Ci sono tanti modi per opporsi alle decisioni dell’azionista di maggioranza, ma quello del Consiglio di Amministrazione della rai è tipico di una struttura burocratica, statalista e partitocratica
Tutti conosciamo la notizia: il Consiglio d’amministrazione della Rai ha avviato un ricorso contro il provvedimento del Ministero del Tesoro che tagliava 150 milioni di euro dal canone.
Una notizia che ha suscitato scandalo per le implicazioni morali e politiche connesse alla decisione: “ma come, con quello che guadagnano e sprecano, si permettono di opporsi a una decisione che storna una piccola parte del canone Rai a copertura dei famosi 80 euro?”
Ma, secondo noi, questa è anche una dimostrazione del caos e dell’improvvisazione che regna nella pubblica amministrazione:
- il provvedimento è fortemente dubbio dal punto di vista legale: il canone viene pagato dai cittadini come corrispettivo di una prestazione fornita dalla Rai e non come una tassazione per coprire altre spese. Non sarebbe stato meglio ridurre il canone di 150 milioni e aumentare della stessa cifra le tasse? Per lo meno sarebbe stato un provvedimento chiaro e trasparente e non la solita mossa dietro le quinte.
- il comportamento del Consiglio di amministrazione è stato per lo meno bizzarro: in un’economia veramente aperta e liberale non esiste che i consiglieri votino contro le decisioni dell’azionista di maggioranza: è una pratica sconosciuta presso qualsiasi società per azioni (e infatti il direttore Generale Gubitosi, l’unico che abbia un passato di vero manager, ha subito espresso il suo stupore). Una prova in più che alla Rai tutto è politica e tutto viene ricondotta ad essa
- significativo è stato anche il comportamento del Consiglio di amministrazione: anziché opporsi alla richiesta del ministero presentando un progetto alternativo, un’altra via per ridurre le spese, ha preferito il ricorso al Tar: la classica vecchia mossa statalista di chi non vuole cambiare nulla, ma conservare con ogni mezzo lo status quo
La vera soluzione però sarebbe quella da sempre proposta da Libertates: abolire il canone, privatizzare alcuni canali e tenere la Rai come vero servizio pubblico, pagato dai cittadini attraverso le tasse, esattamente come viene fatto per tutti gli altri servizi forniti dallo Stato: ma vorrebbe dire togliere la presa dei partiti e dei politici su buona parte della RAI, fonte inesauribile di clientele, favori e sottogoverno.
Angelo Gazzaniga