Scopo e funzione dell’imprenditore dovrebbe essere quello di coordinare i vari mezzi di produzione, prevedere l’andamento del mercato, soddisfare al meglio le richieste di clienti, prevalere sulla concorrenza.
Sono concetti accettati ovunque ma che in Italia sembra debbano essere integrati o sostituiti da altre capacità.
Lo vediamo un’altra volta in un capitolo particolare della storia che ha coinvolto la Liguria: un imprenditore affermato e facoltoso come il genero di Caprotti, dirigente di Esselunga, ha foraggiato la classe politica genovese per ottenere l’apertura di un supermercato a Genova.
Ora delle due l’una, come si dice: o l’apertura di un nuovo supermercato era lecita e allora ecco un caso lampante di concussione (il politico ha preteso denaro per non opporsi a un atto lecito) altrimenti l’apertura violava leggi o regolamenti e allora ecco un caso di corruzione (ottenimento di un favore illecito in cambio di denaro).
In ambedue i casi è evidente come la vera abilità di un imprenditore italiano sia in primis quella di fare conoscenza, blandire o peggio ancora appoggiare illecitamente il politico di successo del momento: indubbiamente una capacità anche questa ma sicuramente non propria di un Paese moderno, libero ed efficiente.
Solo con chiarezza e semplicità della normativa (per non permettere la ricerca del cavillo o della procedura adatta a ritardare all’infinito i permessi), con una magistratura efficiente (che possa giudicare velocemente certi comportamenti senza dover aspettare anni per una sentenza) e con una legge elettorale che permetta al cittadino di scegliere il proprio candidato, eleggerlo e giudicarlo alla fine del mandato si potrebbe porre un limiti a questi comportamenti.
di Angelo Gazzaniga