Adesso si scopre che il giorno stesso in cui veniva approvato alla Popolare di Bari un bilancio disastroso (460 milioni di perdite dichiarate) i vertici tutti si aumentavano notevolmente stipendi, rimborsi e consulenze (perché in quel bel esempio di conflitto di interessi il cugino del presidente era anche l’avvocato della banca).
Un modo per far tacere tutti oppure una conferma di quella battuta secondo cui “il vero mascalzone non è quello che rapina una banca, ma quello che la fonda”?
Da liberali ci guardiamo bene dal chiedere limitazioni o controlli sugli emolumenti dei dirigenti di una banca (ognuno si comporta come vuole, saranno gli azionisti a giudicare), ma vorremmo vedere questi comportamenti truffaldini sanzionati con misure civili e penali immediate, non dopo inchieste destinate a durare anni e terminate con una (più che probabile) prescrizione
di Guidoriccio da Fogliano