Risale a più di dieci anni fa il primo articolo di Libertates che riguardava la lobby dei tassisti e a otto anni fa un dibattito organizzato sempre da Libertates sui Uber e i tassisti.
In questo primo articolo si sosteneva che l’esistenza di una lobby chiusa e potente quale quella dei tassisti era quanto di più lontano ci fosse da un sistema di mercato e di concorrenza che avrebbe potuto migliorare quello che fino a prova contraria era un servizio per i cittadini: non solo i cittadini più abbienti e le imprese, ma anche i turisti e quanti non possono (anziani, invalidi) utilizzare i mezzi pubblici.
Già allora si auspicava non solo di aprire il mercato ad altre modalità di trasporto personale (allora Uber era agli albori), ma soprattutto di introdurre criteri di concorrenza e di maggiore efficienza tra i tassisti stessi: questo avrebbe migliorato la situazione dei tassisti stessi.
Si auspicavano controlli rigidi e stringenti per tutti coloro che volessero esercitare questo servizi: requisiti riguardanti non solo capacità, conoscenze e integrità degli autisti, ma anche caratteristiche e controlli specifici per i mezzi utilizzati.
Sarebbe questo il compito di uno Stato moderno ed efficiente: stabilire limiti e paletti a un mercato libero in regime di concorrenza, vigilando attentamente sul rispetto di queste regole e sui possibili cartelli o oligopoli.
Invece nulla è stato fatto, nonostante gli inviti della UE: è rimasto un regime di licenze formalmente gratuite ma foriere di un mercato nero e opaco di licenze,
si è appoggiata costantemente una lobby che si comporta non diversamente da una gilda medievale, attenta solo ai privilegi dei propri membri e a evitare ogni concorrenza esterna, limitando il più possibile ogni nuovo accesso, riuscendo addirittura a espellere Uber dal mercato.
Si è arrivati, pur di non concedere nuove licenze (un primo, pur limitato passo verso la completa liberalizzazione) ad ammettere il doppio autista, purché sia un familiare!
Ed ecco sotto gli occhi di tutti noi i risultati di questa politica miope volta solo a ottenere voti sicuri e aiuti più o meno opachi: in una città come Milano nelle ore di punta risultano inevase il 30% delle chiamate, gli stessi tassisti ammettono di servire il 3% della popolazione (quando, ad esempio, in una città come Londra è del tutto normale andare a fare acquisti con i mezzi pubblici e tornare in taxi), i costi sono stratosferici (sempre a Milano costa di più un taxi per l’aeroporto della Malpensa che il biglietto dell’aereo) e ovunque si vedono file in attesa ai parcheggi: un bel biglietto da visita per turisti e uomini d’affari che arrivano in Italia!
Dovremo aspettare altri dieci anni per vedere finalmente un servizio di taxi degno di una nazione moderna quale l’Italia vorrebbe essere? Un servizio finalmente libero, esercitato in regime di concorrenza che sarebbe utile per tutti: cittadini, turisti e anche (perché no?) i tassisti.
di Angelo Gazzaniga