Un primo giudizio sulle riforme del Governo Renzi
Il governo Renzi vuole distinguersi per passare alla storia come il governo delle riforme. Lo sprint del premier è emerso in particolare negli ultimi mesi con il job acts, l’italicum e la proposta di riforma della scuola. Tanto di cappello alla voglia del presidente del Consiglio di voler cambiare rapidamente un Paese il cui status quo non è più sopportabile. Peccato però che la rapidità del premier sia inversamente proporzionale alla qualità dei provvedimenti con i quali vorrebbe cambiare l’Italia.
Ma procediamo con ordine:
Jobs Act. Voto 5. Pur tentando di rendere meno precari i già precari lavoratori italiani, non porta reali benefici all’occupazione. Infatti a marzo i senza lavoro sono tornati a crescere di 0,2 punti percentuali (da febbraio) al 13%, dopo i cali registrati a dicembre e a gennaio e la lieve crescita a febbraio. Si tratta del livello più alto dal novembre scorso (13,2%). Senza contare che l’abolizione dell’art. 18 è servita soltanto a innalzare lo scontro con gran parte del mondo del lavoro senza portare alcun beneficio concreto.
Libertates, pur apprezzando il contratto a tutele progressive della riforma, ritiene opportuna una riforma del lavoro più ampia, accompagnata da un piano di ammortizzatori sociali, dall’introduzione di un salario minimo per dare dignità a chi lavora, da un forte abbassamento della pressione fiscale per le imprese e in particolare da forti sgravi alle aziende che assumono personale a tempo indeterminato e che investano nel nostro Paese, specie nelle aree con insostenibili livelli di disoccupazione. Il tutto in coerenza con un programma di opere infrastrutturali che possano aiutare le aziende e lo sviluppo industriale del paese.
Italicum: voto 4. Rafforza sicuramente il bipolarismo, ma il prezzo da pagare è:
- Ritornano le famose soglie, stabilite sempre secondo gli interessi dei partiti: 3% per cento per accedere in Parlamento e 40% per evitare il ballottaggio;
- Ritornano le liste bloccate;
- Ritornano le candidature multiple.
Libertates ritiene invece che sia più efficiente e semplice una legge elettorale a doppio turno sul modello francese e senza soglie. I primi due partiti vanno al ballottaggio, chi vince governa e alle formazioni minori verrebbe riconosciuto il diritto di tribuna. La riforma elettorale non può però non essere accompagnata da una diversa forma di governo. Presidenzialismo all’americana o semipresidenzialismo alla francese in modo da poter permettere al governo di operare in modo più incisivo per sottoporsi nuovamente dopo 4 anni al giudizio degli elettori. Per Libertates è necessario inoltre rafforzare tutti gli strumenti di democrazia diretta cancellando il quorum costitutivo e digitalizzando tutte le consultazioni elettorali con appropriati strumenti certificati, abolire totalmente il Senato, dare più poteri ai comuni accorpando quelli più piccoli, il tutto senza più province e regioni. Meglio le macroregioni anche a costo di essere impopolari.
Riforma della scuola. Voto 4. Un vero disastro perché non coglie il cuore del problema. Gli insegnanti non possono continuare ad essere sottopagati e sottoposti a metodi di valutazione arbitrari legati principalmente ai criteri del dirigente scolastico. Inoltre se dovesse andare in porto questa riforma si continuerebbe a violare l’art. 33 della Costituzione che stabilisce: Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
Libertates crede invece nel ruolo fondamentale e prioritario della scuola e degli insegnanti e propone:
- Considerare gli insegnanti dei veri professionisti e non più semplici dipendenti pubblici con uno stipendio adeguato all’importanza del ruolo sociale che ricoprono. Non dimentichiamo che i docenti lavorano sul capitale più importante: quello umano;
- Introduzione di una vera meritocrazia, stabilendo criteri equi per la valutazione del corpo docente e meccanismi di premialità secondo le più evolute best practices europee;
- Blocco dei concorsi pubblici per l’assunzione di nuovi docenti e stabilizzazione di tutti i precari. La scuola non deve essere un ammortizzatore sociale o clientelare per la politica, ma al contempo chi ha vinto un concorso deve essere messo in condizione di lavorare con dignità;
- Azzeramento dei finanziamenti pubblici alle scuole private e chiusura dei cd. diplomifici. Per recuperare una bocciatura non si possono fare 3 anni in uno!
- Introduzione del buono scuola affinché le famiglie siano davvero libere e senza vincoli economici, di iscrivere i propri figli alla scuola che ritengono più idonea.
Tutti questi punti devono essere ovviamente accompagnati da forti investimenti da parte dello stato nella scuola pubblica affinché le strutture siano dignitose e all’avanguardia con il resto d’Europa e gli insegnanti ben pagarti in modo da poter davvero competere con le strutture private.
La formazione dei nostri ragazzi è un bene troppo importante per lasciarla ai decreti legge del sig. Renzi!
Renato Cantagalli