La trappola del sì al referendum

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Se venisse approvata riforma costituzionale cosa potrebbe succedere?

Caro lettore, probabilmente ancora incerto su come votare nel prossimo referendum sulla riforma costituzionale, la prego di dedicare un minuto alla lettura di questa breve nota. Magari ha sentito Massimo D’Alema parlare dei “poteri forti” che spingono per il sì (telegiornali di Stato e privati, grandi quotidiani, Confindustria, agenti di borsa, catastrofisti vari che paventano aumenti di spread e speculazioni conseguenti in caso di vittoria del no eccetera) e considerando la leggendaria antipatia dell’uomo politico in questione ha provato il desiderio di fare il contrario di quanto dice. Ma attento, la prego: anche a un orologio fermo capita di segnare l’ora esatta due volte al giorno.
E ora, per favore, mi segua. Poiché la riforma costituzionale sottoposta a referendum è strettamente collegata a quella elettorale (l’Italicum), qualora essa dovesse essere approvata, lei presto sarebbe chiamato a votare di nuovo, in modo da garantire a Matteo Renzi altri cinque anni di governo. Niente di male? Ma senta questa. Lei si troverà fra le mani una scheda con il simbolo di una coalizione e il nome del futuro capo del governo: se voterà quel partito ed esso supererà il 40 per cento (o se vincerà il successivo ballottaggio) esso otterrà una schiacciante maggioranza in parlamento. Ottima cosa? Un momento, c’è un piccolo particolare. I parlamentari che lei avrà contribuito ad eleggere, se mai dovesse passar loro per la testa che il governo e il premier hanno proposto una legge sbagliata, quando mai potrebbero votargli contro, e nel caso negargli la fiducia? Poiché la scelta del capo del governo era già sulla scheda elettorale, un voto di sfiducia non porterebbe a un nuovo governo, ma diritto a nuove elezioni. E quale deputato firmerebbe il suo suicidio, mettendo in gioco (e di fatto compromettendo) il suo posto in parlamento? Nessuno, è ovvio, che non sia tentato da impulsi suicidi, voterebbe (e voterà) contro qualsiasi proposta del governo, riguardasse anche la concessione del laticlavio al cavallo di Caligola. O, più realisticamente, una bella infornata di assunzioni clientelari nella pubblica amministrazione, come sta avvenendo con la legge di stabilità. Caro lettore, rifletta: a medio termine, una vittoria del sì produrrà nuovo clientelismo, deficit alle stelle, e nuove tasse per tutti.

di Dario Fertilio

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Dario Fertilio
Dario Fertilio (1949) discende da una famiglia di origine dalmata e vive a Milano. Giornalista e scrittore, presiede l'associazione Libertates che afferma i valori della democrazia liberale e i diritti umani. Estraneo a ogni forma di consorteria intellettuale e di pensiero politicamente corretto, sperimenta diverse forme espressive alternando articoli su vari giornali, narrativa e saggistica. Tra i suoi libri più noti, la raccolta di racconti "La morte rossa", il saggio "Le notizie del diavolo" e il romanzo storico "L'ultima notte dei Fratelli Cervi", vincitore del Premio Acqui Storia 2013. Predilige i temi della ribellione al potere ingiusto, della libertà di amare e comunicare, e il rapporto con il sacro.

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