Ormai è più che assodato che ITA deve essere venduta per non incorrere nelle ire della UE che valuterebbe i sussidi elargiti come aiuto di Stato; e allora il fallimento sarebbe immediato.
Orbene, è cambiato tutto rispetto ad Alitalia, nome, colori, dirigenti, ma sembra che i vecchi vizietti siano rimasti.
Per vendere occorre scegliere un compratore e trattare le condizioni: un’attività complessa quando ci sono tanti potenziali acquirenti e l’impresa è in utile.
Ma in questo caso la decisione finale spetta al Tesoro che è l’azionista unico e che ha già nominato i suoi due consulenti: uno legale e uno finanziario.
Che bisogno c’era che anche ITA nominasse ben quattro consulenti: due legali e due finanziari? L’importo di queste consulenze non è enorme, ma sono comunque 10 milioni che sono una cifra significativa per una società in perdita cronica (occorre un altro prestito di 400 milioni per tenerla in vita) che si aggiunge alle tante spese e che soprattutto mostra un andazzo che non è cambiato rispetto alla vecchia Alitalia: spese inutili e consulenti a gogo!
Tanto paga sempre il solito, cioè lo Stato (ovvero il cittadino)
di Angelo Gazzaniga