Ormai è tutto un parlare di dazi: sembra che la discussione non sia tanto su se intrudurli, ma su quando e di quanto.
Come sempre non esiste un tutto e un niente: anche per un liberale è giusto porre dazi che contrastino politiche di dumping o di sussidi rivolti alle sole industrie nazionali: è il caso delle auto cinesi che costano meno non solo perché in quel Paese i costi della manodopera sono inferiori e gli sviluppi tecnologici nelle auto elettriche più avanzati ma anche e soprattutto per la politica di aiuti indiscriminati del governo alla produzione.
Ma è una materia, quella dei dazi, da maneggiare con cura e attenzione: già Ricardo due secoli fa ammoniva di come il protezionismo alla fine danneggia tutti. Danneggia ovviamente il venditore ma anche il compratore che vedrà porre dazi sui suoi prodotti come ritorsione (basti pensare a quanto noi esportiamo in Cina) e che vedrà penalizzati i suoi consumatori (cioè i propri cittadini) che si troveranno costi aumentati perché le industrie produttrici nazionali non avranno lo stimolo della concorrenza e potranno vendere a prezzi maggiori.
Si tratta perciò di evitare quanto più possibile guerre commerciali, destinate a riverberarsi sui costi e quindi, di riflesso, sul benessere nazionale.
Un esempio di come la passione per il protezionismo abbia successo si ha nella proposta elettorale di Trump di sostituire in toto le imposte sul reddito con i dazi di importazione (Proposta “All Tariff”). Si tratta di una proposta evidentemente irreale per diversi motivi:
- per sostituire tutte le imposte sul reddito i dazi dovrebbero avere aliquote inimmaginabili
- lo Stato avrebbe ogni anno spese certe (le uscite prima coperte dalle imposte sul reddito) e entrate incerte (le entrate sui dazi quantificabili solo a fine anno)
- verrebbero favoriti in modo inaccettabile i redditi maggiori (che potrebbero comunque sostenere le maggiori spese per l’importazione di beni) e compressi i redditi dei meno abbienti che dovrebbero rinunciare a quanto importato e comunque pagare un maggior costo anche per i prodotti nazionali (per cui ci sarebbe meno concorrenza).
Una proposta come si vede assolutamente irrealizzabile ma con un forte impatto propagandistico che dimostra appunto come l’argomento protezionismo sia contemporaneamente deleterio per l’economia e utile per una campagna elettorale.
Occorre, come sempre dovrebbe fare un vero liberale, conoscere e considerare prima di decidere altrimenti andiamo inesorabilmente verso una guerra dei dazi che non farà bene a nessuno.
di Angelo Gazzaniga