L’immigrazione è una risorsa e un dovere per i nostri paesi ricchi e democratici, ma se è illegale può diventare un impoverimento: cosa fare?
La prova è quanto sta accadendo agli imprenditori turistici siciliani. Arrivano le disdette dei turisti. Molti di coloro che quest’estate avrebbero trascorso un po’ di vacanze sulle splendide spiagge di Agrigento, Catania, Siracusa, cambiano idea. Naturale. Tutti i giorni i tg trasmettono immagini di migliaia di persone che arrivano illegalmente in Sicilia. Nei primi quattro mesi dell’anno gli sbarchi sono aumentati del 823% rispetto allo stesso periodo del 2013. Mesi fa il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, aveva parlato di 600mila individui pronti a salpare dalle coste libiche per l’Italia.
Ora abbiamo la certezza che l’immigrazione irregolare, oltre a indebolire la democrazia, la impoverisce. Nel senso letterale del termine. Sottrae turismo e ricchezza. (E del resto l’operazione “Mare nostrum”, ideata dall’ex premier Enrico Letta, costa allo Stato dai sei ai nove milioni di euro al mese). Gli sbarchi in Sicilia stanno dimostrando che democrazia, pensiero liberale ed economia (quella che porta benessere e crescita) sono elementi connessi. Se viene meno uno di tali costituenti, crolla il sistema.
Già i dati dicono che il Pil del Sud è sceso del 4% nel 2013. Il 60% dei giovani meridionali è disoccupato. A ciò si aggiungano la mafia, i costi della politica nella Regione a statuto speciale e il rapporto tra i più alti tra assunti nel pubblico impiego e popolazione attiva. In tale contesto, è giusto che il lavoro di tanti bravissimi e onesti imprenditori siciliani che si mettono in gioco, sia penalizzato dalla venuta di migliaia di disperati, che giungono senza permesso e trasportati da criminali?
L’immigrazione è una risorsa, se regolamentata. Basti pensare alla storia degli Stati Uniti d’America e della Germania. La democrazia si basa sullo stato di diritto. Io cittadino, che lavoro e pago le tasse, ho il diritto di vivere, libero e in sicurezza – in un Paese dove i servizi funzionano – tra cittadini liberi, che hanno anch’essi i miei doveri e diritti. La maggioranza dei cittadini stranieri che risiedono e sono regolarmente impiegati in Italia conoscono bene tutto questo.
C’è da chiedersi. Che lavoro fanno migliaia di persone che, praticamente prive di tutto, sbarcano illegalmente sulle nostre coste? Dove dormono? Che cosa mangiano? Possono uscire dai centri di accoglienza e girare liberamente per le strade? Addirittura alcune di esse non hanno un’identità: mentre la democrazia si fonda sulla responsabilità individuale.
Ci sono prese di posizione scontate e superficiali. Innanzi tutto il buonismo dei più (“accogliamoli tutti in nome della solidarietà”). Il presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi e il ministro Angelino Alfano alzano la voce con Bruxelles (“l’Europa deve farsi carico di questa tragedia”). Dall’altra parte, a sentire la commissaria per gli Affari interni Cecilia Malmstrom, l’Europa sta dando parecchi soldi all’Italia. Dal 2007 al 2013, il 13,4% delle risorse totali destinate dall’Europa alla questione immigrazione sono finite a Roma. Oltre ai 30 milioni dopo il naufragio di Lampedusa, che causò 300 morti.
Il diritto d’asilo è insindacabile. Tutti i Paesi hanno l’obbligo di accogliere chi fugge da una guerra o è perseguitato per ragioni etiche, politiche e religiose. Tuttavia comunicare implica evitare fraintendimenti. Seppur con mille distinguo e aspetti formali, cancellare il reato di immigrazione significa far giungere a milioni di persone, che in molti casi vogliono semplicemente sfuggire con ogni mezzo (illegale) alla miseria, il messaggio sbagliato che l’Italia è (o forse sarebbe meglio: “è ancor più”) il Paese di Bengodi. Un imprenditore del turismo di Siracusa mi racconta di immigrati appena sbarcati usciti dai centri di accoglienza che scavalcano le recinzioni per tuffarsi nelle piscine di case private (“come se tutto fosse dovuto”).
Giustissimo dire che l’Europa deve aiutare l’Italia. Forse sarebbe più adatto un approccio meno retorico e più positivo. Più difficile, ma forse più utile per fermare definitivamente gli sbarchi clandestini quale fenomeno pericolosissimo per la stessa sopravvivenza della nostra repubblica, parlare d’indebolimento della democrazia, di mancanza di credibilità delle istituzioni e perdita di fiducia nella politica; d’impoverimento e degrado, di umiliazione di tanti cittadini che assistono al fatto che il loro Paese consenta simili situazioni.
Ernesto Vergani