IL MISTERO DI MIKHAIL KHODORKOVSKY: E’ L’EREDE DI GEORGE SOROS, OPEN RUSSIA. MA FARA’ LA FINE DI KENNEDY

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“Privare la magia del suo mistero sarebbe assurdo come togliere il suono alla musica”
Orson Welles

“Je ne suis plus un insider du pouvoir russe”
Mikhail Khodorkovsky da Londra

“Ogni uomo ha un solo destino”
Vito Andolini Corleone, Il Padrino

Sono in corso cambiamenti senza precedenti dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917, con la sconfessione tout court di Francis Fukuyama del 1989: “E’ la fine della Storia”.
E’ uscito un interessante articolo di Stefano Magni su Libertates a proposito della Russia, dove l’esperto di foreign policy afferma che obiettivo di Putin è ricostituire l’Urss: non ne sono così sicuro, ma è certo invece che l’“uomo senza volto” e di cui Enrico Franceschini ha steso un ritratto formidabile su R2 de “la Repubblica” un anno fa potrebbe utilizzare armi nucleari tattiche in Ucraina provocando la III guerra mondiale perché è uno psicopatico scompensato; “quando vengo messo in un angolo divento pericoloso”, è la sua frase meglio rivelatrice di una personalità dal tratto mediocre.

Ma – sullo sfondo dell’“operazione speciale” in Ucraina come la chiama lo zar Vladimir, che è una guerra d’aggressione antisociale per la quale come ha detto giustamente la Carla Del Ponte, Putin dovrebbe essere processato per crimini di guerra e recluso in un ospedale psichiatrico – la vera domanda è un’altra (e in Russia c’è una guerra civile mentre il Paese è ridotto allo stremo dalle sanzioni e dalla povertà): la mafia è compatibile con la democrazia? Si, avete capito bene: può la mafia contribuire all’occidentalizzazione della Russia una volta che il regime putiniano è rovesciato?
La domanda non è affatto campata in aria, dal momento che l’ex avversario n.1 di Vladimir Mikhail Khodorkovsky, l’oligarca rovinosamente caduto nella polvere nel 2003 per reati da Al Capone mentre tentava di insediarsi al Cremlino in violazione del patto proposto da Putin agli oligarchi – non interferiamo con i vostri business, a condizione che non entriate in politica –, sta ritentando di andare al potere questa volta spalleggiato dall’M16, dalla criminalità organizzata russa e probabilmente dal Mossad: le sue chance di riuscirci, con un “gambling” al limite della morte, sono maggiori che nell’annus horribilis 2003 in cui finì in prigione in Siberia per i successivi dieci anni: evasione fiscale, omicidio, truffa (per completare questo curriculum vitae, si aggiunsero anche le molestie sessuali che il detenuto Khodorkovsky fece al compagno di cella Alexander Kuchma, il quale – non avendole affatto gradite – reagì tagliandogli la faccia).
Ma chi è Khodorkovsky, “faccia d’angelo” come lo chiama il sociologo arrabbiato Pino Arlacchi?
Non è agevole rispondere a questa domanda, ma ci provo “illuminato d’immenso” – almeno soggettivamente – dall’enigma di quest’uomo che è un cosmopolita e farà parlare di sé a lungo, arrivando probabilmente molto più in là della insufficiente “Glasnost e Perestrojka” di Mikhail Gorbaciov, un contadino al Cremlino.
Orbene, Mikhail Borisovic Khodorkovsky ha un quoziente altissimo con tratti autistici ad alto funzionamento, e la tendenza ad una regressione infantile del comportamento; non è stata routinaria l’intervista da manuale del giornalismo che gli ha fatto Isabelle Kumar a Euronews a Londra.

Non è improprio dire che il soggetto in questione è un ex criminale che ha cambiato se stesso realizzando un percorso di vita straordinario (in ciò, senza dubbio facilitato dalla sua intelligenza
tecnicamente al livello di Albert Einstein), che nella sua seconda vita ha creato la fondazione Open Russia che si basa sulla teoria della riflessività inventata da George Soros nel solco di Karl Popper: bisogna sostituire la Ragione con la Fallibilità; questa è stata l’intuizione geniale del finanziere ungaro-americano George Soros, che secondo me vale più come filosofo che come uomo d’affari; sia Khodorkovsky che Soros che – visti da vicino – appaiono di una straordinaria umiltà, hanno fatto della Fattibilità radicale la filosofia d’una vita, la pietra angolare della loro visione del mondo e non è strano che tra i due ci sia un enorme feeling.
Personalmente non posso nascondere che, a Soros, devo veramente tanto: l’uomo è oltretutto di una simpatia e di una ingenuità sorprendenti (sic!); George è ipomaniacale ma è riuscito a collegare le sue forme di depressione ipomaniaca alla teoria della riflessività in termini di causa/effetto (soltanto un genio poteva riuscirci, con la stessa forma mentis meravigliosamente ingenua nella sua intrinseca razionalità ebraica di Sigmund Freud!); la “proiezione” è parte dell’opera e si collega al genio.
Nel capitolo 1 “Fallibilità e riflessività” della sua opera magistrale “La crisi del capitalismo globale”, Soros scrive: “Quantunque possa sembrare strano per uno che si è fatto una reputazione e una fortuna nel mondo estremamente pratico degli affari, il mio successo finanziario e la mia visione politica si fondano su alcune idee filosofiche astratte. Se non si capisce questo, nessuna delle altre tesi esposte in questo libro – sia che riguardino i mercati finanziari, la geopolitica o l’economia – avrà senso. Questa è la ragione per cui si rende necessaria la disamina piuttosto teorica presentata nei prossimi due capitoli. Nella fattispecie, è necessario spiegare in maniera approfondita i tre concetti chiave su cui si fondano tutte le mie altre idee, e gran parte delle iniziative da me intraprese nel mondo degli affari e della filantropia. Questi concetti sono: fallibilità, riflessività e società aperta; sostantivi astratti che potranno suonare molto distanti dal mondo quotidiano della politica e della finanza. Ma uno dei principali scopi di questo libro è proprio quello di convincere il lettore che si tratta invece di concetti che stanno alla base del mondo estremamente reale degli affari.”

Sono parole che sortiscono una forte emozione su di me, e passeranno alla Storia: “… E’ tempo ormai di assoggettare la ragione, così come è stata prospettata dall’Illuminismo, allo stesso esame critico che l’Illuminismo ha riservato alle autorità esterne dominanti, sia divine sia temporali. Sono ormai duecento anni che viviamo nell’Era della Ragione: un tempo abbastanza lungo per scoprire che la ragione ha i suoi limiti. Siamo pronti a inaugurare l’Era della Fallibilità. I risultati potrebbero essere altrettanto entusiasmanti e, ammaestrati dall’esperienza del passato, potremmo scoprirci capaci di evitare alcuni eccessi, caratteristici agli albori di una nuova era…”.

Attenzione, perché questo è il focus della Weltanschauung di George Soros: una parola che non piace al professor Riccardo Dalle Luche, ma che piaceva ad Albert Einstein, a Sigmund Freud e a Piero Ottone.
E Mikhail Khodorkovsky, da ex insider del “durty business” degli oligarchi figli del “crony capitalism” sorto dal nulla sulle macerie dell’Urss, ha fatto sua la Fallibilità di Soros più per ragioni pratiche di vita vissuta, che per ragioni intellettuali; non resta che citare la sintesi magistrale di Emmanuele Carrère in un passaggio di “Limonov” citato da Valerio Sammarco in “Citizen K – Recensioni” alla voce Cinematografo: “Il primo settembre 1992 erano stati spediti per posta o ogni russo con più di un anno di età buoni per il valore di diecimila rubli, il che corrispondeva alla quota di ogni cittadino nell’economia del paese.
Dopo settant’anni in cui in teoria nessuno aveva avuto il diritto di lavorare per sé ma soltanto per la collettività, l’idea era quella di stimolare l’interesse personale e favorire la nascita di imprese e proprietà private, insomma del mercato. Purtroppo però, a causa dell’inflazione, appena recapitati i buoni non valevano più niente. I beneficiari hanno scoperto che ci si poteva comprare tutt’al più una bottiglia di vodka. Così li hanno rivenduti in massa ad alcuni furbetti, che in cambio hanno
offerto loro l’equivalente, diciamo, di una bottiglia e mezzo. Questi furbetti, che nel giro di qualche mese sono diventati i re del petrolio, si chiamavano Boris Berezovsky, Vladimir Gusinsky, Mikhail Khodorkovsky… Erano giovani, intelligenti, pieni di energia, non disonesti per vocazione – soltanto, erano cresciuti in un mondo in cui era vietato fare affari, attività per la quale avevano un vero talento, e da un giorno all’altro si erano sentiti dire: “Fatevi sotto”. Senza regole del gioco, senza leggi, senza sistema bancario e fiscale… era il Far West”.
Il guaio è che Boris Berezovskij si era accorto di essere intelligentissimo, e poi cominciò a sbagliare in una “follie de grandeur” incontrollabile; inutilmente Soros, quasi al prezzo della sua incolumità, tenterà di trasformarlo da capitalista di rapina in capitalista legale ma Boris preferì rimanere un “infame oligarca”.
Ne deduce il lucido Valerio Sammarco, alla voce Cinematografo: “… Un paese e una popolazione al collasso, a beneficio di un ristrettissimo gruppo di miliardari. Che favorirono in ogni modo possibile la rielezione di un già malato Eltsin piuttosto che ripiombare nell’incubo comunista e, per farlo, adottarono lo stratagemma dei prestiti allo stato in cambio di azioni: risultato, le aziende statali finirono nelle loro mani a prezzi ridicoli.
Tra queste, la petrolifera Yukos, che si accaparrò Khodorkovsky…”. Arrivato Putin al potere con una manovra diabolica di Boris Berezovskij che però non aveva l’appoggio di Putin e che è stata disvelata da George Soros – la distruzione terroristica di una palazzina a Mosca nel cuore della notte, con 3000 morti addebitata falsamente ai terroristi ceceni –, il direttore dei servizi di sicurezza federali ormai Primo Ministro come successore del malato Boris Eltsin, decide di non sottostare all’estorsione geniale (ma in senso malvagio) dell’infame oligarca Berezovskij: “… Il nuovo presidente”, osserva Valerio Sammarco, “rimette in discussione i grandi privilegi concessi all’entourage di burocrati, politici e oligarchi cresciuti e prosperati sotto l’ala protettrice di Eltsin, ora visti da Putin come ostacolo alle sue mire autoritarie.” e fa arrestare Berezovskij, uscito su cauzione.
Non è corretta quest’affermazione di Sammarco: “Inizia così la sceneggiata dei processi farsa, in molti (come Berezovsky, anni dopo trovato morto a Londra) fuggono dalla Russia. Tutti o quasi, tranne Khodorkovsky: “Non credo la mia vita abbia più valore della mia dignità”.

Non c’è stata nessuna sceneggiata dei processi farsa, ed è stata la Corte Europea dei diritti dell’uomo a smentire questa ipotesi rigettando il ricorso inoltrato da Mikhail Khodorkovsky, che non presentò elementi probanti a sostegno della tesi di una persecuzione ai suoi danni (ma di questo è bene non parlare!); ci fu però un trattamento carcerario molto duro nei suoi confronti. Forse Serena Bortone si è un po’ emozionata durante l’intervista a Khodorkovsky e non si è ricordata di questo particolare.

In una situazione così ambigua, è davvero curioso rilevare che nell’intervista di Isabelle Kumar per Global Euronews del 6 giugno 2016, Khodorkovsky fece il seguente rilievo sul conto di Boris Berezovskij nel frattempo morto suicida nella toilette del suo appartamento a Londra a pochi passi da Buckingham Palace, dopo aver perso un patrimonio da 10 miliardi di dollari a droga e puttane: “Oligarchi? Mai avuto potere. Lo ha fatto credere Boris Berezovskij. E’ il potere politico che comanda in Russia”; questo è un passaggio essenziale dell’intervista per Global Conversation dell’avvenente Isabelle Kumar. Peccato che Mikhail si sia dimenticato di aggiungere che Berezovskij, un criminale tra i peggiori in circolazione, ha fatto credere che gli oligarchi avessero potere politico attraverso il terrorismo di Stato (sic!) per piegare Putin, ma Putin non è stato al gioco piegando gli oligarchi; resta il fatto straordinario che, come rileva lo studioso Sammarco, “Ed è da quel momento (con la detenzione durata dieci anni) che inizia la trasformazione di un uomo, da spietato oligarca a dissidente politico, fondatore successivamente di Open Russia (organizzazione a favore della democrazia e dei diritti umani in Russia) e ancora oggi impossibilitato a tornare in patria (successivamente è stato accusato di essere il mandante dell’omicidio di Vladimir Petukhov, sindaco di Nefteyugansk, città siberiana sede del quartier generale del colosso petrolifero, avvenuto nel ’98)…”.

Dunque, Mikhail ha tutto l’interesse “pro domo sua” a rovesciare Putin per cancellare l’accusa di omicidio di cui deve rispondere in un regolare Tribunale: l’unica attenuante è che era molto giovane, e che per sopravvivere nel “mercato senza capitali” degli oligarchi bisognava violare le regole del gioco: lo spiegò lo stesso Berezovskij a George Soros, anche se a un livello di delinquenza ben più grave dello stesso Khodorkovsky. E Soros fallì nel tentativo di trasformare il primo da capitalista di rapina in capitalista legale, dopo che costui – comportandosi come un attore di Hollywood che credeva di essere in un film di mafia (cito Soros) – era arrivato a minacciarlo. Open Russia nasce in questo contesto, ma soprattutto è figlia di questo contesto: nella vita si procede per errori.
Il fondatore un po’ visionario, un po’ guascone e ingenuo – come nel 2003 – di Open Russia ha stretto ora – alla luce del Sole – un patto con i vari Abramovich, che vedono in lui il loro federatore: due sono allora gli scenari alternativamente presenti; nel primo, Roman Abramovich e gli altri soci dell’“affectio societatis” concorreranno con il nuovo leader alla trasformazione del “capitalismo di rapina” in “capitalismo legale” di stampo concorrenziale, con l’occidentalizzazione inedita della Russia; nel secondo, assai più probabile del primo – considerando l’ingenuità di Mikhail che è la cifra del suo temperamento –, l’ex oligarca che sogna il Cremlino svilupperà la “sindrome del beneficiato” che è una regola costante in questi casi, senza proporsi di rispettare i patti presi con i peggiori lestofanti e criminali della nazione russa. “Non siamo padroni a casa nostra”, come diceva Sigmund Freud.
E – si sa – la mafia non perdona.
In questa ipotesi da Romanzo Criminale Mikhail Borisovic farà la fine di Kennedy. C’è una terza opzione, tuttavia, in questo “stress test” da Luigi Pirandello: uno, nessuno, centomila; l’ex dissidente russo sta prendendo per il naso l’M16, e trasformerà la Russia in uno Stato Canaglia.
Un solo fatto è graniticamente certo: egli è un enigma impossibile da decifrare, e più cerchi di comprenderlo più il Mistero lo avvolge.
Allora, non ci resta che citare Orson Welles, che rimase deluso da Lucky Luciano dopo averlo conosciuto: “Privare la magia del suo mistero sarebbe assurdo come togliere il suono alla musica”.

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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