Spesso a tutti noi capita, stando al bar o per strada, di osservare i passanti con maggiore attenzione di quella che abbiamo di solito, sopraffatti come siamo dalla fretta e dai nostri pensieri.
Capita, ovviamente, anche a me e in questi casi spesso, vedendo come si vestono o si acconciano, di non capirle o di pensare che siano un poco “disturbate”.
Acconciature con code inverosimili, tagli improponibili che neppure i mohicani, creste variopinte, capelli rasati sono all’ordine del giorno; ma, mi viene da pensare, non hanno a casa loro uno specchio in cui vedersi?
Anche l’abbigliamento, soprattutto femminile, mi fa spesso sbalordire.
Niente da ridire su una signora con belle gambe o con un corpo da atleta: metterle in mostra è un inno alla bellezza e una cosa più che accettabile, sacrosanta.
Ma a vedere ragazze alte un metro e trenta con cosce e polpacci da lottatrici di sumo e cosce da prosciutto messe in mostra con pantaloncini inguainati da cui deborda cellulite ci fa pensare: che cosa si vuol dimostrare?
E di questo tipo di fauna sono piene le nostre città
di Alessandro Prisco