Il grido di dolore per la crisi senza fine del Mezzogiorno dell’Italia: ma la colpa è solo della UE e del Fiscal Compact oppure anche della gestione scellerata da parte degli enti locali che, dalla Cassa del Mezzogiorno in poi, hanno preferito l’assistenzialismo, l’utilizzo del contributi per finalità private, gli sperperi?
Le Regioni del Mezzogiorno sono di una bellezza straordinaria.
Da Sapri, ad Amalfi, alle spiagge della Calabria, dello Ionio, del Salento, del Gargano fino alle stupende Isole Tremiti, è tutto un film da oscar, dove i monti sono al “punto giusto” per accogliere la neve d’inverno e sposarla al caldo sole che irraggia la sabbia dell’estate.
Qui abitano 21 milioni di esseri umani che fin dall’unita’ d’Italia invocano stesse strade, stesse autostrade, stesse strade ferrate, stessi trasporti, stessa infrastrutture, stesse strutture dell’Italia del Nord.
Si chiama integrazione o, meglio, coesione economica e sociale, l’ “invocazione” di questa area svantaggiata da sempre.
Ma l’integrazione non sarà’ mai realizzata dallo Stato centrale, anzi, sarà ’poi impedita dall’ingresso imperdonabile nell’eurozona.
Questi i veleni somministrati al Mezzogiorno.
Il “divorzio” tra la Banca d’Italia e il Tesoro (1981 ) con l’impossibilità di stampare carta moneta e il cancellato obbligo per la Banca d’Italia di acquistare titoli di credito emessi dal Tesoro per creare il “salvadanaio”, cui attingere per investimenti, soprattutto nel Mezzogiorno.
L’ingresso dell’Italia nel Sistema Monetario Europeo e il successivo impedimento del cambio flessibile per la ingenua scelta del cambio fisso.
Con un’area grande, svantaggiata come il Sud, la possibilità di svalutare la moneta avrebbe consentito di rendere concorrenziali e vendibili all’estero il made in Italy, specie dei prodotti del Mezzogiorno.
In questo scenario, la Cassa per il Mezzogiorno, l’Isveimer, le partecipazioni Statali rappresentavano la speranza del riequilibrio dell’area svantaggiata fino all’irruzione nella nostra vita della “favola-Europea” degli anni ’80, con la creazione dei Fondi Strutturali.
Gli straordinari strumenti della “Politica di Integrazione Europea e di Coesione Economica e Sociale” codificati dall’Atto Unico Europeo del 1988, che dava riconoscimento e grande impulso al “fondo perduto” del Fondi Strutturali e della Banca Europea per gli Investimenti, nati per riequilibrare le cosiddette “aree svantaggiate”, nella prospettiva che il 1 Gennaio 1993 sarebbe nato il “Mercato Unico”.
Quella data importantissima segnava il passaggio alle “famose” quattro liberta’ : di circolazione libera di esseri umani, di beni, di servizi e di capitali.
Quella circolazione, in forza del riequilibrio avvenuto, grazie alle ingenti risorse finanziarie, se totalmente utilizzate, avrebbe consentito anche ai giovani del Mezzogiorno un’emigrazione volontaria e non forzata, magari per sposare in Germania la fidanzatina tedesca, conosciuta su una spiaggia della Calabria.
Ma le Regioni del Sud ignorarono l’utilizzo delle grandi quantità’ di denaro che l’Europa metteva a disposizione di piccoli, medi e grandi progetti di Imprese, Enti, Organizzazioni, e delle stesse Regioni.
Miliardi e miliardi di lire furono restituite a Bruxelles per mancato utilizzo e, quindi, destinate, nella maggior parte, alla Germania, in particolare, che trasformò in breve tempo, riequilibrandola, in uno stupendo “giardino” la ex Repubblica Democratica Tedesca, che aveva ereditato come Paese distrutto.
Ma, nel 1993 nasceva Maastricht, il Trattato che decretava con anni di anticipo la fine del nostro Sud.
Quei maledetti “parametri”, privi di giustificazione economica e finanziaria, avrebbero rappresentano un “veleno” per l’Italia, la cui maggior parte l’avrebbe assunto il Sud.
Eccoci all’Euro : grande successo, secondo Prodi, con l’Italia che entra nell’Eurozona nonostante un rapporto Pil/debito pubblico di 60/130.
Era la prova della cattura del “pollo” da cucinare a fuoco lento.
L’ adozione dell’euro significava “tremare” di fronte al “debito pubblico” divenuto “sovrano” della nostra economia, che avrebbe dovuto dedicare ogni sforzo alla diminuzione del debito pubblico e al pareggio tra spese ed entrate.
Nel 1995, in un crescendo crudele per noi dei Sud, l’Italia firmava il “Patto di stabilità e crescita”, un altro vincolo strangolatorio che bloccava ogni investimento nel Mezzogiorno.
Si va avanti così con la crescita della disoccupazione nelle Regioni del Sud, che non riescono a mettere in pratica i Programmi finanziari dell’U.E. e ad utilizzare in toto i Fondi strutturali, nell’indifferenza del Governo centrale e di quelli Regionali.
Nel 2007, la nuova Programmazione dei Fondi Strutturali 2007-2013, assegnava ai Comuni il dovere di redigere i propri progetti di investimenti e di depositarli agli Enti Regione affinché li inviassero, attraverso il Ministero del Tesoro, alla Commissione Europea, ai fini dell’ottenimento del finanziamenti.
Tutto cio’ nello scenario delle “aree vaste” e dei “Piani Strategici”, iniziative “figlie” dell’introduzione nella nostra Costituzione e del rinnovato art.118, che introduceva il “principio della sussidiarieta’’” e il “principio dell’adeguatezza”.
Questo scenario rimase di fatto ignorato : i “Piani Strategici”, formati da opere strutturali e infrastrutturali, riguardanti aggregati numerosi di Comuni, sarebbero stati i “magneti” di attrazioni di ingenti risorse finanziarie per il riequilibrio del nostro Mezzogiorno.
Poi siamo alla crisi, che travolge le Imprese meridionali, che conduce al suicidio decine di imprenditori, che fa scappare i giovani dal Sud, che taglia pensioni, consumi, posti di lavoro e che porta Sapri, Amalfi, Soverato, Scilla, S.Maria di Leuca, Ostuni, Bari, il Gargano, le Tremiti, Camigliatello Silano, la Basilicata verso la fine.
Ultima e definitiva “dose di veleno” crudelmente e impietosamente somministrata dall’adozione del Fiscal compact, che porta l’Italia dei Governanti folli a firmare sorridenti, insieme ai Governanti ricchi e furbi dell’U.E. un patto scellerato, finalizzato a inasprire ancora di piu’ i ferrei “parametri di Maastricht”.
L’Italia fa ancora di più, smette di pronunciare la parola “Mezzogiorno”, ignora la fine di 360 mila P.M.I. meridionali, la desertificazione dei Piccoli Comuni del Sud, l’emigrazione forzata di centinaia di miglia di giovani, laureati, iscritti a graduatorie di insegnamento bloccate da 20 anni, professionisti senza più lavoro, il gravissimo fenomeno della cessazione di versamento di contributi previdenziali da parte di milioni di cittadini, e recepisce il FISCAL COMPACT addirittura in Costituzione.
A questo punto, senza un “miracolo” di S. Gennaro o S. Pio, per il Sud è la fine.
Salvatore D’Alesio