In politica non basta non commettere reati
L’ultimo scandalo nel mondo dei grandi appalti (e temiamo non sia l’ultimo) è stata un’ulteriore dimostrazione di ciò che Libertates sostiene da sempre: la necessità di una profonda riforma in senso liberale e democratico della struttura dello Stato e del rapporto tra Stato e cittadini.
Anche se restiamo garantisti (come dovrebbe essere sempre ogni liberale) e sosteniamo che nessuno è colpevole sino a sentenza passata in giudicato e che la diffusione di notizie o di intercettazioni non significhi nulla dal punto di vista giuridico, non possiamo non notare due aspetti della vicenda dal punto di vista politico-istituzionale:
- l’enorme (e vorremmo dire abnorme) potere dei grandi funzionari dello Stato (quelli che in Francia si definiscono a ragione “gran commis d’Etat”): la vera capacità decisionale è in mano alla burocrazia: sono loro che decidono quali lavori eseguire, che appalti concedere e a chi, controllano l’andamento dei lavori e fanno anche il collaudo delle opere: un potere enorme in mano a funzionari che non rispondono a nessuno (“i ministri passano, i capi gabinetto restano”), sono praticamente inamovibili, gestiscono tutto questo potere in maniera trasversale e occulta.
Come sono arrivati ad avere tutto questo potere? Proprio grazie a quello contro cui si batte da sempre Libertates:
la complessità, e farraginosità delle leggi, la necessità di avere regolamenti attuativi, circolari, interpretazioni normative incomprensibili e gestiti in toto dalla burocrazia senza alcun controllo del Parlamento (e quindi dei cittadini);
una burocrazia elefantiaca, arretrata, opaca in cui i concetti di trasparenza, promozioni in funzione del merito e del rendimento, concorrenza sono completamente sconosciuti;
appalti costruiti ad arte per favorire ritardi e modifiche in corso d’opera: tutti sistemi per permettere di far vincere gare al ribasso agli amici e poi rientrare dei costi a compimento d’opera:
occorre ridurre e rendere chiare le leggi, snellire e semplificare la burocrazia; introdurre trasparenza, criteri di meritocrazia, responsabilità manageriale in tutta la macchina dello Stato - il comportamento di un ministro (Lupi) che probabilmente, anzi quasi certamente, non ha commesso alcun reato: ma ha avuto un comportamento senz’altro contrario al “bon ton”, o se vogliamo usare una parola più impegnativa all’etica richiesta ad un politico in attività: il solo permettere che il figlio abbia un rapporto di lavoro con un’azienda che riceve commesse dal proprio ministero è un comportamento che in Paesi con una diversa concezione del rapporto Stato-cittadino (Paesi anglosassoni ad esempio) si prefigura come del rapporto fiduciario tra un ministro e i suoi elettori.
E’ un’altra dimostrazione di ciò che sostiene Libertates: occorre che gli italiani vengano trattati sempre più da cittadini (verso cui ogni “servitore dello Stato” è tenuto a rispondere di ogni suo atteggiamento) e sempre meno da sudditi (verso cui, una volta eletto, il politico non altro obbligo se non quello di rispondere alle loro richiesto, o meglio, suppliche)
Angelo Gazzaniga