L’ennesimo tentativo (o bluff) di salvataggio
La storia, tragica, dell’Alitalia la conosciamo tutti: ormai fallita da dieci anni, costata otto miliardi ai cittadini italiani, impermeabile a qualsiasi tentativo di salvataggio, dai “capitani coraggiosi” a Air France e infine a Etihad è ora di nuovo al capolinea.
Per il Governo siamo finalmente (dopo un anno) giunti al rilancio.
In verità siamo a una delle solite “fake news” dei gialloverdi: Alitalia perde 1 milione al giorno, si sta mangiando il famoso prestito ponte di 900 milioni che prima o poi andrà restituito, le compagnie straniere interessate (Lufthansa, Delta, Easyjet) pongono come condizione essenziale quella di tagliare gli esorbitanti costi del personale e dei leasing…
Che fare allora?
Visto che fare la cosa ovvia, lasciarla fallire e ripartire da zero, è impossibile perché i partiti perderebbero voti, ecco l’idea geniale (in questo campo bisogna ammettere che l’attuale governo è imbattibile): fare una privatizzazione di Stato, ovvero una nazionalizzazione mascherata in più stadi:
- si chiede la partecipazione di Atlantia che è ben felice di barattare 3/400 milioni buttenti in Alitalia con i 1,7 miliardi che ricava dalle autostrade…)
- si chiede a Trenitalia di intervenire con un po’ di capitale e soprattutto assumendo il personale in esubero (altro che professionalità, nuove assunzioni ecc. ecc.) con l’inevitabile corollario di tagli agli investimenti sui treni pendolari oppure di un aumento del contributo statale a Trenitalia (altro esempio di aiuto di Stato…)
- si impegna Cassa Depositi e Prestiti ad accollarsi un impegno di capitali freschi in sostanziale conflitto con il suo statuto, che le impone di investire solo in aziende in utile e con prospettive di utile…
– si garantisce la pensione anticipata a decine di piloti anziani con stipendi elevati (da 10.000 euro in su) grazie alla tassa di 5 euro per ogni biglietto resa definitiva e pagata quindi da ogni viaggiatore per sempre (alla faccia del taglio delle pensioni d’oro…)
Alla faccia di ogni buona regola di gestione! un’azienda per funzionare deve avere uno che decide (e si prende le responsabilità) e un progetto ben definito. In Alitalia nessuno ha la maggioranza e chi potrà mai decidere? Atlantia gestisce tutt’al più aeroporti, CdP per statuto non può essere un partner decisionale, le Ferrovie sanno far viaggiare più o meno bene i treni e l’unico a essere un esperto, Delta, possiede solo il 10% e si preoccupa soprattutto di salvaguardare gli interessi dell’alleanza con Air France.
I programmi sono ancor peggio: si parla di low cost da Linate (lotta a cui tutte le compagnie hanno rinunciato), di vendere aerei a lungo raggio (riducendo l’offerta nell’unico mercato ancora ricco)…
Possiamo chiamarla come vogliamo, ma si tratta comunque di un’operazione che fa ricadere ancora una volta sulle spalle, e sui portafogli, degli italiani il costo dell’ennesimo salvataggio dell’Alitalia.
Si parla di aiuto alle imprese, di tagli delle tasse, di sviluppo ma in pratica si attuano misure stataliste e assistenzialiste della più vecchia tradizione della Prima Repubblica: le conseguenze le abbiamo tutti sotto gli occhi.
di Angelo Gazzaniga