Ma per i partiti italiani la Costituzione esiste?

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Come è stato riconosciuto da molti eminenti Costituzionalisti italiani, a incominciare da Leopoldo Elia , che ha scritto il magistrale saggio: “A quando una legge sui partiti? “, è particolarmente urgente la necessità di attuare con legge l’art. 49 della Costituzione.

Detto articolo, che fa parte dei Principi Fondamentali, Parte prima: Diritti e doveri dei cittadini, recita testualmente:
“ Tutti i cittadini hanno diritto do associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo
democratico a determinare la politica nazionale.”.

Per vari motivi di natura politica, legati anche alla politica internazionale ed alla guerra fredda, questo articolo non è mai stato applicato. Anche dopo la caduta del Muro di Berlino le forze politiche hanno preferito disattendere detta norma. E se ne comprendono le ragioni:
Perché vincolarsi con norme che impongano la trasparenza democratica dei partiti, sia per la loro vita interna sia per le loro finalità politiche? Perchè rendere conto al Paese degli ingenti finanziamenti pubblici e privati, di cui sono beneficiari a vario titolo? Perché giustificare all’opinione pubblica le nomine delle più alte cariche dei partiti per la gestione del potere?
A parte la formalità della presentazione dei bilanci al Parlamento, che nessuno di fatto certifica, i partiti, pur svolgendo funzioni pubbliche di estrema importanza, si comportano come soggetti privati, senza alcun riconoscimento giuridico né controllo istituzionale.

Questa anomalia è un vulnus alla Democrazia, incompatibile in uno Stato di Diritto, che mina anche la credibilità internazionale del nostro Paese, soprattutto in un momento critico come l’attuale.

L’ irresponsabilità pubblica dei partiti, tesi soprattutto a soddisfare i propri interessi privati ed a massimizzare i propri profitti, si trasferisce inevitabilmente nel Parlamento: così si spiega la genesi del mostruoso debito pubblico italiano e dei cronici disavanzi dei bilanci statali, frutto avvelenato di intere generazioni di politici.

Come rilevano tutti gli indicatori internazionali, la situazione non soltanto della politica italiana ma purtroppo dello Stato italiano è insostenibile. E l’Ue, i nostri partner più vicini ed anche gli Stati Uniti ci sollecitano a rientrare nella normalità, condizione sine qua non per uscire dalla drammatica crisi economica e restare nella comunità europea.

Come risulta evidente, la radice del problema, per garantire la stabilità politica ed economica del Paese, è l’assetto dei partiti politici italiani, almeno fintanto che la nostra democrazia è partitocratica.

Di conseguenza è necessario che si vari al più presto una legge per applicare l’art.49 della Costituzione. Gli esempi non mancano.

La Legge fondamentale tedesca, che corrisponde alla Costituzione, all’art. 21 recita quanto segue:
“La fondazione dei partiti è libera. Il loro ordinamento interno deve uniformarsi alle leggi democratiche. Essi devono rendere conto pubblicamente dell’origine e dell’impiego dei loro mezzi, così come dei loro beni. I partiti, che secondo i propri scopi o secondo il comportamento dei propri associati , mirano a compromettere o cancellare il libero ordinamento o nuocere allo Stato, sono incostituzionali. Sul problema della incostituzionalità si esprime la Corte Costituzionale”.

Spetta ovviamente ai Costituzionalisti l’onere e l’onore di redigere il testo che regolamenti finalmente dopo oltre 60 anni l’attività dei partiti, chiudendo la lunga stagione di ambiguità, di compromessi e di incostituzionalità. Speriamo che il Parlamento questa volta, sotto la pressione internazionale, si decida ad intervenire con la massima urgenza, per colmare questa grave lacuna dell’ordinamento istituzionale. Pena l’ incostituzionalità degli atti del Parlamento.

I partiti attuali non rispondono ai criteri richiesti dalle maggiori democrazie occidentali, pertanto devono riformarsi urgentemente, per rispettare le prossime norme costituzionali. Inoltre sono macchine costose, ingombranti, inefficienti, obsolete e sovente fonte di illegalità diffusa.
Qui si propone di sostituirli con Movimenti politici tipo Comitati Elettorali, che abbiano semplicemente lo scopo di promuovere programmi e candidati in periodo elettorale. Si mobilitano prima delle elezioni e si smontano fra un’elezione e l’altra. Attingono finanziamenti per la campagna elettorale da associazioni politiche e da privati. Rendono pubblicamente conto della provenienza dei finanziamenti e dei beni di cui dispongono. Possono essere parzialmente finanziati dallo Stato, in quanto svolgono un servizio pubblico. Ma sono inammissibili gli sprechi di denaro pubblico, come succede ora con il cosi detto rimborso delle spese elettorali.

Salvatore Custòdero

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