Guerre e crisi, quegli inviati tuttofare

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I cronisti spesso travisano le informazioni, ma più spesso non le hanno: eccone un esempio

L’informazione “essenziale” sulle vicende del pianeta è affidata ai cosiddetti cronisti. E fin qui niente di male. Qualcuno che si occupi di “coprire” gli eventi, come si dice con orrida espressione, ci vuole. Il problema è con quale criterio tali cronisti vengono scelti. Per non divagare farò un esempio che è paradigmatico di una situazione generalizzata: Lucia Goracci. L’inviata della Rai è stata incaricata di “coprire” nell’ultimo anno almeno sei territori diversissimi tra loro e di grande complessità geo-politica: l’Egitto, il Libano, la Libia, il Sudafrica, l’Ucraina e ora Gaza.
Ora, è del tutto evidente che nessuno può conoscere a fondo contemporaneamente sei paesi così diversi tra loro. Ne deriva, secondo un ovvio sillogismo, che un cronista di questa specie – che, ripeto, è paradigmatico del cronista in generale – non è tenuto a conoscere profondamente tali paesi. Con l’ovvia conseguenza – altro sillogismo – che non conoscendoli ne dà una cronaca approssimativa se non viziata da apriorismi e ideologismi.
Per ovviare alla sua ineluttabile e incolpevole incompetenza, Lucia Goracci è solita farcire i suoi servizi di quel tanto di sentimentalismo che ne ottenebra la sostanza, ovvero la vacuità, facendoci credere a una sorta di miracolosa partecipazione personale ai fatti di cui narra. Ma il risultato è sotto gli occhi di tutti: attraverso i suoi servizi cogliamo pulviscoli di realtà che non ci dicono assolutamente nulla della complessità degli eventi in corso.

Per non infierire oltre sul caso di Lucia Goracci sposterò l’asse sulla vicenda irachena e sulla progressiva espansione dell’Isis (o “Da’sh”, in arabo). Dicevo prima dell’informazione “essenziale”. Se fosse invalsa l’abitudine a considerarla una semplice traccia per cogliere i lineamenti superficiali del reale, probabilmente il problema non si porrebbe. Sapremmo in anticipo che siamo di fronte a un’informazione approssimativa e cercheremmo di approfondire, umilmente, attraverso la letteratura specialistica, i sensi più articolati delle cose. Ma appunto quando si usa l’espressione “informazione essenziale” si è soliti ritenere che essa sia essenziale non in quanto priva di profondità bensì come concentrato dell’essenza delle cose. Errore prospettico il cui risultato è che è ormai prassi, presso l’opinione pubblica, soprattutto sui social network, schierarsi da una parte o dall’altra – si veda il caso israelo-palestinese – senza sapere in verità assolutamente nulla di ciò di cui si parla. Risultato: l’opinione pubblica si sente legittimata a esprimere una sua opinione esattamente come se tale opinione fosse fondata su qualcos’altro che non la sua superficialissima cognizione evenemenziale delle cose. Conseguenza: chiunque straparla di tutto e si accanisce su Facebook per difendere posizioni prive di qualsiasi sedimentazione critica. Da Lucia Goracci si arriva, con perfetta continuità, alla massaia di Voghera, in un chiacchiericcio in cui l’unica vittima è la realtà e il suo appello ad essere ascoltata e discussa diversamente.

Marco Alloni

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