GOFFREDO BUCCINI IMBROGLIA LE CARTE SU BETTINO CRAXI

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“Craxi era un satrapo”
Indro Montanelli

I piedi rossi di Barbara Carrera costituiscono motivo di ruminazione mentale per l’autore lavativo di questo pezzo: che non è un articolo di giornale, né ha la pretesa di esserlo. E’ soltanto un diario personale scritto tra gli effetti tossici del vaccino Moderna, che mi ha tolto la forza di stare in piedi da un mese e mezzo; non riesco sostanzialmente né a leggere né a scrivere. L’unica attività che posso svolgere è il nuoto, per altro con fatica poiché ho voglia di dormire anche quando sono in piscina. Dunque, le frustrazioni corrono al galoppo. La conseguenza è questa: vedo e rivedo all’infinito il video di Barbara Carrera e Sean Connery su Youtube alla voce “Mai dire mai”, dove la femme fatal Fatima Blash – correva l’anno 1983, quando Bottino Craxi (vedi il geniale Marco Travaglio) diventava Presidente del Consiglio – stava facendo surf fino a quando, con gli occhi della “donna mantide”, intercetta James Bond intento a bere un martini al bar (un bar che più sudamericano non poteva essere), ed esclama: “I’m Fatima Blash”. James, nell’ironia di classe propria di Connery, risponde puntualmente: “Lei scia molto bene”. “Faccio bene molte cose”. “Ne sono sicuro. I’m all yours”.
Orbene, la prima volta che guardai queste scene avevo 11 anni: sia all’epoca che oggi, pensai automaticamente che la femme fatal cela il Niente e che perciò stesso è irresistibile: come si fa a dire loro di no? Non resta che predarle… Veniamo così a Goffredo Buccini, autore del testo pubblicizzato da poco sull’Huffington Post “Il tempo delle mani pulite”: ho appreso la visione del cronista Buccini dall’intervista che gli ha fatto Stefano Baldolini: buona parte di essa è condivisibile, le conclusioni sono drogate di terzismo; il terzismo è condannabile sempre, poiché con esso il terzista di turno dà un colpo al cerchio e uno alla botte “salvando” i ladri. Vediamo come Buccini si fa sedurre dalla servitù volontaria al cerchiobottismo:

“Domanda di prammatica: perché è nata Mani Pulite?

“Per una serie di concause, anche internazionali. Dopo la caduta del muro di Berlino gli italiani avevano ripreso a votare liberamente senza “doversi turare il naso”, per citare Montanelli (mentre riporto le parole di Buccini ho avuto lo stimolo a correre alla toilette nell’appartamento di Recco a causa del secondo caffè della mattinata, ma nel mio imbarazzo non c’era la carta igienica e mi sono dovuto arrangiare, ndr). Ma soprattutto perché i soldi erano finiti. Questo è un punto dirimente. I soldi erano il centro dell’accordo fondamentale tra impresa e politica che prevedeva da una parte il finanziamento illecito e dall’altra l’accesso agevolato agli appalti. Era un intero sistema ammalato che a un certo punto si è spezzato, in un momento di grande debolezza della politica. E questo ha fatto sì che la magistratura fosse chiamata a esercitare un ruolo di supplenza che in una città viva ed esteticamente reattiva come Milano è diventata l’inchiesta Mani Pulite.” (già il termine “supplenza” della Magistratura è una deformazione della realtà poiché i magistrati hanno semplicemente fatto il proprio dovere, ndr)”.
Continua l’intervista: “… Per parlare di responsabilità, però neanche voi giornalisti che raccontavate Tangentopoli dagli albori avete colto che qualcosa non andava. Che c’erano delle storture, a partire dal metodo, dall’abuso “industriale” degli arresti?

“Detto con una battuta, perché in parte su di noi aveva ragione Berlusconi.”

“In che senso?

“Quando si è lamentato che i giornalisti sono tutti comunisti, ci è andato vicino. E’ indubbio che la mia generazione si è formata a sinistra. Il gruppo di ragazzini che seguivano i fatti di Palazzo di
Giustizia di Milano, tutti tra i 28 anni e i 32-33 anni, a parte rare eccezioni, era fortemente orientato a sinistra. Cresciuto in ambienti politici, universitari, liceali, di sinistra. Un grande brodo di coltura dove più o meno si pensava che Craxi fosse un manigoldo, Ligresti fosse un imprenditore della Piovra, che gli andreottiani fossero tutti marci. Così quando ti trovi a seguire un’inchiesta che ti racconta esattamente questo, tu pensi “hai visto, hai trovato la verità, non c’è altra verità da cercare”. Nel libro uso l’espressione: “Eravamo gli eroi del nostro stesso fumetto”…”.
Tradotto: quello di Buccini è terzismo arrogante, inaccettabile.
Infatti: letteralmente Don Salvatore Ligresti – come lo chiamma Gianni Barbacetto – era l’imprenditore della Piovra nella sua “aurea mediocritas” da latin heroes, gli andreottiani erano tutti marci – a cominciare da Giulio che aveva la titolarità del “conto Spellman” dove era depositata la maxi-tangente Enimont da 150 miliardi di lire.
Goffredo Buccini ignora deliberatamente le gravi motivazioni tra le altre, della sentenza di condanna in primo grado a 8 anni e 6 mesi di reclusione inflitta a Bettino Craxi per concorso nella bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano, che ne mette in luce i gravissimi disturbi mentali nelle condotte di appropriazione indebita per mezzo della corruzione: “… Claudio Martelli ha ricordato che parte dell’imponente flusso di denaro che pervenne dal Gruppo Ambrosiano fu utilizzato, fra l’altro, per preparare il congresso di Palermo, che sancì, sempre secondo Martelli, la definitiva affermazione della Autonomia, con cui finì poi per identificarsi l’intero partito.
Se è certo, dunque, che era a Craxi che servivano i denari affluiti sul conto 633369 (il cosiddetto “conto Protezione”, ndr), è altrettanto pacifico che a lui fece capo l’intera operazione: uno dei documenti rinvenuti a Castiglion Fibocchi afferma esplicitamente che il numero del conto corrisponderebbe all’onorevole Martelli “per conto di Bettino Craxi”, e la complessiva narrazione di Silvano Larini conforta tale estremamente sintetica, ma efficacissima e potente, relazione di accusa di Licio Gelli, che – riscontrato in tali termini da un antico amico dello stesso Craxi – è allora credibile anche quando rievoca la riunione tenutasi con Craxi e lo stesso Martelli a casa di quest’ultimo, nella quale i due esponenti del Partito socialista seppero della risposta positiva di Calvi alla richiesta di aiuto che era stata avanzata da Martelli, e accettarono i termini e le condizioni riferite loro dal mediatore Gelli. I coimputati hanno negato che tale episodio si sia verificato, epperò è Craxi – si badi – ad accennare alle preoccupazioni di amici di Calvi per la stabilità della situazione politica del Paese, sia pure nel contesto di una prospettazione giudicata inattendibile nel suo complesso, sono gli stessi Craxi e Martelli ad ammettere incontri con Licio Gellli esattamente in quello stesso periodo… Resta da dire della vicenda della restituzione del milione di dollari, l’ultima parte del quale venne versato nelle casse del Banco poche ore prima della liquidazione coatta dell’istituto di credito, curata dall’agente Ina Troielli, altro fedelissimo di Craxi, secondo quanto ha riferito al procuratore della Repubblica il senatore Gangi, il quale, va sottolineato e ribadito, ha altresì dichiarato di non aver gestito in alcun modo gli accrediti sul conto protetto, sebbene fosse in quel tempo segretario amministrativo del Partito socialista; anche per le modalità di attuazione di quei parziali rientri dalla pesantissima esposizione con il Banco ambrosiano (si è già detto delle anomalie più significative, si accennerà qui solo alla grossa busta piena di contanti recapitata a Marinoni – che si interessò poi del versamento a mani degli stupiti funzionari della banca – negli uffici della segreteria di Craxi in piazza del Duomo 19), la vicenda è una vera e propria cartina di tornasole del dolo di Benedetto Craxi, oltre che della piena consapevolezza della provenienza dei 7 milioni di dollari, e del decisivo contributo causale che si è qui sinteticamente ricostruito (al pari, si aggiungerà senza indugiare sul punto, di quel discorso pronunziato alla Camera dei deputati dopo il tentativo di suicidio di Roberto Calvi). Fu Craxi a stipulare il patto, poi non mantenuto se non per una trascurabile parte, di ripianare il debito del Partito socialista italiano con i fondi messigli a disposizione del creditore, fu Craxi a decidere le utilizzazioni alternative, delle quali ha parlato il coimputato Martelli: la coscienza di ledere le ragioni e gli interessi dei creditori della società per azioni Banco ambrosiano, non può, francamente, essere revocato in dubbio…”.

Ps – E’ un quadro gravissimo, quello denunciato dai magistrati: di gravità pari alla psicopatia di Benito Mussolini. Non ci restano che i piedi della Barbara Carrera, il rosso del Niente. Ricoperto di bustarelle. Che cagiona violenta frustrazione a chi scrive.
Questo pezzo è oggettivamente mediocre ed in parte inutile.
Ma non è tutto inutile a questo mondo?

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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