In periodo di crisi è spesso rimpianto il passato, ma l’Iri divenne presto un esempio di gestione parassitaria e sprecona
In un periodo di crisi quale quello che stiamo attraversando è normale che nascano rimpianti per i bei tempi passati: quando c’era un parlamento che funzionava davvero, partiti con progetti e programmi, sindacati che facevano gli interessi dei lavoratori; e c’era anche l’IRI, il buon vecchio ente statale che gestiva una parte non certo trascurabile dell’imprenditoria italiana e che molti (pochi giorni fa’ per esempio D’Alema) vorrebbero rimettere in piedi per “salvare” l’Italia dai guasti del liberismo. Era un ente che (a parte i grandi meriti storici: il salvataggio delle grandi banche con Mussolini, la ricostruzione postbellica) dava certezza di investimenti e pianificazione a lungo termine, abbondanza di capitali, sicurezza di mantenimento dell’occupazione ecc. ecc. Ma, per l’appunto, dava: non si tratta tanto di difendere il liberalismo (e noi di Libertates parliamo sempre di liberalismo, cioè di libero mercato, trasparenza, concorrenza con regole chiare e certe per tutti e mai di liberismo, cioè di una concorrenza senza regole, alla “vinca il più forte, il più furbo o il più delinquente) quanto di guardare all’esperienza passata. Inevitabilmente un ente statale e statalista come l’IRI finisce per degenerare in un carrozzone dominato dai partiti in cui prevalgono le regole del sottogoverno, degli interessi dei partiti e delle lobby sindacali, vittima di scelte che niente hanno a che fare con l’efficienza e una sana economia. Basti pensare agli esempi dell’Alitalia (che ci è costata più di quattro miliardi solo per poterla regalare a Etihad) o dell’Alfa Romeo (regalata per 1 lira alla Fiat)! Non si tratta di preclusioni ideologiche, ma solo di esperienze nate dai fatti. Per una volta lasciateci dire ” historia magistra vitae”!
Angelo Gazzaniga