Si parla tanto di superamento del deficit di bilancio, divenuto una specie di mantra per la UE, ma perché non si parla mai del superamento del limite dell’attivo nei bilanci dell’esportazione?
Nel trattato di Maastricht accanto all’ormai famoso vincolo di un deficit di bilancio non superiore al 3%, croce e delizia di questi ultimi anni per tanti governi, fonte di problemi infiniti c’era anche un altro vincolo, forse meno stringente, ma comunque esistente: quello che un Paese non avrebbe dovuto superare uno sbilancio attivo nelle esportazioni superiore al 6% per più di tre anni consecutivi.
In soldoni: lo sbilancio tra esportazioni e importazioni non avrebbe dovuto avere un aumento superiore al 6% per più di tre anni.
Questo per evitare il fenomeno opposto: un Paese membro che si arricchisca troppo velocemente sbilanciando l’economia di tutta la UE.
Orbene: la Germania ha un aumento dell’attivo superiore al 6% da almeno 6 anni! Nessuno fiata e nessuno osa neppure far notare che l’atteggiamento da “primo della classe” spesso nasconde anche comportamenti non proprio in linea con i trattati.
Anche se è uno sbilancio che alla fine favorisce anche l’Italia (lo sbilancio commerciale tedesco è dovuto soprattutto alle esportazioni di prodotti meccanici in cui sono utilizzati spesso pezzi italiani) non si può non notare come un’“Unione Europea della Nazioni” spesso auspicata come salvezza per il futuro dell’Europa porti inevitabilmente al prevalere degli interessi nazionali su quelli comunitari (l’Europa dei bottegai tanto cara alla Thatcher) e al prevalere degli Stati più importanti e più economicamente solidi (ogni accenno alla Germania è puramente voluto) sugli altri più piccoli o più deboli.
Una riedizione insomma di quello “Zollverein” che nell’ottocento ha portato la Germania da una confederazione di Stati autonomi all’impero prussiano!
Angelo Gazzaniga