Difficile dire cosa io abbia provato guardando lo spot che promuove il pagamento del canone RAI. Sì, quello in cui si assiste alla scena di genitori preoccupati attorno ad un tavolo, intenti a scartabellare buste da lettera, con aria preoccupata. Avete presente? Una scena in cui molti di noi si sono riconosciuti.
– E adesso? – Ci si chiede solitamente mentre si siede a quel tavolo, calcolatrice alla mano. – Come si fa ‘sto mese a pagar tutto? –
Luce, gas, IMU, TARES, spese condominiali con la crisi sono diventate un autentico problema per moltissime famiglie italiane, ridotte in povertà o quasi. Alla RAI lo sanno bene e, proprio perché lo sanno, lanciano uno spot che mette in luce il problema.
- … Una pubblicità per il sociale. – Immagino. Invece no. Nelle sequenze successive ci si sofferma su un gruppo di bambini che seguono i loro cartoni animati preferiti , trasmessi da uno dei canali RAI. Subito dopo l’inquadratura torna sui genitori, ancora seduti al tavolo in soggiorno, poco lontani dai bambini. Uno dei due coniugi, a questo punto, prende la lettera contenente il bollettino del canone RAI e, senza neppure aprirla, la accartoccia. Non ci sono soldi per questo. Il gesto ha una conseguenza tanto inattesa, quanto surreale: il televisore stesso si accartoccia, sotto lo sguardo deluso dei bambini. E adesso? Come andrà a finire la puntata del loro cartone preferito? I bambini sono furibondi e con occhi di fuoco, si rivolgono minacciosi ai genitori.
- Come osate interrompere il nostro accanimento, con le vostre futili questioni? Il nostro accesso ai programmi della TV è molto più importante delle vostre grane economiche! – Sembrano dire.
Questo è il servizio pubblico. Se fossi stata io nei panni del creativo incaricato di scrivere uno spot così oltraggioso, forse avrei fatto uno scherzo ai miei committenti. Lo immaginate? Una rapida carrellata di tutti gli spot televisivi che fruttano alla RAI milioni di euro e, in soggiorno, una coppia di coniugi che fa i conti, con le mani nei capelli.
- Ci tocca pagare anche il canone … – Direbbero sconsolati. L’immagine di loro si accartoccerebbe, piegata da una crisi che obbliga ad applicare tagli perfino sulla spesa. Figuriamoci se si risparmia sui beni primari per pagare la tassa sul semplice possesso di un apparecchio televisivo! E per cosa poi? Per finanziare un’azienda che già conta entrate cospicue, grazie alla pubblicità, ed i cui dirigenti guadagnano somme favolose. Qualche esempio? Il DG dell’azienda guadagna 650 mila euro l’anno, mentre il presidente, Annamaria Tarantola, percepisce uno stipendio compreso tra i 300 mila ed i 400 mila euro l’anno (Fonte: il Giornale.it). Non sono da meno i volti noti della rete, da Fabio Fazio a Bruno Vespa. Allora? Di che cosa stiamo parlando? Di servizio pubblico o di una insensata colletta per mantenere il tenore di vita dei soliti, pochi fortunati (assolutamente bipartisan, perché quando si tratta di guadagnare, le ideologie sono le prime che vanno a farsi benedire)?
Anna Rita Chietera