Per un vero liberale bisogna tagliare le spese improduttive: la spending review potrebbe essere un’occasione unica, non facciamola diventare un’occasione sprecata!
Diceva un grande statista ed economista (oltre che, per inciso, grande liberale) come Einaudi che tra una famiglia e lo Stato non c’ grande differenza: sostanzialmente è solo un problema di dimensioni.
In una famiglia, se le cose non vanno bene, ci sono solo tre strade per salvarsi: lavorare di più, spendere di meno o indebitarsi: altrimenti si fa la fame.
Per lo Stato è lo stesso: o si aumentano gli introiti (cioè le tasse: cosa praticamente impossibile dato il livello ormai raggiunto), o si fanno debiti (altra cosa impossibile visto il nostro deficit) o si riducono le spese…
Ma le spese vanno ridotte in maniera intelligente: non si possono, o meglio non si dovrebbero, tagliare gli investimenti (che sono il motore dello sviluppo), né si dovrebbe operare con tagli indiscriminati e lineari (che colpiscono tanto le spese improduttive che quelle produttive, tanto le spese utili quanto gli sprechi): vanno tagliate le spese inutili, gli sprechi, tutta quella zona grigia in cui si incontrano interessi privati, sottobosco politico,sacche di privilegi di casta e, spesso, affari illeciti.
È proprio per questi motivi che la spending review è una necessità fondamentale per ripartire: ma dev’essere una vera riduzione delle spese, non una serie di operazioni di facciata che lasciano tutto come prima.
Purtroppo per ora abbiamo visto dichiarazioni di buoni propositi, impegni futuri, ma poche decisioni drastiche soprattutto nel campo degli enti locali. Perché il grande sottobosco della politica, degli affari poco trasparenti, delle clientele e delle rendite di posizione si annida proprio nella gestione degli enti locali: questi protestano a non finire, tagliano spese sociali e di manutenzione per mancanza di fondi, ma si oppongono con ogni mezzo:
- le province vanno soppresse non solo per limitare i costi dei consigli provinciali o simili, ma per accorpare o eliminare le sezioni provinciali degli enti nazionali; ad esempio a cosa serve una sezione provinciale della Banca d’Italia quando ormai si possono avere in tempo reale dati da tutto il mondo?; oppure un catasto provinciale quando qualsiasi geometra può consultare una scheda catastale di qualsiasi paese d’Italia rimanendo nel proprio studio?
- Le famigerate imprese partecipate dagli enti locali (che spesso sono l’unico proprietario e l’unico cliente) servono esclusivamente a creare consigli di amministrazione lautamente ricompensati e ad eludere i controlli sugli appalti: un appalto fatto da una di queste società di diritto privato non è sottoposto norme statali e ai controlli della Corte dei Conti: vanno abolite senza offrire un incentivo agli enti che lo fanno: si tratta semplicemente di eliminare uno scandalo
- L’obbligo di far passare gli acquisti dei comuni attraverso un’unica centrale di acquisto (la Consip) è stato fatto di nuovo slittare per la feroce opposizione dei comuni che hanno obiettato di non avere avuto tempo sufficiente per organizzarsi: una scusa risibile per non intaccare quello che è il vero cuore degli interessi e degli affari locali: l’intreccio tra clientele e politica.
Questo è quello che noi come liberali chiediamo: di avere finalmente, dopo decenni di acquiescenza e di laissez faire il coraggio di incidere su quell’intreccio di interessi più o meno leciti che avviluppa gli enti locali.
é questa la strada maestra per trovare risorse per uscire dalla crisi: lo diceva già un grande liberale come Einaudi
Angelo Gazzaniga