“I beni più grandi ci vengono attraverso una mania, data per concessione divina”
Platone, Genio e follia 2.0 di Liliana Dell’Osso e Primo Lorenzi, Franco Angeli
editore
Sono le 6:30 di sera del 27 settembre 2020 nella splendida Camogli, ma infinitamente piccoloborghese.
Sto attraversando la quarta crisi di distimia dal 2017, essendo soggetto a crisi bipolari dell’umore
che non ho mai veramente curato: la mia tesi è che l’ipomania e/o addirittura la mania si possano conciliare con l’ottenimento di straordinari risultati sul piano creativo, e che sia un peccato curarla in senso farmacologico in quanto – anche a prezzo dello stress maniaco depressivo – può portare a scalare l’Everest. Dunque nel 2009 io rifiutai la proposta del professor Giovanni Battista Cassano di assumere il litio che stabilizza l’umore di una persona evitando le fasi iperattive e prevenendo i crolli dell’umore.
Ho sbagliato? Forse. Ma la vita non è senza prezzo, e posso dire di essere stato me stesso fino alla fine. Dai 20 ai 32 anni, magari con dolori indicibili ma anche entusiasmi fortissimi; non solo: ho coltivato anche una discreta autodisciplina al netto di episodici sbandamenti sullo sfondo di stress maniacodepressivi.
La disciplina di andare a letto la stessa ora tutte le notti e di svegliarsi presto la mattina.
Fragile sì, ma equilibrato.
Orbene, che cosa sono i “mood stabilizers”? Semplice: gli stabilizzatori antibipolari dell’umore, come il litio. A che cosa serve il litio? A prevenire la Mania, che sfocia nella depressione.
La questione dunque è filosofica e psichiatrica insieme. Trattare la mania si può, certo…
Propongo ai lettori affezionati di Libertates di affrontare la questione attraverso la mia personale interpretazione – con una certa Gelessanheit maturata sul campo: nella fantastica Wikipedia, a proposito della mania, è scritto (in maniera estremamente condivisibile) quanto segue: “… Freud sosteneva che depressione e mania avessero lo stesso contenuto, solo che nella depressione l’Io del soggetto ne viene sopraffatto mentre nella mania è l’Io che riesce a padroneggiarlo o a metterlo da parte. Freud descrive gli stati prototipici della mania come la gioia e il giubilo.
Egli sostiene che essi si manifestino dopo che le energie che erano impiegate da qualcosa che faceva sentire l’Io costretto, sofferente, in difficoltà, vengono liberate. Questo accade ad esempio quando le persone d’improvviso vengono sollevate da grandi e gravi incombenze, si liberano da una o più pesanti preoccupazioni. In questi casi, l’energia che veniva utilizzata viene liberata e l’individuo “se ne riappropria” potendo di nuovo investirla. Nelle personalità maniacali e ipomaniacali questo trionfo dell’Io è il più delle volte dato dal diniego ma non è infrequente che il diniego fallisca e la persona sperimenti degli episodi depressivi. Si parla in questi casi di disturbi bipolari o psicosi maniaco-depressiva…”.
Parliamo dunque di Silvio Berlusconi, che nel 1993 era soffocato dai debiti: la Fininvest, cioè il suo impero finanziario costruito dal nulla come l’Universo, presentava un rosso di 7000 miliardi di lire. E c’era la prospettiva concreta della galera. E Silvio piangeva sotto la doccia, sudando. Non dormiva la notte. E aveva paura che gli venisse un esaurimento nervoso (leggere “Il gioco dei potenti” a cura di Piero Ottone). Così raccontava Silvio ai suoi più stretti collaboratori: “Confalonieri e Letta mi dicono che è una pazzia entrare in politica e che mi distruggeranno. Che mi faranno di tutto. Andranno a frugare tutte le mie carte, accusandomi di chissà quale nefandezza. A volte mi capita perfino di mettermi a piangere sotto la doccia…”.
E poi, poco tempo dopo, in episodio contropolare ebbe l’intuizione geniale dell’apparizione in televisione nel messaggio videofilmato di 13 minuti sulla cosiddetta “discesa in campo” a reti unificate, per salvare il Paese dalla gioiosa “macchina da guerra” di Achille Occhetto: come ha varie volte detto Carlo Freccero, nella sua semplicità l’apparizione del Cavaliere nell’agorà di Canale 5 che si annunzia come il salvatore della Patria, è stata genialità pura: “… Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un paese illiberale governato da forze immature e legate a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare…”. Prima si sente un impostore sull’orlo della bancarotta, poi il salvatore della Patria (sic!).
Sempre da Wikipedia si apprende che: “… Un episodio ipomaniacale è definito come un periodo di umore elevato, espansivo e irritabile in modo persistente, che dura da almeno 4 giorni e che si distingue dall’umore abituale del soggetto (e non dall’umore depresso). Durante l’episodio si riscontra un cambiamento nel modo di agire solito della persona. Sia il cambiamento dell’umore che del modo di agire sono osservabili dall’esterno. Durante questo periodo devono essere stati presenti e persistenti almeno 3 o 4 dei sintomi già descritti per l’episodio maniacale. In questo caso, l’episodio non comporta una compromissione nelle aree lavorative o sociali e non è necessaria l’ospedalizzazione, inoltre non si presentano manifestazioni psicotiche…”.
Come nel caso dell’installazione di Silvio a Palazzo Chigi, non vi pare? Nullum magnum ingenium sine mistura dementiae fuit. Il litio non contempla questa possibilità.
Liliana Dell’Osso, autrice dell’interessante volume Genio e follia 2.0 ancorchè “borghese”, direbbe:
“Ma cosa sarebbe successo se Berlusconi non avesse avuto successo?”.
Forse avrebbe fatto la fine di Raul Gardini.
Ma non è forse meraviglioso questo impasto bipolare tra Lux e Tenebra, e non è una vera presunzione fatale tentare di correggere l’autos nomos con l’eteronomia del farmaco?
You can’t have the cake and eat it: diceva sempre Hanne Winslow Ottone.
di Alexander Bush