Un piccolo schizzo di vita quotidiana a Kiev
Siedo al solito tavolino del Linas Café dietro la vetrata semiaperta che affaccia sulla parte anteriore di Besarabs’ka plošča da cui si estende una vista verso l’ascendente e ampio boulevard Ševčenko, lungo l’eleganza del quale si stagliano alti tigli a formare un prospettico corridoio centrale in stile tipicamente sovietico: proprio come “Unter den Linden” nella vecchia Berlino est.
Attendo una porzione di falafel. La cameriera ucraina mi ha appena porto in modo affabile un succo di carote. Il gestore, un giovane e socievole libanese, giunto inizialmente a Kiev per studiare e insegnare arabo, discorre placidamente con alcuni conoscenti al riparo da una pioggerella semi estiva che ripulisce l’aria essiccata e arroventata di Besarabs’ka.
Mi accingo ad assaggiare il falafel nel via vai ininterrotto di quel tardo pomeriggio di maggio. Dal mio posto privilegiato osservo gli sporadici clienti disposti sui tavoli interni; noto l’incedere frettoloso delle ragazze illeggiadrite, rivestite con abiti sottili e variopinti che, come volatili, s’interescano e attraversano Kreščatyk .
Da qualche istante mi sono assorto a gustare il cibo e riflettere sul contenuto dell’imminente lezione. Improvvisamente, come apparso dal nulla, scorgo un uomo sulla cinquantina, altezza media, calvo, volto tondeggiante alla Nikita Chruščёv; indossa pantaloni e camicia a mezze maniche, entrambi chiari, sotto il braccio si protende un borsello di pelle scura che mi riporta alla mente lo stile degli anni settanta italiano. La sua espressione si associa all’uomo sovietico di tempi forse andati. Il nostro sguardo si incrocia per un istante. Sembra un cliente. Forse no, un ispettore del lavoro. Si avvicina al bancone verso il quale l’aveva preceduto, senza essere notato, qualche attimo prima, il gestore. Con voce profonda e in un russo ben moderato chiede se tutto è a posto con il sistema elettrico, additando verso il soffitto, distogliendo così l’attenzione degli sporadici clienti. Mi lascio ingannare anch’io. Proseguo il pasto frugale. Eppure la curiosità per quella figura insolita mi spinge a guardarlo con il sottocchio sinistro. Non ordina! Un secondo dopo ringrazia il contrito titolare e si accinge ad uscire. Faccio appena in tempo a notare il mazzo di banconote che cela frettolosamente nel pugno sinistro. Con fare indifferente si dilegua come un bagnante sornione nel mare di gente, fino a sommergersi nella folla. Riesco appena a notare la celerità e la cura con cui ripone la “tangente” nel borsello di pelle.
A pensare che tutto ciò accade qualche giorno prima delle elezioni presidenziali ucraine: a Kiev e una parte di Paese si fanno solenni proclami contro la corruzione e si annunciano valori europei di democrazia, rispetto e libertà personali.
Chabary = tangente, pizzo.
Plošča = piazza.
Kreščatyk è il nome del corso principale di Kiev.
Kiev, 20 maggio 2014
Salvatore Del Gaudio