IN ITALIA TUTTO SI PERDONA, TRANNE IL SUCCESSO

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“Angelone, a questo mondo esistono i vincenti e i perdenti. Mi dispiace, ma tu appartieni alla seconda categoria”
Gianni Agnelli ad Angelo Rizzoli

“Questa frase me l’aspettavo da Totò Riina, non certo da un galantuomo come Gianni Agnelli”
Angelo Rizzoli

“La maggior parte di noi vive nelle fogne, ma c’è chi lo fa guardando le stelle”
Oscar Wilde

C’è un problema nient’affatto di poco conto nell’emergenza pandemica che stiamo attraversando e che farà il suo corso indipendentemente dalle nostre volontà: la cattiveria.
Come la pellicola “Mediterraneo” di Gabriele Salvadores del 1997 ancorchè nella sua perversione buonista, illustra fin troppo bene: una infinita cattiveria dalla fallita invasione dell’Armata Brancaleone dei territori della Grecia nell’ottobre del 1940 alle meschinità cosmiche dei “provincial boys” versati oggi nelle varie declinazioni della società civile nei decenni del Duemila: nulla è cambiato. Qui, il pessimismo di Ernesto Galli Della Loggia assume una valenza fondamentale: è la società civile a fare la classe dirigente, e la seconda è lo specchio della prima.
Quando Piero Ottone incontrò il leader dell’Unione Sovietica Nikita Krusciov come corrispondente del Corriere della Sera per una conversazione conoscitiva al Cremlino, costui gli disse: “Caro Ottone, siamo rimasti sorpresi dal fatto che gli italiani in Russia non avevano voglia di combattere”. Attenzione, perché laddove non c’è disciplina trionfa il buonismo, ed è un mostro dalle mille teste. Vi racconto un episodio personale, che ha però il suo carattere di decisività non tanto nella melanconica autoreferenzialità piagnona e stizzosa di chi scrive ma quanto per offrire uno spaccato dell’Italia di oggi. Il 17 giugno 2020 – in uno stato d’animo di discreta ma non eccessiva eccitazione ipertimica vado presso lo studio medico di un noto neuropediatra (ignaro di quello che mi succederà). Forse avrei fatto volentieri a meno dell’incontro, ma si trattava di routinarie misurazioni della pressione rese necessarie dal fatto che tendo ad avere la pressione alta dalla fine di febbraio all’interno di una moderata sindrome da ipertensione. Orbene, l’incontro con il medico è stato un disastro sul piano oggettivo e non soggettivamente. Partiamo da un dato di realtà che è incontestabile: le parole per un ciclotimico come me sono devastanti, tanto più se usate con l’intenzione scabrosa di ferire. A un certo punto, dico al medico con l’ingenuità consueta – tendendo a vedere gli altri come delle brave persone e non per i predator che sono: “Il 27 maggio scorso ho parlato per due ore e mezza in videoconferenza con 28 ragazzi dei Master Micri dell’Università Iulm a Milano dalle 10:00 alle 12:30 del mattino sul cold case di Marilyn Monroe”. E lui, di contro: “Come, scusa?” diventando rosso nel volto e palesemente infastidito. “Cold case”. “Belin, cold case: ma finiscila, sei proprio un radical chic. Cold case…”. E la rabbia devastò il suo viso.
Poi continua: “L’altra sera ho rivisto il tuo amico Pietrangelo Buttafuoco in televisione. Non ha fatto niente tutta la vita!”. E io, di contro: “In verità gli devo una lezione di vita che non ho mai dimenticato quando, nel dicembre del 2008, l’ho conosciuto in treno a Rapallo: “Devi leggere dei testi di letteratura. Non Micromega di Paolo Flores D’Arcais”. L’ho fatto con ritardo. Meglio tardi che mai! Il medico chiude infine lo studio che – questo bisogna dirlo – aveva tenuto aperto “ad personam” solo per me, e mentre ci avviamo all’uscita cerco – nella “pacificazione nevrotica” ormai instaurata – di guadagnare una sua manifestazione di simpatia all’interno di una leggera sindrome di Stoccolma. Noi esseri umani siamo complicati… Pertanto gli fornisco, in uno degli adattamenti menzogneri a cui ricorro talvolta nelle situazioni complicate senza uscita, un potenziale assist respinto al volo: “Quando avevo 8 anni tu mi hai salvato la vita, sbloccando un’occlusione intestinale che aveva minacciato la mia integrità”.
“Mentre tu usi un linguaggio così forbito…” e aveva un’altra volta il viso arrabbiato.
Non ricordo il finale… Il punto è un altro, cari lettori. Nell’anticamera dell’incontro con il menzionato medico, già preceduto nel corso del tempo da episodi brutti che per tirannia dello spazio non menzionerò, il mysterium divinis dell’ipertimia si trascinava per inerzia e io ero (tutto sommato) contento, con iper-affollamento dei processi ideativi; dopo l’incontro che è stato un vulnus inaspettato, l’ipertimia al galoppo si è velocemente rovesciata in una sgradevole distimia accompagnata da senso di vuoto e crisi di autostima con ricomparsa della famigerata “sindrome dell’impostore”. Tuttavia, la vita continua nonostante i vulnus del buonismo italianissimo che è un mostro di natura catto-comunista…
Don’t shoot the pianist, he’s doing the best he can: il nedico ha violato questa regola danneggiando la mia hybris narcisistica in maniera grave, ma quello che conta è arrivare alla fine della giornata. E io non mi arrenderò mai.
Indro Montanelli dixit: “In Italia si perdona tutto fuorchè il successo tranne quando è immeritato”.
Adesso avete capito perché?

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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