Un’operazione degna della peggiore oligarchia russa o dei più spregiudicati regimi africani. Angelucci, il re delle cliniche e parlamentare della Lega, ha messo nel mirino l’Agi, seconda agenzia stampa nazionale di proprietà dell’Eni. Fin qui potrebbe apparire una banale operazione di mercato, ma guardando più a fondo si scoprono dei conflitti d’interesse clamorosi.
L’Eni, infatti, è una società partecipata dallo Stato italiano, con più del 30% delle sue quote detenute dal ministero dell’Economia, dove siede il leghista Giancarlo Giorgetti. Quindi, in fin dei conti, si tratterebbe di un leghista che cederebbe (molto probabilmente regalandola) l’Agi a un altro leghista: il governo che cede un pezzo della galassia Eni a un parlamentare della maggioranza che lo sostiene. Angelucci, tra l’altro, è già editore di tre giornali di area centrodestra (Libero, il Giornale e Il Tempo) e l’acquisizione dell’Agi creerebbe una concentrazione che in un paese normale desterebbe più di qualche sospetto. Tra l’altro dopo mesi in cui queste voci si rincorrono nessuno ha mai chiarito nulla: né il governo (che non ha risposto a un’interrogazione depositata oltre due mesi fa dal Pd), né l’Eni (che tace nonostante sia un’azienda quotata) e né Angelucci.
Un piccolo ma significativo esempio di “egemonia culturale” di gramsciana memoria alla rovescia.
A quando un’informazione davvero libera e liberale?
di Angelo Gazzaniga