Il titolo di un celebre film western può ben essere utilizzato per definire i vari tipi di spesa.
In un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando diventa importante aumentare la spesa, anche in deficit, pur di sostenere la ripresa: in pratica il “deficit spending” di keynesiana memoria.
Ma non si può, e non si deve, fare di ogni erba un fascio: è fondamentale distinguere il tipo di spesa.
Esiste infatti una spesa:
- “buona” quando serve a migliorare le infrastrutture (purché siano davvero utili), aiutare le imprese a crescere, investire in scuola e cultura per garantire un futuro migliore ai giovani, creare una sanità davvero efficiente che garantisca la salute a tutti i cittadini, ecc.
- “brutta” quando viene impiegata per creare posti di lavoro inutili, per sorreggere imprese ormai decotte, per progetti faraonici ma senza effettivo utile
- “cattiva” quando viene impiegata per favorire gli amici degli amici, per frenare la concorrenza attraverso iniziative corporative o peggio, per iniziative che niente hanno a che fare con l’economia ma piuttosto con gli interessi privati di qualcuno.
Dovrebbero essere queste le preoccupazioni di ogni elettore: cercare di capire non tanto quanto i candidati promettono di spendere (cosa di cui tutti sono capaci), ma come e dove intendono spendere.
Questo dovrebbe essere il fulcro di una campagna elettorale matura e autenticamente democratica: discutere sul tipo di spesa perché dovremmo ormai aver capito che i debiti prima o poi vanno restituiti (o almeno gli interessi) e che solo i debiti “buoni” giustificano il farne di nuovi.
C’è qualche candidato che ha affrontato questi problemi anziché ricorre a slogan o frasi di grande effetto ma nessun spessore?
di Angelo Gazzaniga