In questi ultimi giorni si conclude (speriamo) una vicenda a dir poco sconcertante:
L’Alitalia (o ITA che si voglia) dopo dieci anni in cui è fallita tre volte ed è costata a noi contribuenti qualcosa come dieci miliardi viene ceduta a Lufthansa per la modica (!) cifra di 2/300 milioni. Ovvero lo Stato ci ha rimesso tutto quello che ha investito (o meglio buttato) per rimanere con il 60% del capitale, e quindi del rischio, di una società che viene gestita in toto da altri.
Tutto questo lo si poteva prevedere sin dall’inizio quando si è rifiutata un’offerta ben più consistente di Air France in nome della presunta “italianità della compagnia di bandiera”; italianità che nascondeva interessi ben più prosaici e inconfessabili quali la salvaguardia di un bacino di voti importante. Perché già allora era evidente che solo un’altra compagnia dotata di esperienza, capacità di gestione e soprattutto di una rete di collegamenti poteva salvare una compagnia distrutta da sprechi, cattive gestioni e intromissioni politiche.
Questi sono i risultati di una politica che privilegia gli interessi immediati e di parte a una visione che guarda al futuro e agli interessi del Paese.
Una storia simile sta avvenendo in questi giorni: da anni la BCE sta comprando titoli di stato italiani (e non solo italiani, ovviamente) a miliardi e sta tenendo i tassi artificiosamente bassi per contrastare le crisi che hanno contraddistinto questi ultimi anni. È ovvio che questa “pacchia” debba prima o poi finire: i tassi sono destinati a salire per contrastare un’inflazione nata non solo dalla crisi delle forniture energetiche, ma anche dall’enorme massa di denaro a costo zero che circola in Europa e la BCE prima o poi dovrà cominciare a cedere (cioè a vendere) la massa di titoli che possiede.
Una situazione oltremodo difficile per un Paese come l’Italia che ha un debito enorme e che deve solo quest’anno acquistare sul mercato qualcosa come 400 miliardi di titoli (quando aumento dell’3% del costo del denaro significa 12 miliardi di costo in più).
Anche in questo caso anziché pensare a come mitigare l’inevitabile impatto qualcuno comincia ad accusare la BCE di fare una politica anti italiana, di tradire gli interessi dell’Italia; un discorso utile ad accontentare forse la propria ala sovranista e nazionalista, ma inutile e controproducente nei confronti del resto dell’Europa che alla fin fine è quella che ci da i soldi.
In tutti e due i casi un comportamento che porta qualche vantaggio (politico) a breve termine ma che, alla fine, quando i nodi verranno al pettine, sarà foriero di grossi guai.
di Angelo Gazzaniga