Il Premio Strega: tutto previsto, tutto lottizzato, un altro esempio di come in Italia la competizione e il confronto (tipicamente liberali) siano aborriti dalla classe dirigente
Dire che è stato uno Strega piccolo piccolo è abbastanza ovvio quindi, cartesianamente, vero. Ma qualcosa, quest’anno, si è mosso. Le denunce di Fulvio Abbate e di Giampalo Serino dal blog “Satisfiction”, per esempio, un po’ hanno mosso la “palus putredinis” (Sanguineti). E anche i ripetuti cannoneggiamenti da “il Giornale” e “Libero”. I giornaloni conformisti e finto politically-correct, invece, hanno continuato a celebrare l’evento come se fosse una cosa vera, come se il ninfeo di Villa Giulia non fosse una casamatta della romanità veltroniana che Mondadori e (meno) Rizzoli si spartiscono. Una spartizione specchio del Paese: i 400 giurati votano, infatti, per appartenenza, sono una specie di vetusto parlamento con vincolo di mandato. Se tu pubblichi, o fai una prefazione o vuoi ricevere a casa un libro Mondadori, per esempio, devi votare Mondadori. Lo stesso per Rizzoli. Con tanto di controllo di scheda negli anni passati.Tanto che dal 1947 al 2009 Mondadori ha vinto 21 volte più 11 Einaudi mentre l’altro gruppo ha annoverato 9 vittorie con Rizzoli e 8 Bompiani. Totale: il 78% del premio. Il resto alle altre circa 1500 case editrici italiane.
Tra i votanti mai uno scatto di orgoglio personale. Mai.
Questa sarebbe la classe dirigente culturale del Paese. Considerato che l’altra è espressa dalle baronie universitarie – che si perfezionano darwinianamente con il perfezionarsi delle leggi dei concorsi – la situazione è ben al di sotto di un minimo di decenza.
Brux