“Per Albatros una recensione di Ernesto Paolozzi, professore all’Università sant’Orsola Benincasa di Napoli e grande studioso di Croce, del libro “Il vivente originario” di Giuseppe Brescia edito da Bibliotheca Albatros”.
Il vivente originario, volume complesso e originale Giuseppe Brescia, rappresenta un’altra tappa importante del viaggio che lo studioso ha intrapreso giovanissimo nell’intricato labirinto della vita, della sua origine intesa, naturalmente, nel senso filosofico e di una filosofia non puramente metafisica ma storica e ideale assieme.
Tornano riflessioni già meditate e compaiono nuove intuizioni accompagnate da esegesi di autori da sempre ritenuti da Brescia fondamentali punti di riferimento, classici antichi e moderni come Kant, Hegel, Schelling, Croce ed altri “ minori” ma non meno rilevanti nella prospettiva dello studioso : Rosario Assunto, Carlo Ludovico Ragghianti, Carlo Antoni, Raffaello Franchini.
La lettura della filosofia Schellinghiana si presenta particolarmente interessante e innovativa messa in relazione alla contemporanea e ancora poco compresa epistemologia. Scrive Brescia :” La physis di Schelling, e dell’età che fu sua, non è di certo identica alla physis della epistemologia contemporanea. Difatti, la physis di Schelling forma una risposta critica alla fisica dell’età cartesiana e del meccanicismo, svolta in termini finalistici e organicistici, costruitai in aderenza all’elettromagnetismo, al chimismo e all’organicismo delle dottrine a lui contemporanee. La fisica a noi contemporanea è costruita sulle basi della teoria della relatività, del dualismo onde-particelle, del principio di indeterminazione di Heisenberg e del paradosso Einstein Podolskj Rosen con relativo dibattito. Pure, le premesse all’evoluzione della fisica moderna e contemporanea si ravvisano nell’appello al “dare ali alla fisica”, che pone le basi per lo sganciamento della filosofia della natura dall’impronta causalistica e meccanicistica che precedeva quella svolta.”
Dare ali alla fisica significa, in questa prospettiva, ricomporre la dicotomia scienza- filosofia nel senso autentico dell’originario vivente, dell’uomo autentico che è sempre uomo intero, universale e concreto. Individuo certamente ma sempre immerso nella storia, parte e tutto nelle sue relazioni .
Così tornano in gioco concetti e questioni superficialmente e banalmente accantonate come quelle della finalità della natura o della bellezza come strumento ermeneutico decisivo per la comprensione del vivente in tutta la sua originaria complessità. E accanto ad essi il tema da sempre centrale nel pensiero di Giuseppe Brescia del vitale inteso ed esperito in senso crociano, come elemento ineludibile per la comprensione della “ realtà”, del rapporto pensiero azione.
Scrive Brescia : “ La concezione dell’arte schellinghiana non è certo identica rispetto all’altra dell’estetica moderna e contemporanea, dal momento che l’idealismo estetico o la filosofia estetica, vista come “filosofia dello Spirito” non è da tutti i versanti ermeneutici o estetici condivisa. Pure, come fiume carsico, i suoi concetti dell’assoluto e della filosofia dell’identità sono parlanti nelle dottrine estetiche di Croce, Assunto, Ragghianti, Fiedler (per tacer d’altri): oltre ad avere influito sul Romanticismo europeo e le poetiche del sublime.”
Le riflessioni di Giuseppe Brescia, dunque, ci conducono lungo un percorso originale, un sorta di viaggio filosofico attorno al vivente originario , inizio e fine, perpetuo inizio e perpetua fine, della dimensione umana. Nel capitolo, Paradigmi teleologici in epistemologia e filosofia della natura, è chiarito fino in fondo il nesso inscindibile che caratterizza la moderna filosofia la quale prova a tenere insieme la storia e la natura come espressioni, rappresentazioni di un’unica realtà :l’originario vivente.
In tempi in cui ancora qualcuno prova, forse solo a scopi pubblicitari, a riproporre improbabili ritorni al “realismo”, l’opera di Brescia svolge anche una fondamentale funzione pedagogica e polemica.
Ernesto Paolozzi