.
Una parola del Capo dello Stato sull’argomento non guasterebbe.

di Ettore Falconieri

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