Piccola, piccolissima storia di quanto può avvenire a ciascuno di noi alla prese con qualche Ente statale (o parastatale o finto privato) come l’INPS.
Una persona non più giovane vorrebbe sapere se e quando potrà andare in pensione dopo l’entrata in vigore della nuova legislazione. Si tratta, poniamo, di una persona che, lavorando nell’industria, ha pagato tutti i contributi dovuti e che dovrebbe ottenere quanto gli spetta secondo il metodo assicurativo, cioè ricevendo una pensione proporzionale a quanto versato, esattamente come in qualsiasi assicurazione privata. Rivoltosi al sito dell’istituto (un sito molto ben fatto e si presume anche abbastanza costoso…) riceve immediatamente e per via telematica l’estratto conto della propria posizione con indicati gli anni e l’importo dei versamenti: una performance degna dei paesi più avanzati.
Ma per sapere il quando e con quanto, occorre avere un incontro con un funzionario: e qui comincia l’avventura kafkiana: per fissare un appuntamento occorre andare di persona, non si può farlo in via telematica…
Una volta arrivato negli uffici (dopo regolamentare coda, ecc ecc) si scopre che per avere un appuntamento non basta essere in possesso dell’estratto conto: occorre avere l’estratto conto certificato che viene emesso in forma cartacea e spedito a casa dall’INPS (ovviamente dopo aver fatto opportuna domanda…).
Riassumendo: per avere informazioni su un estratto conto che è regolarmente accessibile per via telematica ad ogni utente occorre averne una copia cartacea emessa dallo stesso ente che lo gestisce e presentarla di persona ad un funzionario che, ovviamente, la consulta in via telematica. Tre giornate di lavoro perse (per chiedere la copia cartacea, per fissare l’appuntamento, per l’appuntamento stesso) per un’informazione che potrebbe essere gestita tranquillamente tutta via internet con un risparmio di tempo (e di costi) per tutti.
Quando i Comitati chiedono di privatizzare pensano proprio a questi casi: privatizzare non significa far diventare un’Ente pubblico una spa (come è successo con l’INPS) o cedere a privati un monopolio (che resta tale, come è successo con la Società Autostrade). Queste sono privatizzazioni fatte per far cassa o per semplificare la contabilità statale, non per migliorare il servizio o per ridurre i costi.
Privatizzare vuol dire introdurre un criterio di concorrenza: non importa se tra privati o tra pubblico e privato o addirittura tra enti pubblici. Importa che il cittadino possa scegliere a chi rivolgersi per avere una prestazione: se un’assicurazione (tale è a tutti gli effetti l’INPS) mi chiede di andare tre volte nei suoi uffici per avere notizie su quanto mi spetta, io cittadino sceglierò diversamente, mi assicurerò con qualcuno più efficiente.
Sembra addirittura ovvio, ma in Italia sembra impossibile da realizzare.
Angelo Gazzaniga
Portavoce dei Comitati per le libertà