Anche per la prostituzione vale il solito concetto liberale: il proibizionismo vale, forse, per tacitare le coscienze, ma per risolvere davvero il problema occorre una maggiore istruzione e apertura culturale
A guardare i loro documenti, quando e se li esibiscono, risulta siano perlopiù romene le giovani che popolano in crescendo i vicoli bui milanesi, stando a una breve indagine pubblicatadal Corriere della sera. La nazionalità, tuttavia, potrebbe essere solo un dato accidentale anche perché le frontiere hanno lasciato il libero passaggio già dal 2007, mentre la crisi economica flagella l’Europa intera da troppi anni per poterla incolpare di aver fatto ingrossare le quote di coloro che svolgono la professione più antica del mondo.
La questione potrebbe estendersi su un altro piano ed essere sviscerata attraverso altri termini. Se vogliamo definirlo un problema, allora occorre stabilire che è un problema delle società civili. In quest’ottica, è interessante notare come presso le tribù o le società primitive, la prostituzione non esiste oppure, se esiste una forma analoga, questa ha tutto un altro significato rispetto a quello dato dalle società occidentali, specialmente Centro-Europee.
Siamo in Samoa. In alcune delle sue isole, agli inizi del ‘900, c’era l’usanza che le fanciulle nuotassero incontro alle barche per dare il benvenuto all’equipaggio che approdava. L’abitudine si mantenne anche nel momento in cui giunsero i grandi vascelli europei, e i marinai, ovviamente, gradirono questa accoglienza. Dopo il breve soggiorno sulla nave, descritto dai primi esploratori come “scene selvagge”, le fanciulle ritornavano a nuoto con piccoli doni, per gli autoctoni, veri tesori. È facile intuire quanto fossero preziose queste ragazze per la propria tribù.
Spostiamoci sull’asse del tempo, oltre che su quella geografica, e raggiungiamo i popoli primitivi delle tribù arabe. Qui troviamo le più note prostitute. Molte fanciulle di queste tribù solevano trasferirsi per alcuni anni nelle città dell’Africa del Nord per raggranellare una discreta dote nei locali notturni. Di ritorno presso la propria gente, trovavano quasi sempre un ottimo marito e nessuno le rimprovera per i loro trascorsi.
Queste, però, sono forme primitive di prostituzione, come primitive sono le società che le contemplano. La prostituzione vera e propria, organizzata, oligarchica, a scopo di lucro e variegata, nasce, dilaga e conquista il mondo con l’arrivo dei popoli civili e rigidamente monogami. E sulla prostituzione europea, monumentale e statuaria nei suoi secoli di costante fioritura, gli studi si sprecano.
A indossare le vesti di lupi moralisti, non occorre compiere acrobazie mentali. L’equazione è semplice: possiamo vendere e comprare tutto (e, in certi casi, stranamente, persino gli affetti), senza grandi ripercussioni sul nostro statuto nella società, tutto, purché non si tratti di un orgasmo. Questo tipo di commercio va effettuato tra il chiaro e lo scuro, anzi, meglio nello scuro, lontano da sguardi indiscreti, rendendo florido il mercato nero, la criminalità e le malattie veneree.
La conclusione è quasi una tautologia: vi sono ancor oggi paesi europei, civilizzati, privi di pragmatismo. Non il divieto sopprime l’istinto degli esseri umani, il proibizionismo, nel migliore dei casi, provoca una restrizione della libertà e una conseguente trasgressione delle imposizioni allo scopo di recuperare un’illusione di libertà. Altre sono le soluzioni e, a guisa dell’uovo di Colombo, hanno una natura semplice. E, forse, un punto di partenza potrebbe essere rappresentato da una diversa legislazione in materia e un maggiore e costante investimento nell’istruzione, dalla quale parte ogni forma di reale evoluzione.
Irina Turcanu