Democrazia e libertà non sono la stessa cosa. In Egitto, la popolazione è costretta a compiere una drammatica scelta fra l’una e l’altra.
Quando è stata rovesciata la dittatura di Hosni Mubarak, nel febbraio del 2011, gli egiziani hanno avuto democrazia. Per la prima volta hanno potuto eleggere un’Assemblea Costituente e hanno scelto, a gran maggioranza, il partito Libertà e Giustizia, espressione dei Fratelli Musulmani, i fondamentalisti islamici sunniti. Per la prima volta, gli egiziani hanno potuto eleggere un presidente e hanno scelto Mohammed Morsi, leader politico dei Fratelli Musulmani. Da decenni, almeno dalla riforma costituzionale (in senso islamico) voluta dall’ex presidente Anwar Sadat, alla fine degli anni ’70, la società egiziana sta islamizzandosi sempre di più. I cristiani sono ancora vivi e teoricamente liberi, ma perseguitati. La polizia non li difende o coglie ogni occasione per torchiarli. Le donne sono teoricamente pari all’uomo. Ma è difficile vederle partecipi della vita lavorativa, economica, intellettuale. Ed è ormai quasi del tutto impossibile vederne una senza il velo islamico. Sadat e soprattutto il suo successore Mubarak hanno voluto lasciare carta bianca ai Fratelli Musulmani in tutti i campi che non costituissero un pericolo politico diretto: fuori dall’esercito, dalle istituzioni e dalle aziende di Stato, ma egemoni nell’istruzione, nella cultura, nei media e nell’assistenza sociale. Nel lungo periodo hanno vinto gli integralisti islamici. Sono loro, non i nazionalisti di Mubarak, che hanno dato all’Egitto il tratto islamico che tutti possiamo distinguere alla prima occhiata. Solo i fondamentalisti islamici hanno dato di sé un’immagine di purezza politica. Assistendo la popolazione, si sono sostituiti ad uno Stato sociale burocratico, corrotto e inefficiente. Dando loro l’istruzione a molti bambini altrimenti analfabeti, hanno fatto crescere una generazione intera che crede solo nei precetti del Corano e vota solo chi promette di introdurre le norme religiose quale legge di Stato. Il 40% degli egiziani è ancora analfabeta e vota quel che dice l’imam della moschea, quel che è più conforme alla parola di Dio. Liberi di votare, gli egiziani non potevano che scegliere i partiti che li rappresentavano. Hanno vinto i Fratelli Musulmani, seguiti da vicino dai Salafiti, ancora più fondamentalisti. Ha vinto Mohammed Morsi, il leader della Fratellanza. E’ democrazia, non lo si può negare: la maggioranza vince e comanda.
Perché, allora, decine di migliaia di egiziani, in queste settimane, stanno protestando contro un’Assemblea Costituente e un presidente democraticamente eletti? Perché accusano i Fratelli Musulmani di essere dei nuovi autocrati? Perché gli egiziani che manifestano vogliono un’altra cosa, molto più preziosa della democrazia: vogliono libertà. La bozza di Costituzione, approvata a gran maggioranza dall’Assemblea (ma boicottata da moderati, cristiani, nazionalisti e democratici), nega gran parte dei diritti fondamentali di libertà individuale e di eguaglianza di fronte alla legge. In questo progetto di legge suprema, infatti, vediamo tradotti in norme tutti i programmi dei fondamentalisti: la libertà di espressione viene fortemente limitata (introdotto nella costituzione il reato di insulto al Profeta), l’articolo 2 (Islam, religione di Stato) viene integrato da un nuovo articolo che definisce la legge coranica come frutto della tradizione sunnita e delle interpretazioni dei dottori della legge dell’Univesità di Al Azhar del Cairo. Lo Stato si fa protettore della maternità delle donne, inducendole (implicitamente) a stare a casa. L’eguaglianza fra uomo e donna non è più menzionata. Infine, ma non da ultimo, i rapporti con le minoranze vengono regolati fra religioni: ciascuna comunità sarà sottoposta alla legge del proprio culto. E fra le diverse fedi non vi sarà affatto eguaglianza. Luoghi di culto non islamici potranno sempre essere costruiti, ma solo “nel rispetto della legge” e comunque solo se appartengono a fedi “monoteiste” riconosciute.
Ebbene, gli egiziani che oggi rischiano la vita (già una decina l’hanno persa) e protestano contro il presidente Morsi, non vogliono subire questa carta costituzionale imposta dalla maggioranza. Benché, probabilmente, siano espressione di una minoranza, vogliono preservare i loro diritti di libertà. Si oppongono al referendum sulla Costituzione che si terrà il prossimo 15 dicembre, fra appena quattro giorni. Per lo meno chiedono il suo rinvio: si votasse ora, vincerebbe ancora l’unico partito ben organizzato (quello dei Fratelli Musulmani) e la bozza costituzionale diverrebbe legge suprema. Proprio perché minoranza, gli oppositori temono che la democrazia egiziana si traduca nella sua forma più brutale: due lupi che votano assieme a un agnello cosa mangiare per cena.
Stefano Magni