Due domande su tutta la vicenda
Tutta la vicenda dei rimborsi ai “truffati” dalle banche fa nascere due domande fondamentali.
A parte ogni considerazione sull’ingenuità, a dir poco, di coloro che hanno messo tutti i propri risparmi in un unico investimento o che hanno investito in queste banche perché gli interessi erano più alti (non occorre essere esperti di finanza, basta un minimo di buon senso per sapere che gli investimenti vanno diversificati e che a un interesse maggiore corrisponde un maggior rischio: lo diceva anche mia nonna…) due domande vengono spontanee:
– perché vengono così generosamente rimborsati coloro che hanno perso i propri soldi investiti in azioni o in obbligazioni (che comunque hanno un certo margine di rischio: chi investirebbe in azioni di aziende libiche, ad esempio?) e non si riconosce nulla a quei dipendenti che nel fallimento dell’azienda hanno perso non solo la liquidazione, ma spesso anche gli ultimi stipendi e il lavoro? Non hanno speculato, non sono stati ingenui, hanno solo avuto la sfortuna di lavorare nella ditta sbagliata.
Oppure perché non rimborsare gli azionisti di quelle altre banche che, senza fallire, hanno azzerato il capitale e di conseguenza gli investimenti di chi ha creduto in loro? Non c’è nessuna differenza di comportamento o di conseguenze
– se alla base di tutto questo c’è una truffa (e sicuramente c’è) allora è compito della magistratura accertare i fatti, condannare i truffatori e obbligarli al risarcimento dei danni . In questo modo coloro che hanno truffato pagherebbero il loro comportamento (il fio, si diceva nel vecchio linguaggio giuridico): uno Zonin, per non far nomi, negli USA sarebbe già da tempo in carcere e non nella propria villa con piscina…
Ma se sono fallite queste banche non hanno la possibilità di rispondere dei danni creati, si dirà: osservazione giusta, ma a questo punto dovrebbe e potrebbe intervenire il fondo interbancario creato da tutte le altre banche proprio per rimediare a questi guasti. E eventualmente con il concorso della Banca d’Italia se si accertano negligenze od omissioni da parte della sua Vigilanza.
Ma quello che è una vera ingiustizia è che a pagare debbano essere sempre i cittadini , che non hanno nessuna responsabilità e che spesso sono stati più accorti degli investitori “truffati”.
Altrimenti si rischia, per ragioni elettorali (perché sono queste le vere ragioni dei rimborsi) di far passare sempre più la regola del cattivo investitore, altro che cultura finanziaria da insegnare nelle scuole: investi dove rende di più, se va bene incassi, se va male paga Pantalone.
di Angelo Gazzaniga