La storia infinita del Ponte sullo Stretto si allunga con un altro capitolo.
Non solo si continua a proporre un mostro di cemento nel più puro stile anni ’80 perché spesso si dimentica che saranno necessarie pile in calcestruzzo alte 400 metri (quando quelle del ponte Morandi di Genova erano alte poco più di 100) e rampe di accesso al piano di transito (collocato a 80 metri di altezza) lunghe 7 chilometri e alte 80 metri, ma, come sempre, si comincia con la parte più facile e redditizia.
Dopo aver speso milioni per mantenere in vita per vent’anni la Società dello Stretto che non ha mai prodotto nulla, ora si assumono 100 dipendenti e si stabilisce con decreto che non valgono per loro i limiti massimi di stipendio.
Un bel regalo per i soliti che potranno vivere comodamente a spese dello stato in attesa che arrivino, se mai arriveranno, i miliardi per costruire il ponte.
Dovrebbe anche qui valere la solita regola, mai tanto violata, del buon governo: prima si stabilisce l’impegno finanziario (anche senza stanziare immediatamente i soldi), poi si assume e si prendono impegni.
Perché altrimenti si sprecano solo fondi pubblici, operazione utile a ottenere voti e consensi, ma non a far avanzare il Paese
di Angelo Gazzaniga