QUANDO IL GOBBO CONSEGNO’ DELLE FOTO A KAROL WOJTYLA

Data:

Il rispetto della cosiddetta “presunzione d’innocenza” verso Giovanni Paolo II non
dev’essere un alibi per un garantismo peloso, e vanno citate le fonti dichiarative

“Santità, non vorrei che a colpirla fosse qualcosa di più pericoloso di un teleobiettivo”
Giulio Andreotti a Karol Wojtyla, 1981 “I banchieri di Dio”

Mi chiedo se la III guerra sia compatibile con la restituzione di Emanuela ai suoi cari. Lo Spirito dei Tempi rimescola le sue carte, con olimpica indifferenza alla pietas. Direi comunque più di no che di sì. Il falso e l’autentico rivaleggiano in parità, e abbiamo bisogno del genio artistico di Martin Scorsese per rendercene conto; “The Departed – Il Bene e il Male” è un’opera magistrale che va al di là del bello e del brutto. Nella vicenda di Emanuela Orlandi, la ragazza ADHD figlia del postino di Karol Wojtyla che oggi ha 56 anni – a dire apertis verbis che è viva sono stati Pietro Orlandi e Silvia Toffanin per ben due volte a “Verissimo” a Canale 5 – il falso e l’autentico rivaleggiano in parità fin dal 22 giugno 1983, quando il secondo Papa Agostino Casaroli fece sapere in Polonia a Cracovia al suo diretto superiore Karol Wojtyla che Emanuela era stata rapita: l’allora Segretario di Stato della Città del Vaticano, che secondo Maurizio Abbatino incontrava i ragazzini nel carcere di Regina Coeli (ma non esiste nessun procedimento giudiziario), fece sapere al suo avversario che prendeva a picconate la Ostpolitik che i Lupi Grigi chiedevano la scarcerazione di Mehmet Ali Agca in cambio della restituzione di Emanuela; in questo modo Agca, che stava incominciando a collaborare con gli inquirenti capitolini, non avrebbe fatto il nome del mandante dell’attentato in piazza San Pietro il 13 maggio 1981. Salva operazione Ostpolitik, salvo il regista della Ostpolitik. Non è possibile – caro Purgatori, se fossi vivo te lo direi – che Enrico De Pedis aveva organizzato il sequestro della ragazzina a scopo di estorsione.
L’ho già detto e lo ripeterò “usque ad nauseam”: De Pedis detto il Dandy si trovava in Corsica in una villa affittatagli da agenti dei servizi; dunque, come poteva rapire Emanuela? Soltanto sdoppiandosi… Si veda in proposito il film master piece “Romanzo criminale” di Michele Placido nella sceneggiatura di Giancarlo De Cataldo: persona informata sui fatti. I Lupi Grigi avevano la copertura della mente deviata della Segreteria di Stato della Santa Sede nell’attentato di piazza San Pietro, nel sequestro di Mirella Gregori e nella sparizione di Emanuela. Tre indizi sono una prova, per dirla alla Agatha Christie. Facciamo tuttavia un passo indietro: due anni prima del diabolico sequestro della ragazzina, che secondo Marcello Neroni e Pietro Orlandi è stata ingravidata da un uomo più in alto di Marcinkus, avviene un incontro in Vaticano tra Giulio Andreotti e Giovanni Paolo II; a parlarne è stato il defunto giudice istruttore Mario Almerighi nel soggetto “I banchieri di Dio” per conto del regista Giuseppe Ferrara, e sull’episodio è recentemente tornato a Fasanello l’ex pentito Antonio Mancini (“Licio Gelli portò le foto del Papa nudo con le suore a Giulio Andreotti”), ha detto. Scrisse Almerighi nel suo libro “La borsa di Calvi”: “Per una sintesi del provvedimento (di rinvio a giudizio per l’omicidio di Calvi, ndr), si veda Mario Almerighi, I banchieri di Dio, Editori Riuniti, Roma 2002. Parte di quel provvedimento venne ripreso come soggetto nel finale del film “I banchieri di Dio”, di Giuseppe Ferrara. Il 26 marzo 2002, dopo pochissime proiezioni nelle sale cinematografiche, la pellicola venne sequestrata dal giudice Marzia Cruciani, la nuora di Ciarrapico. Successivamente il tribunale ne dispose il dissequestro”. Attenzione al “falso verosimile”; per la cosiddetta completezza dell’informazione, va precisato però che se Licio Gelli utilizzò a scopo di ricatto le foto scabrose del Papa dal fisico atletico che faceva il bagno nella piscina di Castel Gandolfo, non si sa se anche con Emanuela e Mirella (ma sul punto, vedi le intercettazioni, deve essere ascoltato Marcello Neroni dalla Commissione d’inchiesta aspettando Godot) per ottenere finanziamenti a Solidarnosc, Agostino Casaroli fece avere queste stesse foto al suo alleato Giulio Andreotti, per guadagnare il consenso del Pontefice sotto ricatto alla linea dell’Ostpolitik. Il Divo si era laureato con la tesi “Personalità di un delinquente nel diritto della Chiesa”… Un titolo eloquente. Il risultato è che due anni più tardi Emanuela è stata rapita, come ricatto a Giovanni Paolo II: Mehmet Ali Agca, tecnicamente collaboratore di giustizia, non farà il nome del mandante a volto coperto dell’attentato del 13 maggio ’81 ma non uscirà dalle patrie galere, in cambio del ritorno a casa della povera ragazza che aveva un considerevole talento musicale nella sua iperattività da enfant prodige (che a casa non tornerà): una tragedia nella tragedia, che ha gli echi di Oswald Spengler. Chopin che si riversa nella tragedia di Archimede…
Ma ci torneremo. Pertini non darà la grazia, e la Orlandi a casa non è tornata da quarant’anni. L’estorsione a Giovanni Paolo II si avvaleva anche di un documento ricattatorio nella disponibilità della Segreteria di Stato: la lettera autografa di Roberto Calvi del 5 giugno 1982 indirizzata a Karol Wojtyla. Poi trovato appeso al Ponte dei Frati Neri due settimane dopo. Ne aveva parlato Francesco Pazienza, ex agente del Sismi alle dirette dipendenze di Giuseppe Santovito, negli interrogatori dell’ex giudice istruttore Otello Lupacchini (la cui ordinanza di 500 pagine sull’operazione “Colosseo” della Banda della Magliana è stata citata da Raffaella Fanelli nel suo bestseller “Il freddo” pubblicato da Paper First); già intervistato da Federica Sciarelli per “Chi l’ha visto?”, potrebbe essere sentito come persona informata sui fatti. Non è chiaro inoltre perché il pirandelliano Pazienza tenterà di salvare Roberto Calvi a Londra dai suoi sequestratori, collaborando con il suo nemico n.1 Domenico Sica; Frank Pazienza è l’uomo dei misteri.
In che condizioni è Emanuela Orlandi che oggi ha 56 anni? Nel 2011, il famigerato “lupo solitario” del Sismi che non diede mai le sue generalità aveva detto alla trasmissione “Metropolis” che Emanuela era stata sedata dal giorno del sequestro ad oggi, e che l’aveva vista a Londra in manicomio (cioè dai Padri Scalabriniani); pochi anni dopo, ci sarebbe stata la scoperta da parte dell’eccellente giornalista investigativo – un osso duro – Emiliano Fittipaldi delle 5 pagine del cosiddetto “Rapporto Emanuela Orlandi” detenuto nella cassaforte del Ministero per la prefettura dei rapporti economici del Vaticano: ne mancano le altre 197, che l’allora Segretario di Stato Tarcisio Bertone aveva promesso all’allora procuratore reggente del Tribunale di Roma Giancarlo Capaldo (mai consegnate: si veda la denuncia dell’ex magistrato Capaldo il 12 dicembre 2021), ma in queste pagine che recano in calce la firma di Lorenzo Antonetti si parla della “pista inglese”, e cioè del ricovero clandestino di Emanuela Orlandi dal 1983 al 1997 a carico del Vaticano per quasi mezzo miliardo di lire a Londra. Clapham Road, dove ci sono i seguaci di George Edward Moore (l’ho scoperto grazie a Robert Skidelsky). Al termine delle cinque pagine, compare la scritta “Disbrigo pratiche finali”. Secondo me, il “falso verosimile”.
Il 2 aprile 2023 a Palazzo Ducale, Andrea Purgatori parlò apertis verbis delle rivelazioni piccanti della ex compagna di scuola di Emanuela, su un fatto rivelatole dalla stessa Emanuela a una settimana dal sequestro: un uomo di nazionalità polacca l’avrebbe importunata nei giardini del Vaticano, e che cosa dire delle intercettazioni all’attenzione degli inquirenti da parte dell’agente dei servizi Alessandro Ambrosini a carico dell’ex dei Nar Marcello Neroni?
In esse, il soggetto in questione che aveva rapporti con la Banda della Magliana parla dei (presunti) rapporti dell’arcivescovo di Cracovia con Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi, e poi “è intervenuto Agostino Casaroli per mettere a posto sta schifezza”. Ecco la trascrizione dei passaggi più importanti della seconda intervista di Silvia Toffanin a Pietro Orlandi, che si collega in prospettiva alle rivelazioni sofferentemente fatte dalla compagna di classe di Emanuela per le telecamere di “Vatican girl” e ai racconti hard dell’ex terrorista Marcello Neroni.
Una sola domanda: chi aveva messo incinta Emanuela? Ai lettori il verdetto, perché “i lettori sono i nostri unici padroni”, Indro Montanelli dixit.
A “Verissimo” è andato in scena il “falso verosimile”, ma con un cambiamento decisivo nell’utilizzo dei mezzi di comunicazione da parte della famiglia Orlandi: Pietro e Silvia, e vanno ringraziati per averlo fatto, hanno detto che è viva per la seconda volta (repetita iuvant). Segno che le forze del male hanno subito scacco in concomitanza con lo “Spirito dei Tempi”, anche se questo rimane il Belpaese di Belzebù:

“Silvia Toffanin: “Allora, Pietro, tu non ti sei mai arreso; sempre combattivo, ci sono oggi dei documenti, le cose inedite di cui parleremo che tu hai portato; perché questa volta ci sono ben tre rami d’inchiesta, perché c’è la Procura, c’è il Vaticano, e poi c’è la famosa Commissione
d’inchiesta.”
Orlandi: “Si, la Commissione d’inchiesta che deve ancora partire; stiamo aspettando che si formi.”
Silvia Toffanin: “E secondo te, partirà presto oppure anche li…”
Orlandi: “B’è, sai io son sempre molto positivo; è passato un anno da quando è stata richiesta; son passati tantissimi problemi, da quando abbiamo parlato il Vaticano ha tentato di rallentarla, fermarla, però alla fine è passata: è diventata legge per Emanuela e Mirella Gregori, e adesso stiamo aspettando che tutti i partiti presentino ai presidenti di Camera e Senato le persone che faranno parte di questa Commissione e poi inizieranno i lavori. Tutti mi hanno garantito che per finire a gennaio, inizi di febbraio scorso…”
Silvia Toffanin: “Quindi sei fiducioso in questo caso?”
Orlandi: “Si, nella Commissione parlamentare che partirà sì; sono convinto che potrà fare quelle cose che non sono state fatte in passato, per tanti motivi.”
Silvia Toffanin: “Allora, oggi parliamo perché tu sei stato anche sentito in Vaticano, e mi racconti tutto. Ma cominciamo così: “Quando se n’è andata (è partito il documentario su Emanuela, ndr) mi stava insegnando Chopin; l’abbiamo interrotto perché se l’hanno portata via; mi aspetto che torna, perché finisca di spiegarmi (Chopin, ndr); sembra ancora di sentire quelle note disperdersi nell’aria calda d’estate, leggerezza di una giornata da trascorrere come tante altre. Ma che così non fu”. (Sia detto di passata, Mediaset Infinity ha fatto un ottimo lavoro, ndr). “Città del Vaticano, è il 22 giugno 1983 quando Emanuela Orlandi esce di casa per andare a scuola di musica; non rientrerà mai più. Le tv di tutto il mondo ne danno notizia; l’opinione pubblica viene scossa, le piste investigative arrivano a sfiorare l’ipotesi del terrorismo internazionale e della criminalità organizzata (legate, ndr); una giovane cittadina vaticana è sparita nel nulla, e proprio attorno a questo piccolo Stato sembrano concentrarsi più volte sguardi interrogativi di Pietro, il fratello di Emanuela.
Ogni nuova strada percorsa conduce a un vicolo cieco, fino al giorno in cui con uno dei casi che più ha segnato la cronaca italiana e internazionale si apre finalmente un nuovo capitolo; spiragli di speranza in una vicenda da cui verità e giustizia – da troppo tempo – scivolano via come da un filo di seta, dalle mani di chi non ha mai smesso di cercare la sua Emanuela.”
Silvia Toffanin: “Tu la senti viva?”
Orlandi: “Si, l’ho sempre detto; finchè non troverò i resti, per me è comunque un dovere cercarla viva.”
Silvia Toffanin: “Lei ha 56 anni?”
Orlandi: “Eh sì, è del ’68.”
Silvia Toffanin: “Quindi non è più questa ragazzina qui.”
Pietro Orlandi: “No, però per me è sempre quella bambina di 15 anni che ho visto l’ultima volta uscire di casa; io la vedo così.”
Silvia Toffanin: “Non riesci a immaginarla donna.”
Pietro: Sì, perché faccio riferimento all’altra sorella Cristina, più piccola di due anni e lei la vedo ancora come una ragazzina; quindi anche Emanuela a 56 anni sarebbe sempre una ragazzina. Io spero sempre, all’ultimo spererò di riuscire a ritrovarla; quantomeno a capire che cosa è successo, e darle giustizia.”
Silvia Toffanin: “Ci sono queste indagini in Vaticano, e tu sei stato sentito dal procuratore Diddi, quante volte?”
Pietro: “Una volta; lo scorso anno, era aprile.”
Silvia: “Ma secondo te c’è la volontà davvero di cercare questa verità, o c’è qualcuno che sta cercando di arenare tutto?”
Pietro: “Guarda, io quel giorno ero veramente entusiasta, perché dopo quarant’anni aprirono un’inchiesta voluta da Papa Francesco; mi chiamano un’intera giornata, io dico tutto di cui era venuto a conoscenza; cose molto importanti, e ho fatto i nomi di persone che erano a conoscenza di alcuni fatti che potevano veramente portare a fare dei passi avanti; lui s’era aspettato che il giorno dopo chiamassero subito quelle persone; è passato un anno, ancora non le hanno chiamate
perché ho sentito una persona; questa persona l’ho sentita l’altro giorno. Non è stata ancora chiamata; ma non c’è quella volontà, a me mi dispiace (rectius, a me dispiace, ndr) dirlo però purtroppo loro l’hanno detto chiaramente, il procuratore che è stato incaricato da Papa Francesco, Diddi, di indagare su questa vicenda è stato ascoltato in Senato prima di quest’estate, e lui ha fatto capire chiaramente che non gradiscono questa Commissione parlamentare d’inchiesta; la vedono anzi come una Commissione – le parole sue –, un’intromissione perniciosa al lavoro che stiamo facendo, e a me la cosa ha colpito. Com’è possibile, lo Stato italiano che si mette a disposizione per aiutare – questa vicenda che va avanti da quarant’anni, e tu ti rifiuti? A me, è dispiaciuto tantissimo; io ho notato che in quest’anno si è fatto di tutto tranne che provare a cercare la verità, e io approfitto della situazione per fare l’ennesimo appello a Papa Francesco, magari qualcuno glielo riporterà; lui ha voluto quest’inchiesta, io sono contentissimo perché sono convinto che lui l’ha fatto con la volontà di arrivare alla verità; ma io vorrei sapere se qualcuno lo mette a conoscenza del lavoro che sta facendo la persona che lui ha incaricato, perché o non è in grado, oppure rema contro.”
Silvia: “Però tu come fai ad avere la certezza che loro non lavorino? Magari stanno lavorando, e lo fanno insieme in silenzio; non possiamo avere la certezza matematica.”
Pietro: “Si, perché il lavoro che hanno fatto, hanno fatto dei lavori…; sono successe delle cose prima dell’estate, devo dire la verità, bruttissime; non erano mai scesi così in basso; trovare degli escamotages per scaricare sulla famiglia la responsabilità di quello che era successo (per esempio le accuse di pedofilia allo zio Mario Meneguzzi, ndr); io, fortunatamente, abbiamo fatto il giorno dopo una conferenza stampa per smentire quell’esagerazione; ma loro lo hanno fatto con uno scopo: frenare quella Commissione parlamentare; infatti il giorno dopo, alcuni senatori hanno detto: “B’è, se la questione è legata alla famiglia, non serve questa Commissione; quindi hanno remato contro in questo senso; ma il fatto stesso che…, io ho fatto il nome di 28 persone; qualcuno l’avranno anche ascoltato, ma quelle persone hanno indicato come persone che sono a conoscenza di fatti; persone interne al Vaticano, persone che erano vicine a Papa Francesco; non le hanno chiamate dopo un anno.”
Silvia: “E tu sei sicuro di questo?”
Pietro: “Eh sì, perché ci sto in contatto con questa persona.”
Silvia: “Però tu hai degli screenshot Whatsapp di persone vicine appunto al Santo Padre, in cui si parla…; cosa si dice in questi screenshot?”
Pietro: “Dunque, sono screenshot del 2014, e di queste due persone su telefoni riservati della Santa Sede, e loro parlano proprio di aver trovato una cassetta, una cassa con dentro, – non hanno specificato, ma probabilmente dei documenti, delle prove; c’è qualcosa in riferimento a Emanuela; quella cassetta è stata presa, e portata presso la Basilica di Santa Pria Maggiore, consegnata all’arciprete che era il cardinale Aprile all’epoca; è stata depositata là sotto, in un ambiente particolare.”
Silvia: “E tu vorresti che andassero a vedere se c’è?”
Pietro: “Eh, quantomeno chiamare questa persona e capire se è vero quello che ha detto; il fatto stesso che non la chiamano…; sanno loro chi è questa persona; hanno fatto il nome, e mi fa capire che non vogliono chiamarla, perché non vogliono entrare in una situazione particolare; se effettivamente a Santa Pria Maggiore hanno questo mutuo che ha indicato questa persona, dietro a questo muro c’è questa cassetta, eh vuol dire che si apre uno scenario, che per forza di cose…”
Silvia: “Ma tu come hai fatto ad averli questi messaggi?”
Pietro: “Me li ha dati questa persona, una delle due persone.”
Silvia: “Secondo te, te li hanno dati così tardi?”
Pietro: “… No, questi qua me li ha già dati qualche anno fa… Infatti ho detto: “Potevi darmeli nel 2014; non la conoscevo, perché questa persona l’ho conosciuta io, proprio con la voglia di cercare di capire…”.
Silvia: “Comunque, parallelamente, continui da solo; fai un’indagine praticamente personale.”
Pietro: “Eh certo, cerco di portare più persone possibili; tanti messaggi che mi arrivano anonimi, lettere anonime; cerco di ascoltare queste persone, per trovarmi – anche questa volta – a dirmi: “Non ho sentito quella persona, quella giusta.”
Silvia: “Certo. E poi, c’è questa compagna di classe di Emanuela, che ha raccontato che Emanuela le aveva fatto delle confidenze importanti, perché c’è anche l’ombra della pedofilia in questa storia.” (fine parte I)

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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