Si continua a discutere di leggi sul lavoro: ma il vero lavoro si crea permettendo alle piccole e medie imprese di vivere e di espandersi: non soffocandole con la stretta creditizia
Per iniziare, vorremmo chiedere: ma perché si deve usare l’inglese anziché l’italiano per indicare norme e concetti italianissimi?
Forse che utilizzare “norme sull’impiego” e “stretta creditizia” è meno immediato o meno comprensibile? Non auspichiamo certo la traduzione di tutto in italiano (il famoso “arzente” per “cognac” mussoliniano), ma dove è possibile usare la nostra lingua…
Il problema vero però è un altro: si parla di risolvere il problema della disoccupazione con una nuova legge sul lavoro. Cosa in sè non solo utilissima, ma doverosa: in Italia da sempre una moltitudine di leggi, norme, regolamenti di stampo garantista soffoca il mercato del lavoro rendendolo sempre più ingessato e ingiusto: in questo modo si ostacolano sia le imprese sia coloro che cercano un lavoro.
Ma il problema centrale di questi tempi è la stretta creditizia: difficilmente un imprenditore assume nuovi lavoratori soltanto quando vengono abbassate le tasse sul lavoro o semplificate le norme; un impresa crea nuovi posti di lavoro se e quando ha prospettive di sviluppo: io assumo se ritengo di poter aumentare la produzione.
Ma un’impresa non può pensare di aumentare la produzione, creare nuovi mercati (e quindi assumere) se non ha i mezzi finanziari per farlo.
E questi mezzi finanziari possono venire solo dalle banche: si ha un bel dire che l’Italia è troppo “banco-dipendente”: in realtà altri mezzi di finanziamento quali la borsa o il mercato obbligazionario sono opportunità riservate solo alle grosse aziende, mentre la gran parte delle nostre sono piccole o tutt’al più medie.
Non sarebbe più opportuno che lo Stato incoraggiasse il credito alle aziende che producono e assumono (o conservano) mano d’opera?
Invece sinora lo Stato ha incoraggiato le banche ad acquistare Buoni del Tesoro italiani per tamponare la crisi del 2011 e sostenere lo spread: infatti le banche (nonostante tutte le loro colpe e malefatte) non possono essere accusate di ottenere credito presso la BCE a tassi bassissimi (0,50%) per acquistare BOT o CCT che sono investimenti a tasso accettabile (4/5%) e soprattutto senza rischi: ognuno è libero (e anzi obbligato) a fare l’interesse proprio e dei propri azionisti.
Un libero mercato non è fatto solo di leggi semplici, chiare e non distorsive e di paletti per evitare la nascita di oligopoli o monopoli; è fatto anche di provvedimenti che garantiscano pari condizioni a tutti; e quello di incoraggiare il credito alle piccole e medie aziende sarebbe un provvedimento che andrebbe proprio in questa direzione. Occorre garantire anche a loro, che sono la spina dorsale dell’economia italiana, la possibilità di restare sul mercato a pari condizioni con le altre.
Altrimenti rischiamo di avere una bella legge sull’occupazione che regola un deserto.
Angelo Gazzaniga