Giulio Tremonti l’ha chiamata tempesta perfetta. La crisi che si è schiantata nel mondo, e che perdura, ha colto di sorpresa il nostro benessere, la salute, la finanza, gli scambi commerciali. Una crisi della globalizzazione, conseguenza di una crescita troppo rapida che non siamo riusciti a governare, e sulla quale non siamo riusciti a incidere per tempo con gli strumenti della ragione. A scatenarla un virus. Ora nei sistemi sociali si può verificare un momento, una situazione in cui una civiltà cambia così tanto e così rapidamente che le sue regole diventano poco comprensibili e non governabili per le generazioni precedenti; questo momento viene indicato a volte con il termine singolarità, nome preso in prestito dalla fisica che descrive un punto dello spazio-tempo in cui la forza di gravità diviene infinita e le normali regole teoriche non possono essere applicate perché non funzionano.
Orbene ritengo che questa crisi sia paragonabile a una singolarità, una perdita di stabilità di un sistema, provocata da una perturbazione che si chiama coronavirus che ha sconvolto le nostre vite in modo irreparabile, forse.
La perturbazione che viene- non dimentichiamolo- dalla Cina è arrivata dal mondo della materia vivente anziché dalla tecnologia, ma il risultato è comunque lo stesso ed è in buona sostanza dovuta all’accelerazione del progresso, e alla discrepanza tra la rapidità con cui si susseguono le innovazioni e la capacità dell’uomo di adattarvisi.
Fino al secolo scorso le tecnologie hanno impiegato anni a diventare pervasive. Radio, TV, hanno impiegato decenni. Ora invece tutto succede troppo in fretta. In una società di tipo neurale come quella attuale il tempo di metabolizzazione è legato all’intervallo temporale che intercorre tra un’innovazione e la successiva. Se questo è troppo breve la mente umana non riesce a seguire il ritmo, a governare l’innovazione; quindi si può verificare una situazione che molti chiamano appunto singolarità di sistema. Come è potuto succedere? Il desiderio smodato di stare insieme, sempre e dovunque, nello spazio fisico e sulla scena virtuale da protagonisti a costo zero, il desiderio di spostarsi fisicamente sempre più lontano e sempre più in fretta, la disponibilità di strumenti informatici potenti uniti alla smania inarrestabile di collegarci in tempo reale con tutto il mondo, fisicamente e virtualmente, per poter dire e comunicare a tutti il nostro pensiero, per condividere, per non perdere tempo tra la chiusura di una borsa e l’apertura di un’altra, per massimizzare i profitti degli investimenti, per accrescere illimitatamente le attività finanziarie globali, ci ha fatto perdere di vista i possibili rischi di una globalizzazione forsennata, ci ha reso insensibili ai segnali che pur da qualche anno erano pervenuti. Così, dopo la crisi del 2008-2009, invece di fermarci un momento a riflettere, siamo ripartiti più veloci di prima fino a incrementare l’attività finanziaria a un livello tale che in dieci anni ha superato di un fattore tre il prodotto mondiale lordo. Poteva continuare così? Ed ecco che in silenzio senza far rumore, è arrivata la scintilla che ha dato fuoco a tutto il sistema. Un virus. Il guaio è che questa perturbazione sta scatenando un terremoto che mette in crisi le certezze fin qui accumulate. Benessere, lavoro, conoscenza subiranno cambiamenti che non avevamo previsto e dovremo abituarci quindi a convivere con meno sicurezza, con meno baldanza, con meno superbia consci dei limiti che la natura ci sta mostrando. E forse sarà un bene riscoprire quei valori fondanti della nostra società che abbiamo via, via accantonato per essere sempre più pronti ad arrivare primi anche a costo di abbandonare i più fragili. L’Europa da molti invocata non è mai stata così debole: ogni nazione va per conto suo, non c’è un protocollo condiviso a indicare come procedere in questi giorni di pandemia. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen non è in grado di dare una linea, una visione forte, e soprattutto sembra incapace di districarsi tra le lobby di potere presenti a Bruxelles e si trastulla, nei giorni più bui, con una ragazzina con le treccine che vuole salvare il mondo. Christine Lagarde, cui è stata affidata la presidenza della Banca Centrale, al suoi esordio ufficiale si è distinta in una performance disastrosa che peggio non si poteva. In più ha trasmesso un messaggio devastante per coloro- sempre meno numerosi – che ancora si professano europeisti e sta offrendo un triste spettacolo a 400 milioni di cittadini su come non va governata una Banca Centrale in una congiuntura come quella attuale. E solo oggi sta mettendo in scena qualche tentativo di arginare il disastro e di salvare ( ci riusciranno?) l’Europa. Ma qui si apre una questione. La BCE per sua natura non è nata per risolvere i problemi della sicurezza degli stati, perché le iniezioni di liquidità generano inflazione, cosa che la Germania vede da sempre come il fumo agli occhi. Anche oggi si dà la priorità alla stabilità dei prezzi piuttosto che concedere soldi a debito agli stati membri e mettere in sicurezza i popoli. (lo si è visto bene con la Grecia.). Il coronavirus ha stravolto questo paradigma e ci troviamo di fronte al dilemma: o salviamo l’euro o salviamo gli stati colpiti da pandemia. Sistema euro vs cittadini. Secondo voi la BCE cosa sceglierà? Risposta: salverà il sistema e non i popoli. E L’Italia a causa del suo elevato debito non osa rompere il paradigma. Sta faticosamente cercando una via d’uscita, peraltro in totale solitudine. Il suo governo è inadeguato a gestire una crisi così devastante e continua a nominare inutili commissari straordinari che invece di risolvere i problemi li aggravano perché incompetenti. E’incapace di formulare un’azione seria e condivisa tramite i suoi sempre più silenziosi rappresentanti a Bruxelles. Si dibatte tra tentativi di cambiare i patti sottoscritti e avances maldestre per ottenere ancora flessibilità, per fare più deficit senza obiettivi precisi, mancando anch’essa di una visione certa e sicura capace di dare fiducia ai cittadini. E’ debole perché debole e incompetente è la guida. Tralasciando gli errori di comunicazione di questa classe dirigente ( si fa per dire) è tuttavia opportuno soffermarci, proprio in questo frangente, su un altro virus, altrettanto pericoloso, immesso questa volta nella nostra politica nazionale dal movimento 5 stelle, partito di maggioranza relativa. Dal marzo 2018 questo movimento, che ha nel suo DNA il genoma del totalitarismo e dell’incompetenza più profonda, ha manifestato più volte la sua natura antidemocratica con il desiderio neppure tanto dissimulato di abolire la democrazia rappresentativa e il Parlamento, per gestire tutta la politica da una piattaforma in mano a un guru che non risponde che a se stesso. Piattaforma Rousseau. Nomen omen. Chi era Rousseau? Un filosofo ginevrino che sosteneva la natura corruttiva della cultura “le nostre anime si sono corrotte nella misura in cui le nostre scienze, le nostre arti hanno progredito verso la perfezione”. E che, come si legge nella sua opera, il Contratto sociale, propone la tesi radicale “dell’alienazione totale di ciascun associato con tutti i suoi diritti alla comunità”; per dare nascita a corpo politico in cui i cittadini sono parti integranti del tutto e in cui tutti e ciascuno detengono la sovranità. E’ la filosofia dei grillini, il loro programma di governo associato all’incompetenza. Quanto di meno liberale si possa concepire. Di più , con la complicità di un partito che ha perso strada facendo, e cambiando nome come Fregoli i vestiti, quel poco di onorabilità che ancora aveva, ha approfittato di questa fase di smarrimento per fare passare quasi sottobanco riforme devastanti per uno stato di diritto come la prescrizione e la norma sulle intercettazioni che lede l’articolo 15 della Costituzione: la tutela della riservatezza della corrispondenza. Neppure il fascismo era arrivato a tanto! I 5 stelle stanno minando la nostra libertà, il nostro impianto costituzionale, stanno mettendo a rischio la democrazia. Ma già, sono in fondo contenti di tenerci a casa ai domiciliari realizzando un sogno che neppure Davigo pensava di vedere realizzato in tempi così brevi. E sognano anche di seguirci passo, passo sui nostri cellulari per tracciare i nostri spostamenti come hanno fatto in Corea. Di più, con la scusa di mettere a disposizione piattaforme digitali per favorire lo smart working hanno in cambio la possibilità di accumulare e immagazzinare tutti i nostri dati: peggio di un grande fratello. Attenzione!
Ma i guai non finiscono qui. Dopo avere sostenuto la truffa dell’uno-vale-uno ora balbettano, vogliono il parere dei competenti, vogliono i vaccini, adesso, subito. Ma come: dopo avere detto che i vaccini sono pericolosi per la salute vogliono farci vaccinare tutti? Ma non si vergognano, loro e i loro complici di governo che pur di restare al potere hanno tradito l’Italia e gli Italiani.? Cosa propongono, quale visione per il dopo, perché ci sarà un dopo coronavirus? Forse farci diventare sudditi della Cina, abbandonare il nostro alleato tradizionale per spostarci ad Est verso un paese non democratico e per questo responsabile primo della catastrofe sanitaria? A coloro che chiedono più globalizzazione per uscire da questa crisi ricordo che non siamo tutti uguali. Nel mondo globalizzato non ci sono alleati e tantomeno amici, ci sono solo avversari pronti a sostituirci là dove lasciamo un vuoto. L’abbiamo visto con la Libia e oggi lo sperimentiamo nel commercio. Inoltre non ci sono nel mondo solo democrazie trasparenti, e a fronte di pochi stati democratici esistono molti stati totalitari, teocrazie e dittatori che negano i diritti elementari dell’uomo e la libertà. E condividere con costoro idee, atteggiamenti e azioni basate sulla trasparenza, sull’onesta intellettuale, sul rispetto reciproco è mera illusione ed è spesso controproducente. Sarebbe come giocare a poker in cinque sapendo che a barare sono in tre!
Ludovica Carlesi Manusardi