Per Albatros un saggio di Aldo Forbice che cerca di rispondere a una domanda che per tutti noi liberali dovrebbe essere fondamentale: a che punto siamo con la difesa dei diritti umani?
“Da seimila anni la guerra piace ai popoli litigiosi. E Dio perde il tempo a fare le stelle e i fiori”
Victor Hugo
(La poesia “Depuis six mille ans la Guerre”,1865,si trova incisa nella parete della cella 601del carcere di Scheveningen,L’Aia, dove erano stati rinchiusi i partigiani condannati a morte dalla Gestapo,tra il 1940 e il 1945).
Ormai è noto,anche perché se ne è parlato molto, i media sono scarsamente interessati ai temi della tutela del diritti umani. Se ne discute raramente perché vengono considerati “noiosi” e ripetitivi:argomenti da addetti ai lavori,da minimizzare,nascondere, come la polvere sotto il tappeto, a meno che non si tratti di grandi catastrofi umanitarie (genocidi,massacri ripetuti,violazioni sui diritti umani per lo più perpetrati da paesi occidentali,soprattutto degli Stati Uniti : quelli della Cina,della Federazione russa e della piccola Cuba non “fanno notizia”,così come le sistematiche violazioni sui diritti fondamentali che avvengono quasi quotidianamente in Africa,in Asia e in America Latina).
Anche la letteratura – mi riferisco soprattutto alla narrativa e alla poesia- è piuttosto avara di argomenti che abbiano come soggetto i bambini soldato,le vedove indiane che ancora oggi finiscono sul rogo, insieme al corpo del marito ,alle donne pakistane col viso devastato dall’acido,alle donne cinesi vittime della secolare schiavitù degli uomini,ai bambini sottoposti a sevizie e sfruttati anche sessualmente,al nuovo schiavismo,alle infibulazioni,ecc.).Certo, non mancano i saggi e i libri di testimonianze,di nicchia,di denuncia, ma si tratta di un fenomeno editoriale molto limitato,con la saggistica che risente pesantemente la crisi e che,soprattutto in questo campo,non “tira” più come pochi anni fa.
Del resto, che cosa ci possiamo aspettare se persino un grande storico scomparso di recente,Eric Hobsbawn,quando gli fu chiesto,nel 1995, se l’aver appreso che il massacro di 15 0 20 milioni di uomini,donne e bambini nell’Unione sovietica,negli anni ’30 e’ 40,gli avesse fatto cambiare opinione sul comunismo,rispose orgogliosamente di no. Ciò significa ,insistette l’intervistatore, che valeva la pena massacrare milioni di esseri umani ? “Certamente”, ribattè Hobsbawn.
Quello storico,c’è lo ricordiamo ,era di formazione marxista e,come dimostra un saggio pubblicato da “Nuova storia contemporanea” (diretta da Francesco Perfetti),giustificò i massacri stalinisti,l’attacco dell’Urss alla Finlandia e persino la repressione russa della rivolta ungherese.
Massacri che,lo diciamo per inciso,non erano ascrivibili solo all’era di Stalin,ma che risalivano,anzi iniziarono con la rivoluzione russa per volere di Lenin. Citiamo solo un esempio: il leader carismatico dei Soviet ,l’11 agosto 1918, ordinava ai comunisti di Penza: “Impiccate assolutamente e pubblicamente non meno di cento kulak,ricchi e succhiatori del sangue del popolo, e pubblicate i loro nomi,togliete loro tutto il grano e preparate delle liste di ostaggi”. Tutta l’operazione veniva fatta “in via amministrativa”,senza cioè processi o alcuna garanzia legale. In quei giorni le vittime della repressione ordinata da Lenin furono almeno 20 mila. Ecco da chì aveva imparato quel “galantuomo” di Stalin,che –secondo Hobsbawn – “non era totalitario”.
La saggistica ,in generale, sui diritti umani non è in alcun modo paragonabile alla vasta letteratura sulla Shoah ,che ogni anno si arricchisce per fortuna di nuovi testi.
Nella narrativa le cose cambiano sensibilmente. Infatti,dopo il definitivo tramonto del “romanzo ideologico”, dell’impegno politico e sociale dall’immediato dopoguerra ,gli scrittori italiani hanno dimostrato di essere sempre più “ reticenti”sui temi sociali e su quelli roventi sui diritti degli esseri umani e troppo spesso si rifugiano nelle eterne tematiche dell’amore,dei sentimenti,delle passioni e dell’evasione.
Eppure scrittori,come Ignazio Silone,ebbero molto da dire negli anni ’70,in proposito:
“Il primo dovere di uno scrittore –scrisse – è la sincerità. E’ il primo dovere di una società verso i suoi artisti e scrittori è di rispettarne la sincerità. Sono pertanto lontanissimo da ogni velleità di far prevalere tra gli scrittori una mia particolare concezione delle relazioni tra letteratura e politica.Personalmente io mi sono sempre sentito ‘impegnato’,direi quasi nel senso più rigoroso del termine: “impegnato”,direi quasi nel senso che il termine ha nel gergo del Monte di pietà o Monte dei pegni. Ma sono assolutamente avverso a farne una norma o una misura di valore. Non credo raccomandabile indurre altri scrittori,che spontaneamente non se la sentono,ad attenersi al medesimo criterio. Ogni scrittore deve esprimersi con la sua voce : non deve parlare o cantare in falsetto”.
Questa l’opinione di uno scrittore,che era stato un importante dirigente politico comunista,ma che poi aveva rinunciato al marxismo per il cristianesimo e un socialismo umanitario.
Vi sono però saggisti e storici contro corrente,come Steve Pinker,autore de “Il declino della violenza”,che ha scritto un libro di quasi 900 pagine per dimostrare che oltre 100 milioni di morti,fra le due guerre mondiali,la Shoah,le vittime dei gulag,genocidi,massacri interetnici, la criminalità,il terrorismo,ecc. non sono una gran cosa ,in un contesto di oltre 15 miliardi di persone. In realtà ,la cifra andrebbe moltiplicata per due ,se consideriamo anche le vittime dello stalinismo e del maoismo . Ma lo scrittore Vincenzo Cerami,cita questa cifra ricavandola da un saggio del prof. Charles S. Maier,per dimostrare che in realtà il complesso delle vittime (100 milioni di esseri umani), rappresenta appena l’1 per cento della popolazione mondiale vissuta nel corso del Novecento.
Ma dobbiamo essere contenti per questo ,come fa Pinker ? “E’ probabilmente vero che l’1 per cento dei delitti è poca cosa,ma è altrettanto vero che le immagini ancora vive dello sterminio ebraico ci raccontano il contrario: di un’epoca di abominio e di crudeltà inaudite” (Cerami).
Nel suo saggio,Pinker osserva: “Bisogna guardare i dati. E i dati ci dicono che nelle guerre ai tempi delle società non statuali (società tribali,quelle dominate dai signori della guerra,ecc.) periva circa il 15 % della popolazione,mentre oggi non si arriva neppure all’uno. Quanto agli omicidi siamo passati dai 110 su 100 mila abitanti nella Oxford del XIV secolo all’1 della Londra di metà del XX secolo.
Se ci riferiamo ai giornali ricordiamoci che le notizie sono le cose che accadono,non quelle che ‘non accadono’.
La tendenza è cambiata. Innanzitutto “la pacificazione”,ovvero il passaggio dalle società basate sulla caccia a quelle agricole,di circa 5000 anni fa,con cui si registrò un calo di cinque volte delle morti violente. Il “processo di civilizzazione”,tra Medioevo e il XX secolo con cali negli omicidi tra 10 e 50 volte.Poi c’è stata la “ rivoluzione umanitaria”,che coincide con l’illuminismo,in cui si formano movimenti per l’abolizione della schiavitù,tortura,uccisioni per superstizione. La “lunga pace”,dopo la seconda guerra mondiale. E poi la “nuova pace”,dalla fine della guerra fredda. Da allora conflitti,genocidi e attacchi terroristi sono diminuiti rispetto al passato. Infine le “rivoluzioni del diritto”,che hanno portato a meno violenze contro gli omosessuali,le donne,le minoranze etniche”.
Ma tutti questi argomenti sono sufficienti a giustificare. In qualche modo,le gravi violazioni sui diritti umani ?
Cerchiamo di capire quali sono oggi le più gravi violazioni dei diritti umani nel mondo. Lo facciamo con degli esempi.
Scena prima. Di recente si è diffusamente parlato sui media del ventesimo anniversario del genocidio in Rwanda ,che come è noto,a partire dell’aprile 1994, in poco più di cento giorni, ha rappresentato il caso più clamoroso di sterminio di esseri umani del dopoguerra,dopo quello della Cambogia dei kmer rossi (due milioni di vittime). In Rwanda furono fra 800 mila e un milione i tutsi (ma anche migliaia di hutu) lasciati a pezzi sul campo,oltre ai mutilati e ad oltre tre milioni di profughi nei paesi vicini. Se ne è parlato soprattutto per le polemiche sulle responsabilità della Francia. Il presidente Kagame ha accusato Parigi di “complicità e connivenza “ dei francesi con le bande di assassini hutu, che erano a conoscenza del genocidio in corso. Ci sarebbero prove sulla vendita delle armi agli hutu e cablogrammi che confermerebbero che l’Eliseo veniva sistematicamente informato sui massacri. La Francia aveva,sotto l’egida dell’Onu,2500 soldati,poi vi erano i militari del Belgio e di altri paesi. Ma il contingente francese,in nome di una dichiarata “neutralità”, non si mosse per impedire gli assassinii di massa. Il generale Romeo Dallaire,canadese, capo della forza militare Onu, venne ostacolato in tutti i modi. In una intervista (contenuta nel libro di Daniele Scaglione, “Rwanda,Istruzioni per un genocidio”,2010 ,Infinito edizioni),il generale dichiarò : “Se in me c’è una parvenza di serenità penso sia grazie alle nove pillole al giorno che prendo. Credo sia impossibile fare come Ponzio Pilato e lavarsi le mani della morte di 800 mila persone,di cui 300 mila bambini. Non puoi allontanarti di tutto quel sangue,da tutte quelle ferite sanguinanti,da tutti quei lamenti…Non puoi dire ‘bene,è successo tutto e io ho fatto quello che potevo’.Davvero ho fatto tutto quello che potevo ? Sarei dovuto andare da Kofi Annan o da Boutros Ghali ,gettare davanti a loro il mio incarico e dire: ‘Andate all’inferno. Nessuno è venuto a sostenermi e io me ne vado’. Avrei dovuto aprire il fuoco ? Mi fu subito chiaro che se avessi dato l’ordine di sparare saremmo diventati il terzo belligerante nel conflitto. Ma con le forze che avevo a disposizione non c’era modo di partecipare agli scontri e garantire la sicurezza dei miei soldati”. E così,con la complicità dell’Onu,della Francia,del Belgio,degli Stati Uniti e persino della Cina (da dove provenivano un milione di machete) si è compiuta l’ultima tragedia umanitaria del “secolo breve”.
Scena seconda. Da tempo sono state largamente superate le 150 mila vittime del conflitto in Siria fra le milizie di Bashar el Assad e i ribelli,sostenuti dagli occidentali,dalla Turchia,da paesi arabi moderati (ma anche da Al Quaeda).Questo “fronte” variegato di dissidenti che combatte contro il regime siriano (sostenuto dall’Iran ,ma anche dalla Russia e persino dalla Cina) ha trovato un simbolo (come era accaduto in passato in Iran con la giovane Neda, massacrata dai pasdaran durante una manifestazione contro il presidente iraniano Ahmadineyad ).Questa volta si è trattato di un ragazzo di tredici anni,Hamza al Khateeb ,rapito,torturato e ucciso dai militari siriani. Originario di Saida ,un paese a dieci chilometri da Daraa,la città dove le manifestazioni contro la dittatura militare sono cominciate per prime,proprio dopo l’arresto di una dozzina di studenti sorpresi a scrivere su un muro slogan antiregime. Durante una protesta del 29 aprile 2013 Khateeb è stato sequestrato dalle forze di sicurezza. Un mese dopo il suo corpo straziato è stato gettato davanti alla porta della sua casa. I genitori hanno reagito e hanno denunciato ,con un video trasmesso su Internet, la brutalità della repressione della polizia,che non riesce ormai a distinguere tra bambini e adulti. Il corpo di Khateeb è stato torturato all’inverosimile,ha subito l’evirazione,percosse e torture di ogni genere. Si notano sul piccolo corpo fori di proiettile sul petto,sulla pancia e sulle braccia. L’ong Human Right Watch,commentando il video,che ha fatto il giro del mondo,ha dichiarato di “non avere mai visto tanto orrore”.
Ma l’immagine che più ha impressionato l’opinione pubblica mondiale è quello dell’attacco chimico a Damasco,il 21 agosto 2013. Obama stava per lanciare un raid aereo alleato contro la Siria come punizione. Poi però venne sospeso per delle informazioni pervenute dai servizi segreti di diversi paesi. E solo nel marzo 2014 si è accertato che il campione di sarin utilizzato non corrispondeva a quello in dotazione alle forze armate siriane. In pratica,si è scoperto che si trattava di armi chimiche prodotte,su mandato della Turchia,da una cellula di al-Nusra,legati all’emiro Abd-al Ghani,una sezione dei ribelli siriani sostenuti da Erdogan. L’obiettivo era di provocare una reazione (aerea) degli Stati Uniti per imprimere ( così come era avvenuto in Libia) una inversione di rotta nella guerra, a favore dei ribelli.
Scena terza. Il 26 maggio del 2011 viene arrestato vicino Belgrado il “boia di Srebrenica”,Ratko Mladic,dopo 16 anni di latitanza. Il capo dell’esercito serbo in Bosnia è stato consegnato al Tribunale penale internazionale dell’Aja per rispondere di genocidio e di altri crimini contro l’umanità per avere fatto torturare e uccidere diverse migliaia di bosniaci musulmani (8500 ,ma forse di più,solo a Srebrenica),con la silenziosa complicità delle truppe olandesi delle Nazioni Unite. Si trattava,nella stragrande maggioranza dei casi,di civili indifesi. In questo modo la Serbia si è guadagnata il diritto a entrare nell’Unione europea. Ma ,nonostante il poco onorevole baratto,il “boia”,finalmente in carcere,dovrà pagare per i suoi crimini,anche se per il 75% dei serbi Mladic continua ad essere considerato un eroe.
Scena quarta. I talebani non amano le donne istruite. Da tempo utilizzano il gas nelle aule scolastiche per cacciare le bambine dalle aule . Sono molte decine le scuole prese di mira con armi chimiche: centinaia di alunne sono state ricoverate in ospedali. L’obiettivo è la chiusure di tutti i centri scolastici .Nausea,vomito,svenimenti,le membra semiparalizzate. Il “gas dei talebani” sta mietendo centinaia di vittime anche a Kabul,ma la maggior parte degli attentati si registra a Kunduz,vicino al confine con l’Uzbekistan.Un recente rapporto di Save the Children afferma che,tra il 2006 e il 2008,si sono registrati 2.450 attacchi alle scuole,in cui sono stati uccisi dai fondamentalisti islamici 235 persone, fra studenti,insegnanti e altro personale scolastico. Almeno 300 mila bambine non potranno accedere all’istruzione a causa delle violenze degli “studenti di Allah”nelle zone controllate dai talebani. Del resto che cosa ci si può aspettare da musulmani educati a deridere,schiavizzare le donne ? Da una parte,infatti,c’è la nuova Costituzione (approvata nel 2004),dall’altra il “codice di comportamento” deciso dal Consiglio degli Ulema nel 2012. E prevale sempre quest’ultimo: le donne afghane continuano ad essere picchiate dai mariti,sono costrette ad essere sempre accompagnate,non possono parlare con gli estranei,sono sottoposte ad angherie e violenze inaudite. Lo esigono i fondamentalisti afghani a dispetto della conclamata parità tra donna e uomo di fronte alla legge. E così tra i grandi problemi che ancora affliggono le donne afghane tre risultano di particolare importanza: i diritti individuali,l’istruzione e la salute. Ma la lunga guerra non ha risolto questi problemi di tutela dei diritti delle donne. Le intellettuali di genere femminili sono sempre odiate,combattute e uccise. E’ accaduto a una donna simbolo di 49 anni,Sushmita Banerjce, una scrittrice che lavorava in ospedale come ostetrica nel villaggio di Daygan Soraia . Un gruppo di uomini l’ha cercata a casa,hanno legato il marito e l’hanno trascinata in strada: le hanno sparato venti colpi,le hanno strappato i capelli,buttando il suo corpo davanti a una scuola coranica.
Scena quinta. Ancora le donne protagoniste, ma sempre vittime degli uomini,dei regimi totalitari e ,talvolta,delle stesse donne…quelle potenti del sistema ,succubi della cultura tribale e del fondamentalismo religioso.
Basta spostarsi in India e vi troviamo orrori simili che ricordano che le donne vivono ancora in stato di schiavitù. Il 17 maggio 2013 in India,nello Stato dell’Uttar Pradesh due donne musulmane sono state arrestate perché avevano ucciso le loro due figlie,colpevoli di essere fuggite con due uomini hindu contro la volontà delle famiglie .Le vittime,amiche fra di loro (si chiamavano Zahida,di 19 anni e Husna di 26 anni), si erano innamorate di due manovali di fede hindu,conosciuti nella loro cittadina di Baghpat. Nonostante l’opposizione dei genitori si erano sposate ugualmente. In India i matrimoni interreligiosi,come quelli fra caste diverse,sono ancora vietati. Le due ragazze ,dopo pochi giorni ,sono tornate a casa con l’intenzione di riconciliarsi con i genitori,ma le madri le hanno strangolate nel sonno. E,sempre in India,il 2014 si è aperto come il 2013,con una ragazza morta dopo un brutale stupro di gruppo e la rabbia e l’indignazione di migliaia di persone in piazza. Le aggressioni sessuali si ripetono con maggiore frequenza del passato. Questa volta hanno preso di mira una ragazza di appena 16 anni e per di più incinta. La ragazza aveva trovato il coraggio di sporgere denuncia alla polizia e quasi sicuramente è stata “punita” anche per questo. Nei primi dieci mesi del 2013 sono stati denunciati 1330 casi di stupro a New Delhi (dati Corte Suprema) e 7200 i bambini stuprati ogni anno in India (dati Unicef).
Del resto nel vicino Pakistan le donne vengono condannate a morte anche per blasfemia. Il caso più clamoroso è rappresentato da Asia Bibi,una donna cristiana di 45 anni,di un villaggio del Punjab , condannata alla pena capitale per avere pronunciato,nel corso di una lite con delle compagne di lavoro,delle frasi ingiuriose nei confronti del profeta Maometto.Del suo caso si era interessato Shahbas Bhatti,ministro per le minoranze religiose; aveva sostenuto la liberazione di Asia e l’abolizione della iniqua legge sulla blasfemia. Ma il cristiano Bhatti,com’è noto, è stato assassinato. Con la campagna di “Zapping”di qualche tempo fa (che raccolse in sei mesi oltre 160 mila firme inviate al presidente del Pakistan )Asia si è salvata dalla pena capitale ,ma è ancora in carcere in attesa di un nuovo processo.
Nel vicino Bangladesh si trovano le bimbe drogate delle città bordello. Ad esempio,a cento chilometri da Dacca, a Tangail,vi sono 17 case di tolleranza con baby prostitute di 12-13 anni (ve ne sono oltre 1000). Queste bambine,per guadagnare peso e curve,vengono costrette a ingoiare la “cow pillo”,la pillola per le mucche,uno steroide che si da alle mucche per farle ingrassare. Questo “trattamento” provoca effetti devastanti sull’organismo:provoca diabete e attacca il fegato,alza la pressione e crea forte dipendenza.
Ma la violenza sulle donne non ha confini. Il caso più emblematico in America Latina è quello di Ciudad Juarez,una città messicana ai confini con gli Stati Uniti, tristemente nota per lo stillicidio continuo di uccisioni di giovani donne: migliaia in pochi anni .Il numero esatto non è noto; quasi ogni giorno si ritrovano corpi di donne violentate e abbandonate nel deserto. E non si riesce mai a individuare i responsabili .L’impunità impera in una città dominata dai clan dei narcotrafficanti. Ma il “femminicidio” non è diffuso solo in Messico. A Città del Messico una trasmissione televisiva quotidiana ( il titolo è “Laura”,dal nome della giornalista che lo conduce) denuncia ogni giorni sparizioni,violenze e assassinii di giovani donne.
La persecuzione di genere da anni ha oltrepassato i confini di questo Stato e si è esteso a tutta l’America centrale,in particolare negli Stati di El Salvador, Honduras e Guatemala.Lo chiamano il triangolo della violenza,dove una donna può essere uccisa solo per il fatto di essere uscita di casa per andare a lavorare o a scuola (negli ultimi dieci anni più di 5mila donne del Guatemala sono state stuprate e poi uccise).
Amareggia profondamente l’impunità di cui,nella gran parte dei casi,godono i responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani: né i governi,né le Nazioni Unite, riescono a fronteggiare con efficacia l’escalation della violenza. Eppure gli strumenti sovranazionali esistono, a cominciare dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani,attualmente diretto da Navanethen Pillay,che proprio di recente ha celebrato i venti anni di vita. Proprio la signora Pillay ,in un intervento al Senato ( 10 marzo 2010), ha ribadito che l’Italia ha svolto un ruolo fondamentale nell’inserire il tema della lotta alla violenza alle donne nell’agenda del G8, “esplicitamente definita una violazione dei diritti umani e ,per certi versi,anche un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità”.
Scena sesta. La Repubblica popolare cinese sta per superare gli Stati Uniti nella crescita economica. Se anche nel 2014 la Cina registrerà un incremento del pil vicino al 10 per cento,il sorpasso con l’economia americana diventerà una realtà. Ma la Cina (un miliardo e 300 milioni di abitanti) continua a rimanere ai gradini più bassi nel mondo per la tutela dei diritti umani (pena di morte,tortura,persecuzione delle minoranze etniche e religiose (tibetani,musulmani,cristiani,uiguri,ecc.).La Cina continua ad occupare il 174° posto nella graduatoria della libertà d’espressione in 180 paesi.
Scena settima. E che cosa dire dell’ex Unione sovietica ? Dal 1970 la Federazione russa subisce profonde trasformazioni,ma i diritti umani sono ancora pesantemente calpestati. La tortura e i maltrattamenti fanno parte della routine nelle stazioni di polizia. Le condizioni carcerarie e gli affollatissimi e malsani centri di detenzione sono terrificanti e costituiscono di per sé trattamento crudele,inumano e degradante. I diritti di espressione, a cominciare da quelli della libertà di stampa,sono continuamente messi in discussione dalle autorità. Sono ricorrenti le intimidazioni,gli arresti,le condanne e gli assassinii (ricordiamo,per tutti,l’omicidio della giornalista Anna Politkovskaya) di esponenti del giornalismo,ma anche di imprenditori e manager (Khodorkoski,ecc.) ,che non condividevano le linee politiche di Putin e degli altri dirigenti politici del Cremlino. I ripetuti rapporti di Amnesty International hanno messo in luce gli innumerevoli casi di violazioni dei diritti umani in tutta la Federazione russa,in nome della lotta al terrorismo (con particolare gravità in Cecenia e,in generale,nel Caucaso).
Scena ottava. O l’inferno,come si potrebbe definire. Ci riferiamo alla Corea del Nord,col presidente-tiranno sanguinario Kim Jong-Un,che non ha avuto alcun riguardo neppure per i suoi parenti ( di recente ha fatto uccidere suo zio con tutta la sua famiglia,compresi i bambini piccoli).Ogni anno nei lager si registrano non meno di 10 mila prigionieri politici assassinati o fatti morire di fame. Ve ne sono rinchiusi oltre 200 mila; vengono sottoposti a torture e a denutrizioni: la razione di base è di 14 fagioli al giorno. Si calcola che dal 1948 in Corea del Nord sono stati uccisi o fatti sparire circa due milioni di persone nel vasto arcipelago gulag del regime comunista di Pyongyang.
Scena nona. Scena nona. Il Darfur è un paese dominato da molti anni da una dittatura sanguinaria (Omar Hassan Al Bashir,presidente del Sudan) e sostenuto dalla Cina (scambio armi con materie prime,come il petrolio) .Le Nazioni Unite hanno dimostrato una impotenza ed incapacità di grandi dimensioni. Ban Ki-moon non ha mai trovato il coraggio di definire quello nel Darfur un “genocidio” (anche se il Tribunale penale internazionale ha chiesto da tempo l’arresto di Al Bashir per crimini contro l’umanità) e di agire per fermare le stragi,promosse dal regime sudanese di Khartoum .Ma Ban Ki –Moon il 16 giugno del 2007 ha dato una stupefacente spiegazione per le 400 mila persone , assassinate da bande di guerriglieri arabi ( che hanno bruciato villaggi,distrutto pozzi,piantagioni,allevamenti, stuprato donne,abusato di bambini e bambine,vendendoli poi come schiavi). Il segretario delle Nazioni Unite ha commentato ,purtroppo, seriamente: “Il conflitto in Darfur è parte del surriscaldamento globale”.In altre parole ,le fosse comuni,gli orrori avvenuti – e ancora in corso- sono da attribuire al deserto che avanza, ai cambiamenti climatici.
Ma cerchiamo di “avvicinarci” il più possibile alla definizione di tutela dei diritti umani. Lo scrittore Alessandro Baricco ha provato a spiegare a suo figlio, di 11 anni,che cosa siano questi diritti fondamentali degli esseri umani ,ma non senza difficoltà, nonostante si fosse avvalso di un opuscolo di Amnesty International. Ha scritto: “Gli ho spiegato ( a suo figlio ) che a noi non piace il fascismo perché c’erano le autostrade ma non la libertà. ‘Libertà di fare cosa?’,mi ha chiesto mio figlio.
’Molte libertà’,ho cercato di spiegargli,’ma se vogliamo andare al cuore del problema non c’era una reale ,effettiva libertà di pensare quello che volevi e di esprimerlo ad alta voce. A parte il fatto che se trovavi da ridire sul regime ti ritrovavi senza lavoro o in galera,o peggio,ma a parte questo,il problema era che proprio ti si impediva di avere un cervello tuo,con dei pensieri,delle tue idee,magari anche sbagliate,o un po’ grulle,ma tue. Tutti in fila a imparare le parole d’ordine del capo, e fine della libertà di pensare’,gli ho detto.”
Peccato che Baricco si sia limitato a parlare del regime fascista,senza estendere il discorso a Hitler, a Stalin , a Mao, a Pol Pot, a Fidel Castro e a tutti gli innumerevoli dittatori e dittatorelli che ancora oggi dominano tanti paesi dell’Africa,dell’Asia e dell’America Latina. Non solo,ma non ha saputo spiegare a suo figlio che i diritti fondamentali degli esseri umani non sono costituiti dalla generica (anche se importante) libertà. Per far capire questo concetto ha fatto l’esempio di Cuba dove si può navigare col computer,ma si può entrare “solo” in 15 siti. E suo figlio è rimasto esterrefatto dai limiti imposti dal regime. Ma Baricco non ha detto nulla sul fatto che i giovani non possono uscire dall’isola,né per vacanza,né per motivi di studio e di lavoro e neppure se devono farsi operare in un ospedale. Non ha detto nulla del fatto che gli intellettuali non in linea col regime vengono arrestati,torturati e spesso condannati ai lavori forzati o a morte. Non ha detto nulla che non esiste alcun tipo di libertà (di stampa,di parola,di organizzazione sindacale e politica).Non ha detto nulla che gli omosessuali vengono perseguitati,incarcerati,emarginati,cacciati dai posti di lavoro,nonostante il passaggio dei poteri da Fidel Castro al fratello Raul. Chissà se suo figlio ha veramente capito…
Quel vento di libertà nel Nord Africa e nel Medio Oriente fa sperare per il meglio in direzione di una vera democrazia e i diritti umani. Ma non si può essere troppo ottimisti ; talvolta le rivoluzioni portano ad altri regimi autoritari e ancora più illiberali dei precedenti,che negano la libertà,la democrazia vera e i diritti dei cittadini. I regimi a partito unico sono ancora numerosi nel mondo : vi sono quelli che ancora si definiscono comunisti o del “socialismo reale”,come Cuba, Cina, Vietnam, Corea del Nord e quelli influenzati o dominati dall’Islam fondamentalista,come l’Iran .
A oltre 65 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, i paesi di tutto il mondo registrano un bilancio tutt’altro che positivo. Lo vedremo dopo.
Intanto prendiamo atto che la lotta per la tutela dei diritti umani avviene in un mondo caratterizzato da conflitti e tensioni interne molto roventi in diverse aree del mondo. Non solo, ma i governi dei paesi in via di sviluppo devono affrontare sfide molteplici: dalla crisi economica globale ,al cambiamento climatico,al crescente degrado ambientale,alla instabilità politica,alla fame, alle pandemie e ,come si è detto,in molti casi,anche ai conflitti armati. Lo si è visto tragicamente nei Balcani,con la disgregazione della Jugoslavia e le tragedie che sono seguite,anche con gravi crimini di guerra e di crimini contro l’umanità (in Bosnia,nel Kosovo ,in Serbia). Per non parlare dei massacri e dei genocidi asiatici e africani:dalla Cambogia di Pol Pot (due milioni di vittime per decisione dei kmer rossi),al Rwanda nel 1994 .
Fra i diritti fondamentali degli esseri umani le Nazioni Unite riconoscono da tempo il diritto all’alimentazione .Lo ribadiscono spesso anche tutte le organizzazioni internazionali (Oms,Fao,Commissariato per i rifugiati,Oil,Unicef ,ecc.),visto che almeno due miliardi di esseri umani vivono nella povertà: non sono in grado di soddisfare necessità primarie ,come un alloggio dignitoso,cibo,assistenza sanitaria,istruzione per i figli,acqua e quasi 900 mila patiscono letteralmente la fame. Ormai sappiamo che esiste l’altra faccia della medaglia: un miliardo e 400 milioni di persone che abusano di cibo,lo sprecano,lo buttano via. Mezzo miliardo di persone sono obese .
Il costo della malnutrizione- ha denunciato di recente la Fao – pesa per 500 dollari a persona,per ciascun cittadino del mondo,compresi i neonati. Giustamente ha osservato qualche tempo fa Kofi Annan (segretario delle Nazioni Unite dal 1997 al 2006) :”La povertà è la nostra più grande vergogna. Finchè tra ricchi e poveri continueranno ad esistere grosse disuguaglianze,non potremo dire di aver fatto sufficienti progressi verso la realizzazione degli ambiziosi ideali espressi 60 anni fa. Il problema della povertà esige la nostra attenzione non solo per il numero degli individui coinvolti (oltre due miliardi che soffrono la fame ) ma anche perché ,se non riusciremo a contrastare le altre minacce globali,saranno i poveri a subire le peggiori conseguenze”.
Ora anche la povertà – e giustamente – è entrata a pieno titolo nella tutela dei diritti degli esseri umani. Lo sostiene anche Irene Khan,una donna bengalese che è stata ,nel 2001-2009, segretaria generale di Amnesty International (nel libro “Prigionieri della povertà”,Bruno Mondadori). Ha osservato la Khan che quasi metà della popolazione mondiale vive in condizioni di povertà e nel suo libro- dall’Egitto al Messico,all’Angola,al Pakistan ,al Bangladesh,al Darfur- dimostra con argomenti solidissimi che la povertà è la causa prevalente delle violazioni dei diritti umani. Per queste ragioni non è concepibile oggi una strategia di difesa dei diritti degli esseri umani senza mettere al centro la “guerra” alla povertà. Nell’ultima relazione come segretaria di Amnesty (2009), Irene Khan ha insistito molto sul rapporto povertà-violazioni dei diritti umani. Ha detto: “ Come nel caso dei cambiamenti climatici,così accade per quanto riguarda la recessione economica globale:i ricchi sono responsabili della maggior parte delle azioni dannose, ma soni i poveri a subirne le peggiori conseguenze. Dai lavoratori migranti in Cina ai minatori della regione del Katanga,nella Repubblica democratica del Congo,la gente che cerca di tenersi fuori dalla povertà subisce conseguenze terribili .La Banca mondiale ha stimato che nel 2014 altri 53 milioni di persone diventeranno povere andando ad aggiungersi ai 150 milioni di persone colpite dalla crisi alimentare del 2008,annullando i progressi conseguiti nel passato decennio. Secondo l’Oil (Organizzazione internazionale del lavoro) ,tra 18 e 51 milioni di persone potrebbero perdere il lavoro. L’aumento vertiginoso dei prezzi dei prodotti alimentari è la causa di fame,malattie. sgomberi forzati,ipoteche su beni personali,mancanza di abitazione e disperazione”. E’ inevitabile l’impatto di tutto questo sui diritti umani.
La situazione non è migliorata negli ultimi anni. Anzi, il Rapporto 2012 di Amnesty International (l’analisi dei diritti umani in 198 paesi), documenta casi di restrizioni della libertà in 89 paesi ,casi di dissidenti (“prigionieri di coscienza”) in 48 paesi,denuncia torture e altri maltrattamenti in almeno 98 paesi e riferisce di processi iniqui in almeno 54 paesi.
In Cina le autorità fanno capire che le esecuzioni ogni anno si aggirano sui 1000,ma le ong sui diritti umani sostengono che bisogna almeno decuplicare quella cifra. Il regime,infatti, non rivela ufficialmente il numero dei giustiziati,anzi lo definisce ancora un “segreto di Stato”. Allo stesso modo si comportano la Corea del Nord,il Vietnam e la Malaysia .
Al secondo posto troviamo l’Iran (314 esecuzioni),seguito dall’Iraq (129,raddoppiando il numero rispetto al 2011), Arabia Saudita (79) , Stati Uniti (43,anche se il Connecticut è diventato il 17° Stato abolizionista),lo Yemen (28),il Sudan (19),l’Afghanistan (14),Gambia (9) e,al decimo posto,il Giappone (7).
La pena di morte viene ancora comminata anche per reati non di sangue in
Cina,India,Iran,Indonesia ,Pakistan,Arabia Saudita,Singapore, Thailandia,Yemen,Malaysia,Emirati arabi (traffico di droga); in Pakistan e Iran (blasfemia,apostasia, ostilità verso Dio,adulterio,sodomia); in Cina (reati economici);in Kenya,Zambia,Arabia Saudita (furto aggravato , stupro e stregoneria).
Come si vede, nel terzo millennio si può essere ancora condannati al patibolo per stregoneria,adulterio e furto.
Sulla nascita del concetto di diritti umani vi è sempre stato storicamente un grande dibattito (ma anche polemiche infuocate ) tra studiosi liberali,di matrice socialista e quelli di ispirazione cristiana. E’ vero che la prima grande teoria espressa nel mondo moderno dei diritti inviolabili e imprescrittibili degli esseri umani è stata elaborata da un pensatore cristiano,John Locke,la cui dottrina ha avuto un grande rilievo nella civiltà occidentale. Nel “Secondo trattato sul governo” (1690) Locke afferma che il potere politico ,che viene istituito dagli uomini al fine di proteggere la loro vita,la loro libertà e i loro beni,non può avere più diritti di quelli che gli vengono trasmessi. Vita,libertà e beni sono infatti diritti umani insopprimibili e le “obbligazioni della legge di natura-dice Locke- non cessano nella società,ma in molti casi diventano più coattive”. Gli stessi concetti li ritroviamo nei filosofi marxisti e negli intellettuali e politici del filone socialista libertario e anarchico (da Turati, a Prampolini, Kuliscioff,alla Balabanoff,a Bakunin,Errico Malatesta,sino a Buozzi , Silone,Nenni,Pertini e Saragat).
Ma quando si parla di diritti umani il nostro pensiero va subito alla Dichiarazione francese dell’89. C’è però da ricordare che quello storico documento ha alle spalle i “Bill of Rights” sugli stati americani (Massachusetts,Virginia,North Carolina,Maryland ,ecc.) che i rivoluzionari francesi conoscevano molto bene. Infatti,senza la “Dichiarazione dei diritti degli Stati americani” sicuramente non ci sarebbe stata la Dichiarazione francese dell’89. Lo hanno confermato gli studi di George Jellinek ,nel suo saggio “La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”. Jellinek ha osservato che “l’idea di fissare in forma di legge i diritti innati,inalienabili e sacri dell’individuo non è di origine politica,bensì religiosa.” Ovviamente ,come si è detto, gli intellettuali di cultura liberale e socialista la pensano diversamente. Ma non credo che questo confronto di idee sulle radici storiche dei diritti umani sia oggi molto importante. Forse è più significativo ricordare, che dopo la Shoah ,con i processi di Norimberga ai gerarchi nazisti , condannati per crimini contro l’umanità ,è nata la “Dichiarazione universale del diritti dell’uomo del 1948 e,successivamente ,la “Carta europea dei diritti dell’uomo” del 1950, una Convenzione ratificata dai 47 Stati membri che salvaguarda i diritti dell’uomo e protegge le sue libertà fondamentali. Grazie a questo trattato l’Unione europea ha il potere di intervenire per combattere le discriminazioni,basate su sesso,razza,origine etnica,età e orientamento sessuale. Una “Carta” ,che è stata ampliata e arricchita di nuovi diritti il 18 dicembre 2000. Nei suoi 54 articoli si parla di dignità,libertà,uguaglianza,solidarietà,cittadinanza,con alcune “disposizioni finali”. Principi che prefigurano quelli della Costituzione europea ,ispirata ai più alti obiettivi della convivenza.
Ma ,anche nella conquista dei diritti umani,purtroppo non c’è nulla di irreversibile. Sono diversi i paesi europei,fra cui la Gran Bretagna,che considerano sempre più la Convenzione come un “fastidio” e,di tanto in tanto,minacciano di uscirne. Secondo il premier David Cameron la “Carta” impedisce il rapido espatrio di “soggetti indesiderati”,come sospetti terroristi, che per evitare l’espulsione si appellano proprio ai principi sanciti dalla Convenzione.
E’ lo stesso “fastidio” che hanno portato gli Stati Uniti a non aderire al Tribunale penale internazionale,per il timore di possibili incriminazioni di propri militari nelle operazioni di guerra nelle diverse aree del mondo.
Con questi importanti documenti di principi ha cominciato tuttavia ad avviarsi quella “cultura” dei diritti individuali e collettivi delle persone che in passato non erano mai stati tenuti in alta considerazione. C’è però da osservare che le “Carte dei principi”, sottoscritte dalla maggior parte degli Stati del mondo, non sempre hanno trovato applicazione. Anzi, in molte aree della Terra ,sono sempre state considerate assolutamente teoriche e comunque “non applicabili”.Le guerre locali,di indipendenza,di liberazione dal colonialismo,di occupazione,di conquista,di “difesa”,asimmetriche,ecc. non hanno mai ceduto il passo alla diplomazia,al confronto,alla pace ,al rispetto dei diritti degli esseri umani. Non solo, ma in questi ultimi decenni il coinvolgimento deliberato e pianificato delle popolazioni civili nei conflitti è stato costante,con la conseguenza che sono state oggetto di violenze e di attacchi da parte dei combattenti armati (come confermano anche le nefaste “pulizie etniche”).Donne,anziani,bambini sono diventati spesso l’obiettivo primario degli eserciti e degli altri gruppi armati. Gli studiosi stimano che ormai le vittime civili nei conflitti superano l’80 per cento ,rispetto al 20% di quelle militari. Fra le vittime bisogna anche considerare lo “stupro di guerra” nei confronti delle donne e dei bambini (violentati,torturati, uccisi,ma in diverse regioni- come l’Africa,l’Asia e l’America Latina- vengono utilizzati anche come schiavi e soldati).Le donne e i bambini sono sicuramente “l’anello debole” di una catena di odio,di scontri armati, che si traducono in orrori indescrivibili,soprattutto in Africa,dove le guerre sono ancora numerose e influenzate dai vecchi e nuovi colonialismi (fra questi ultimi ormai spicca particolarmente la Cina).
Oggi esistono numerose Convenzioni internazionali e,dal 2002,la Corte internazionale dell’Aja.Ma i paesi su cui ha giurisdizione questo Tribunale sui crimini contro l’umanità non è stato riconosciuto da molti paesi (fra cui ,come si è detto,gli Stati Uniti,ma anche Iran,Sudan,Israele,Russia , India,Cina).E quindi i suoi poteri sono,purtroppo,ancora limitati.
Pensiamo che se le dichiarazioni di principi,le Convenzioni delle Nazioni unite e delle sue agenzie per essere rispettate (come la moratoria sulle esecuzioni capitali),devono essere tradotte in leggi dai paesi firmatari. Se questo non avviene le convenzioni e le delibere assembleari dell’Onu si traducono in semplici esortazioni,totalmente inefficaci o semplici denunce all’opinione pubblica,che lasciano il tempo che trovano,con un valore persino meno significativo di quelle di Amnesty International,dell’Unicef,
di Save the children e delle altre ong umanitarie. Tuttavia l’impegno sistematico nella denuncia,le insistenti iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica possono portare col tempo a risultati molto positivi. Ad esempio,grazie alla continua mobilitazione dell’opinione pubblica internazionale ,è diminuito il numero dei paesi che fa ricorso alla pena di morte. In un decennio,infatti, grazie anche alle moratorie sulle esecuzioni decise a partire dal 1999, i boia sono stati mandati in pensione in 31 paesi ,mentre –come si è detto- Cina,Iran,Arabia Saudita,Stati Uniti e Yemen restano tra i paesi che più frequentemente ricorrono alle esecuzioni. Ma,mentre le esecuzioni degli Stati sembrano essere in declino ,un numero crescente di paesi continua a emettere condanne a morte per reati legati alla droga,di natura economica,per relazioni sessuali tra adulti consenzienti e per blasfemia (il caso di Asia Bibi),violando il diritto internazionale dei diritti umani che indica l’uso della pena capitale solo per i reati più gravi.
Nel complesso il bilancio delle Nazioni Unite non è stato molto entusiasmante nell’ultimo decennio.
Nel 2004 ,ad esempio,13 Stati su un totale di 53, della vecchia Commissione dei diritti umani dell’Onu non erano governati da sistemi democratici .Oggi sono addirittura 21 i paesi membri del rinnovato Consiglio dei diritti umani giudicati dittatoriali o comunque illiberali. Se la situazione al tempo del segretario generale Kofi Annan era contrassegnata da corruzione,nepotismo e irresponsabilità politica, oggi col segretario Ban Ki-Moon è anche peggio. Ma non è della gestione del Palazzo di Vetro e delle agenzie Onu che vogliamo occuparci ,ma piuttosto dello smarrimento,delle difficoltà nel mettere in atto in ogni parte del mondo direttive e principi universali che facciano compiere progressi reali ai diritti delle donne,dei minori,degli anziani e,con loro,i diritti delle minoranze etniche e religiose. Infatti non passa giorno senza che da qualche parte del mondo non giungano notizie di pulizie etniche ,stupri,assassinii politici o detenzione illegali (dalla Russia,con il conflitto permanente e silenzioso della Cecenia ,all’Africa, alla Birmania,alla Cina,all’Iran,alla Corea del Nord, all’America Latina).
In quest’ultimo subcontinente ricordiamo le gravi e sistematiche violazioni che avvengono in Venezuela,da parte del presidente Nicolas Maduro .Il successore del dittatore Chavez ,che guida una nazione considerata il quarto produttore di petrolio nel mondo,sta portando il suo paese sull’orlo della bancarotta. Non solo , ma Maduro ha ristretto gli spazi di libertà ,bandendo persino le telenovelas perché – ha commentato – “fomentano l’odio e lo spirito negativo di emulazione”.
Ricordiamo poi anche il regime castro-comunista di Cuba. Si sperava che il cambio della guardia ,da Fidel al fratello Raul Castro,potesse rappresentare un cambiamento reale nell’allargamento degli spazi di libertà e di tutela dei diritti umani. Una pia illusione,subita svanita. Il rinnovamento è stato timido e scarsamente efficace: le carceri continuano a riempirsi di dissidenti e le proteste vengono messe a tacere ,con la sempre più rigida repressione di ogni forma di libertà di stampa e di opinione.
Non si registra dunque una vera tregua nelle violazioni dei diritti umani. E,come si è detto, non bastano le leggi,le convenzioni,i trattati e le raccomandazioni dell’Onu e dei parlamenti sovrannazionali,come quello europeo. Non sono sufficienti neppure i “controlli”,le indagini ,le ispezioni di organizzazioni internazionali,come Amnesty e Human Right Watch,che tuttavia svolgono un fondamentale lavoro di “sentinelle”dei diritti,con denunce e campagne internazionali, Talvolta però singoli testardi “cacciatori di dittatori” compiono temerarie operazioni di gran lunga superiori a quelle fatte da grandi e attrezzate ong; operazioni individuali che rimarranno nella storia delle “imprese” umanitarie. Come quelle realizzate dall’avvocato Reed Brody,che ha trascorso trent’anni per inchiodare alla sbarra dittatori terribili,come il cileno Augusto Pinochet,l’haitiano “Baby Doc”Duvalier ,il chadiano Hissène Habrè ,col seguito di stuoli di aguzzini responsabili di atrocità inaudite in America Latina,Africa e Asia.Ha dichiarato di recente questo “cavaliere dei diritti umani”: “Per farcela,servono una volontà tetragona,corvèe snervanti di ricerche e di viaggi e soprattutto la profonda convinzione che anche un semplice cittadino possa cambiare il mondo”.
La sensibilizzazione umanitaria dell’opinione pubblica è cresciuta molto in questi ultimi anni. Una constatazione che contrasta nettamente con l’alto prezzo di sangue e di sofferenze ( citiamo,ad esempio,la persecuzione costante dei cristiani in diversi paesi dell’Asia e dell’Africa)che continuiamo a registrare. E questo perché le istituzioni,internazionali e nazionali,i partiti politici,i sindacati e le stesse strutture religiose non sempre si impegnano con decisione e continuità,promuovendo leggi e iniziative efficaci , al fine di superare la fase delle semplici e inconcludenti esortazioni.
C’è ,infine,una riflessione che vorremmo tentare,prendendo in prestito anche il contributo di un lucido intellettuale ,che ha compiuto cento anni, Nel suo libro (“Irritazioni”,Castelvecchi),Gillo Dorfles,scrive: “Stupisce e indigna il fatto che di fronte a delle situazioni penose ,sgradevoli addirittura estreme,come stupri,omicidi ,fondamentalismi religiosi,la gente sia,non dico del tutto indifferente,ma poco partecipe. Come è anche incredibile la smania di avvicinare cose strepitose,occasioni eccezionali. In fondo,rispetto a questo aspetto sociale molto negativo,una ‘catastrofe’,nel senso di qualcosa che smuove sin dalle basi la nostra stessa esistenza, potrebbe essere in un certo senso anche positiva. O forse l’unica soluzione. Perché sia il fanatismo che l’indifferenza,complementari come sono,si rivelano entrambi molto perniciosi. Da una parte attentati ed eccidi terribili ,dall’altra si vedono persone passare come se niente fosse,nella completa assenza di partecipazione,di fronte alla miseria,alla povertà,alla sporcizia,di cui abbiamo esempi continui… Cinquanta o sessant’anni fa c’era meno indifferenza ? Quando erano meno sviluppati i mass media,l’uomo era più sensibile alle sventure altrui ? Io credo di sì…Ho la sensazione che oggi ci sia una certa anestesia indotta sicuramente dall’assuefazione. Il nostro video quotidiano è il grande corruttore etico, e la videocrazia è l’oggetto di tante mie irritazioni. Attraverso la televisione siamo ormai abituati ad assistere ogni giorno a spettacoli molto spesso clamorosamente negativi. Pensiamo soltanto al dramma degli incidenti sul lavoro. Oggi avvengono ogni giorno e l’indomani si è dimenticato tutto ( ma questo vale per ogni sorta di tragedia umanitaria nda) .La tv ha anestetizzato la sensibilità”.
Concordo pienamente con quanto afferma un grande saggio (Gillo Dorfles),ma sono convinto che gli esseri umani possono fare molto di più oggi ,a condizione che riescano a muoversi al di fuori di ogni fanatismo politico e religioso; se riescono a far prevalere la ragione,anteponendo l’azione per combattere ogni forma di violenza al fine di “costruire” un nuovo umanesimo ,che veda al centro di ogni iniziativa la libertà,la crescita civile e culturale dell’uomo e della donna, come individui,con i loro diritti e i loro doveri verso la comunità.
Aldo Forbice