Cinque anni fa, in piena campagna elettorale, la situazione dell’Alitalia, storico esempio di disastro creato dalla politica quando prende la gestione di una ditta, era ormai al collasso.
L’Air France, interessata soprattutto al marchio e alla rete dei voli, fece un’offerta d’acquisto di circa 2,4 miliardi di euro.
Berlusconi promise che avrebbe preservato l’”italianità” di Alitalia: un paese come l’Italia, era il suo ragionamento non può non avere una compagnia di bandiera che garantisca quei collegamenti indispensabili con il resto dl mondo. Ragionamento e motivazioni ineccepibili.
Una volta vinte le elezioni ha, riconosciamolo, mantenuto la promessa, ma come?
Si sarebbe dovuto aprire al mercato e alla concorrenza i servizi aerei, privatizzando la compagnia (magari con qualche aiuto temporaneo per superare il momento di crisi) e riservando allo stato un compito di controllo e di indirizzo della politica dei trasporti, incentivando i servizi di altri vettori verso il nostro paese…
Invece si proceduto ad una operazione di puro stile dirigista e statalista:
- si è creata una società con una cordata di imprenditori più o meno riluttanti
- si è accollato allo stato il costo della cassa integrazione per 8 (otto!) anni concessa ai dipendenti in eccesso (qualche migliaio)
- si è vietata qualsiasi concorrenza sulla rotta più remunerativa (la Milano-Roma) bloccando la concessione di nuovi slot a Linate
- si è esentata la nuova compagnia dal controllo dell’autorità antitrust per diversi anni (si è cioè concesso un monopolio di fatto e senza possibilità di controllo da parte dello Stato)
- si sono scaricati tutti gli altri costi in una “bad company” ovviamente a carico dello Stato
- si in pratica affossato Malpensa (costata 2000 miliardi) togliendole il traffico dell’Alitalia e osteggiando l’arrivo di altre compagnie.
Chi ha guadagnato da queste scelte?
Non lo Stato: che ha speso in tutto circa 4 miliardi di euro (una piccola manovra)
Non i dipendenti: che dopo cinque anni si trovano ad avere il posto a rischio
Non i passeggeri: la mancanza di concorrenza ha fatto sì che le tariffe sulle linee in monopolio rimanessero alte mentre in tute le altre crollavano per la concorrenza delle altre compagnie
Non i cittadini: dopo cinque anni l’Alitalia si è ridotta ad una piccola-media compagnia che ha abbandonato le tratte intercontinentali e si è ridotta alle rotte nazionali e a fare da “feeder” (cioè da collettore) per l’Air France. Se un italiano vuole andare fuori Europa (e molto peggio, uno straniero vuole venire in Italia) deve praticamente rassegnarsi a fare scalo a Parigi o Francoforte o Londra
Fine (probabile) della storia: dopo cinque anni di perdite ininterrotte Alitalia verrà probabilmente venduta a Air France (unico possibile acquirente) per 7/800 milioni
È questa, come da sempre sostengono i Comitati, la fine delle politiche dirigiste e stataliste: libero mercato e concorrenza non sono una scelta ideologica, ma una necessità per sopravvivere.
Angelo Gazzaniga