Una rilettura dell’opera del famoso critico d’arte Cesare Brandi alla luce della distruzione dei templi siriani
In un calzante recupero delle ‘Città del deserto’ di Cesare
Brandi ( 1958 e 2015 ), Alessandro Gnocchi ripropone la lettura del
critico d’arte senese dei templi di Libia e Medio Oriente testé distrutti
ad opera del fondamentalismo islamico. Le pagine del Brandi, autore dello
splendido “Pellegrino di Puglia” contenente l’ Inno a Trani e a Castel del
Monte, sembrano lucidamente premonitrici ( “sulla base del Corano lo Stato
di pone di colpo come città di Dio” ), facendo ripensare alla lezione di
“antichi maestri”: Carlo Ludovico Ragghianti ( “Tempo sul tempo”); Rosario
Assunto ( “In principio era il logos”); Carlo Antoni ( “Libertà
indivisibile” ); Nicola Matteucci ( critica del ceto
“burocratico-parassitario” in Italia ); Eugenio Montale ( “Questa raffica
di carità è un’estrema impostura” in “Satura” e “Diario del 71 e 72”).Ma
ciò che più, oggi, sorprende è l’anticipazione consentita a Venezia nel
primo Padiglione della santa Sede del 2013, a proposito del tema della
“Creazione”, “De-creazione” e “Ri-creazione”. Orbene, nella rilettura del
fotografo boemo nato il 1938 Josef Koudelka, modelli della “De-Creazione”
sono una sena della Germania 1988 e – precisamente del tempio di Tripoli ,
“Libia 2007”, ove una mano enorme si staglia in prima piano, con sullo
sfondo le antiche vestigia, e un macigno enorme nell’angolo destro
guardando, quasi a voler dichiarare la volontà di appropriazione e
distruzione di quel celebrato monumento. La documentazione è nella
rivista “luoghi dell’Infinito”, allegata al quotidiano dei Vescovi
italiani “L’Avvenire” del Luglio 2013 e si avvale della premessa di
monsignor Gianfranco Ravasi. La rilettura della “Genesi” prevederebbe,
così, tre tempi: Creazione, De-Creazione e Ri-creazione o Nuova Umanità.
Tornano in mente le premonizioni di Benedetto Croce, nel saggio
“L’Anticristo che è in noi” del 1946, scongiurante gli effetti, più che
della “distruzione”, di un vero e proprio processo di “dis-creazione”, di
cui sarebbe stato, o potrebbe esser, “gaudente” l’emblema del male, l’
Anticristo come “capovolgimento dei valori”. Ed è saggio che va letto
congiuntamente al coevo “La fine della civiltà”, il fiore cresciuto sule
rocce e un nembo avverso può far morire, salvo che nella memoria e nella
“forza dello spirito” in grado di ricrearlo. Certo, è singolare la
coincidenza di tempi, modi e interessi ( Biennale di Venezia 2013; prima
partecipazione della Santa Sede; programma iconologico e ideologico;
presenza di Koudelka, fotografo del 68 a Praga e del nomadismo;
legittimazione di Monsignor Ravasi; notorietà dei siti archeologici fra
Oriente e Occidente, da far gola ad appetiti di varia natura, e via
dicendo ). “Che Dio disperda la profezia!”, diceva don Luigi Sturzo.
Giuseppe Brescia