Privatizzare la RAI, se non ora quando?!

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Per un vero liberale l’unica soluzione per il problema Rai dovrebbe essere la privatizzazione: ma quante resistenze!

In questo Paese c’è una patologia grave, grave a tal punto da trasformare l’Italia nell’ “ultima frontiera del socialismo reale” parafrasando Ilvo Diamanti: l’idiosincrasia fobica al liberismo, il terrore della concorrenza, la passione ideologica viscerale per il martirologio dell’informazione, e, in ultima istanza, la disturbata logica napoleonica della Tangentopoli veneta denunciata da Massimo Cacciari nella “culpa in vigilando” della cupola dipietrista che ha distrutto quel poco di imprenditoria liberista che era ancora rimasto. Come scrive Alberto Statera su “Affari e Finanza”, “su una cosa non si può dare torto alla versione di Pierluigi Piccini: il fallimento totale della via bancaria al socialismo, tentata per tanti anni da una sinistra ammaliata dalla mistica dei salotti buoni”, ma il Dottor Sottile non ha abrogato la “foresta pietrificata del credito”. E’ triste constatare come Michele Santoro, Gustavo Zagrebelsky, Silvio Berlusconi, Beppe Grillo, Sandra Bonsanti e la neo-vicepresidente della Commissione europea Barbara Spinelli – tutte personalità dalla diversissima estrazione socio-culturale tra loro, ma fondamentalmente anti-liberisti – rimuovano con una sorta di “vade retro” il programma proposto con la consueta lucidità analitica da Alessandro De Nicola, uno dei più brillanti economisti italiani del nostro tempo, che contribuirebbe davvero ad innalzare con etica della responsabilità “neoprotestante” il principio mortificato della meritocrazia aziendale a cominciare dalla televisione generalista, che tra l’altro sta contrastando le genialità professionali come Renzo Martinelli che lungo la traiettoria della “via italiana a Oliver Stone” sta lavorando su verità scomode, anzi scomodissime-dal caso Moro al delitto Ustica. Ma la privatizzazione della Rai fa paura, fa ideologicamente paura, e dunque non si fa. De Nicola lo spiega:“Si capisce allora come la decurtazione di 150 milioni di euro imposta da Renzi sia arrivata come uno shock, creando in alcuni casi veri e propri fenomeni di panico. Il premier, per nulla colpito (e col senno di poi ha avuto ragione) dagli annunci di scioperi, ha tirato dritto, annunciando riforme e invitando la dirigenza a vendere Raiway (la società proprietaria della rete di trasmissione e diffusione del segnale Rai) per coprire il buco causato dal taglio. Purtroppo il discorso è impostato nel modo sbagliato. Prima di tutto, il sacrificio di 150 milioni richiesto alla Rai è un’una tantum da coprire con la dismissione obbligata di un bene il cui prezzo, vista la situazione di emergenza, crollerà, vendendo peraltro a un privato una società monopolista e monopsonista (con un unico cliente):un pasticcio. Inoltre, il problema della Rai è l’essere di proprietà dello Stato con le conseguenze negative che ne conseguono in termini di lottizzazione e di sprechi…, mortificando le eccellenti professionalità che pure lavorano al suo interno”. E questo è uno scandalo che grida indignazione. Continua De Nicola:“La flebile difesa del cosiddetto “partito Rai” è che essa gestisce un servizio pubblico per il quale è necessario il pagamento del canone e la proprietà pubblica. Ebbene, prima di tutto il servizio pubblico è indefinito: di che si tratta? Del pluralismo dell’informazione?…La presenza di vari operatori in concorrenza assicura meglio delle nomine governative il pluralismo…Insomma, le soluzioni sono molteplici, ma portano ad un unico risultato: vendere la Rai, contribuendo ad abbassare il debito pubblico” ed agevolando altresì i talenti migliori, finora mortificati dall’anaffettività sovietica dello Stato padrone (non è una formula vaniloqua, sono i fatti a parlare). Invece il disarmante scenario della privatizzazione rimossa della Rai – come lo studente che rinvia all’eterno le interrogazioni di matematica e fisica – è stato sostituito dalla “Bicamerale televisiva a Servizio Pubblico” di Michele e Silvio, così descritta da Scalfari: “Due populismi con la stessa patacca da rifilare a chi li segue con innocente e credulona ingenuità”. E la Rai chi la privatizzerà mentre l’Italia va verso il default? Vincerà di nuovo il gattopardo?

Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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